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Italia e Francia unite dalla storia, dal presente con uno sguardo al futuro. In data 21 marzo il Consolato Onorario francese a Bari ha ospitato il Console generale di Francia a Napoli, Laurent Burin des Roziers per una permanenza consolare.

Con LSDMagazine abbiamo avuto l’onore di intervistare il Console analizzando temi che vanno dal bilateralismo franco-italiano alle numerose sfide che attendono Puglia, Sud Italia e la Francia stessa oltre i confini transaplini.

Buonasera Console. Comincerei con una domanda strettamente legata all’attualità. Il 26 novembre scorso Draghi e Macron hanno firmato il Trattato del Quirinale, rafforzando una già solida cooperazione bilaterale, un accordo simile a quello di Aquisgrana franco-tedesco. Quali sono le sfide che attendono Italia e Francia su cui si è imbastito questo storico accordo?

Ci sono rapporti stretti fra Italia e Francia, su vari accordi settoriali che esistono da decenni; tuttavia, i nostri Governi hanno voluto stabilire un quadro più complessivo e sistematico per organizzare le nostre relazioni. L’idea è venuta nel 2017 durante il Summit bilaterale di Lione. Era un accordo con un governo italiano diverso da quello attuale, mentre Macron era appena diventato Presidente. Il riferimento era proprio all’accordo bilaterale esistente tra Francia e Germania dal 1963, firmato da Adenauer e De Gaulle, detto Trattato dell’Eliseo. Ce n’è stata una nuova versione qualche anno fa, detto di Aquisgrana. L’idea originale per il trattato del Quirinale italo-francese affonda le sue radici proprio nell’idea del trattato dell’Eliseo. C’è una differenza, tuttavia, tra i due trattati. Quello dell’Eliseo era nato per ricostruire una relazione diplomatica fra due potenze che si erano affrontate in tre guerre in un solo secolo, era quindi un trattato di riconciliazione. Mentre il Trattato del Quirinale viene firmato tra due Paesi che, tralasciando le parentesi del fascismo, sono stati alleati nella Prima Guerra Mondiale, sono potenze fondamentali nella costruzione dell’Europa, Paesi i cui legami sono tantissimi,quindi, non è un trattato di riconciliazione ma di approfondimento delle relazioni esistenti e già molto ricche.

Fondamentale da ricordare in questo trattato il fatto che a livello di istituzionale un ministro francese sarà invitato a partecipare al Consiglio dei ministri italiani e reciprocamente un ministro italiano al Consiglio dei ministri francesi.

Questo porterà maggiori contatti, o contatti più regolari tra gli Stati ed i capi di Stato maggiore delle forze armate, inoltre ci sarà un consiglio economico bilaterale, diverse istituzioni nuove e anche delle iniziative concrete per la gioventù con l’istituzione di un di un consiglio franco-italiano per la giovinezza.

Su quali basi e progetti si modella il bilateralismo Francia-sud Italia, soprattutto per la ripresa di settori di vitale importanza, su tutti il turismo martoriato dalla pandemia?

C’è un progetto molto importante che abbiamo lanciato l’autunno scorso approfittando del G20 presieduto dall’Italia. Tra le diverse riunioni ministeriali c’è stata una riunione sul commercio a Sorrento con la partecipazione dei ministri dei Paesi del G20. Abbiamo lanciato ufficialmente una nuova istituzione, un forum economico Francia-Italia con lo scopo di mettere insieme aziende francesi che sono attive nel sud dell’Italia e aziende del Sud dell’Italia che hanno progetti con la Francia sia per investimenti sia perché per loro la Francia rappresenta un mercato importante. Questo forum adesso si chiama Club d’affari Francia-Mezzogiorno e viene gestito dalla la Camera di Commercio Franco-italiano, si sono già svolte tre riunioni e probabilmente l’autunno prossimo la seconda grande fase delle riunioni del forum avrà luogo a Bari.

Lei è direttore dell’Institut Français di Napoli. Quanto sono importanti presidi culturali, scolastici e universitari come questo per favorire un abbraccio fra le diverse realtà e culture?

L’Istituto francese a Napoli è uno dei più antichi istituti francesi di cultura all’estero, abbiamo celebrato il suo centenario nel 2019 e direi che ha avuto un ruolo sempre più importante dal dopoguerra ad oggi.

 Come dice lei non è solo un luogo di diffusione della lingua e della cultura francese anche se ovviamente offriamo corsi di lingua francese e programmi legati alla cultura francese ma è soprattutto un luogo per creare ponti tra le due culture. Un luogo che favorisce l’incontro fra autori francesi e italiani. Abbiamo perfino corsi di lingua napoletana.

Abbiamo inoltre ospitato in occasione della giornata dell’8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna, un’autrice napoletana ed abbiamo proiettato un film Franco-afghano.

Sta in questo l’idea di creare questi ponti fra le culture.

Altra esperienza recente il 5 Marzo scorso, quando abbiamo svolto un forum sulla libertà di stampa con ospiti illustri tra cui Richard Malka, l’avvocato di Charlie Hebdo, Philippe Lançon giornalista francese che è stato terribilmente ferito durante il massacro, ma anche il direttore de “Il Mattino” che ci ha parlato delle minacce della criminalità organizzata contro i giornalisti del Sud.

Tra i presenti anche Domenico Chirico, reporter rapito in Siria.

L’idea è di creare degli spazi di dialogo tra intellettuali, artisti francesi e italiani, registi e scrittori.

Ha anticipato anche la mia prossima domanda perché volevo proprio fare riferimento all’evento del 5 Marzo. Un evento che racchiude tanti spunti di riflessione. Vorrei soffermarmi su ciò che gli attentati di Charlie Hebdo, ma anche le notti di terrore di Parigi e Nizza, hanno suscitato in Francia. Quanto eventi come quello del 5 marzo aiutano ad esorcizzare quel sentimento di sfiducia ed impotenza che ha inghiottito la Francia e tutto il Mondo in quei giorni drammatici?

È un evento che ha colpito me come tutti i francesi. Un evento di cui sono stato un testimone da vicino perché conoscevo delle persone che sono state ferite o uccise ma anche perché in quel momento lavoravo con il Ministro degli Interni in Francia. Mi ricordo che quel che ci ha colpito e commossi come francesi fu l’emozione e la solidarietà che abbiamo trovato negli altri popoli, mi ricordo la grande sfilata e la manifestazione nelle strade di Parigi con una ventina o anche più di Capi di Stato di governi stranieri che erano lì per dire anche loro “Je suis Charlie”. Un evento, quello del 5 marzo, importante per permettere a molti che affrontano diverse minacce che pesano sulla libertà della stampa ed affrontano molti nemici diversi, dalla mafia al terrorismo islamico, di confrontarsi conservando l’etica del giornalista che pur rischiandola vita svolge sempre il proprio lavoro.

Ieri sul quotidiano “La Lettura” de “Il Corriere della sera” è stata pubblicata la classifica degli scrittori del decennio. Al primo posto Carrère, al secondo l’enigmatico Houellebecq. Quali meriti hanno avuto nell’esportare oltre i confini la cultura francese?

Devo dire che non mi piace l’idea delle classifiche in materia artistica o letteraria ma Houellebecq e Carrère li leggo e apprezzo da quando  hanno iniziato a scrivere ormai anni fa. Sono due voci il cui stile è molto riconoscibile e che hanno anche un senso abbastanza acuto delle tensioni e dei momenti chiave della storia e società francese ed è interessante vedere che tutti e due sono infatti molto letti e popolari all’estero in particolare in Italia. In Francia sono noti molti autori italiani, tra cui Saviano ed Elena Ferrante.

Lei è figlio di Etienne Burin des Roziers, che fu Segretario Generale della Presidenza della Repubblica del Generale Charles De Gaulle. Ha aneddoti o ricordi particolari legati a questo statista e grande condottiero della storia francese?

Avevo sei anni quando De Gaulle è morto, è stata una figura talmente importante per la mia famiglia che mi ricordo benissimo di aver pianto quando è venuto a mancare, anche se ero molto, molto giovane. Adesso comunque nutro sempre grande ammirazione per il personaggio nella storia del mio Paese anche per il suo stile. De Gaulle aveva questa caratteristica che non hanno tanti statisti, ovvero di essere anche un uomo di grande stile, sia nella scrittura delle sue memorie, sia nei suoi discorsi. De Gaulle era un oratore di una qualità eccezionale. Come aneddoti ci dovrei pensare, ma sicuramente non sarebbero eventi che avrei vissuto personalmente ma sarebbero più ricordi di racconti legati a mio padre.

Ha dei consigli per giovani diplomatici e ambasciatori del futuro?

L’ambizione è importante ma serve sempre una solida preparazione in tante materie: economia, storia, politica, giurisprudenza. Bisogna essere curiosi ma soprattutto empatici verso gli altri e verso gli altri popoli e culture. Parlare di vocazione credo sia eccessivo, un termine un po’ enfatico, ma è importante avere un sogno.

Alarico Lazzaro. 

 

Nella foto, a destra, il Console Generale Laurent Burin des Roziers insieme a Stefano Romanazzi Console Onorario di Francia a Bari 

Alarico Lazzaro

Alarico Lazzaro, classe 2001, studente di scienze politiche presso l’Università degli studi Aldo Moro di Bari. Scrittore ed autore di narrativa e saggistica. Ha all’attivo la pubblicazione del saggio classico “Il Lato oscuro del mondo greco” e della raccolta di storie “Sangue in Cambio di piume nere”. Ha numerose esperienze nel mondo della scrittura, dei blog e del giornalismo online (tra cui la “Fenice del Flacco” di cui è stato caporedattore ai tempi della sua rappresentanza d’istituto al liceo classico quinto Orazio Flacco di Bari, il blog “Il Controverso” ed “Emergo” , progetto che unisce tutte le redazioni più lette e conosciute della stampa liceale sul territorio nazionale). Collabora con LSD Magazine in cui cura rubriche di attualità, cultura, politica internazionale e cinema. Sogna un futuro nel mondo della diplomazia e delle relazioni internazionali