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Lucio Caracciolo torna in Puglia, a Bari e Taranto, per gli ultimi appassionanti appuntamenti del festival Mare d’Inchiostro che torna in presenza nella suggestiva sala conferenze del Terminal crociere del porto barese. Un incontro volto alla scoperta del ruolo geo-strategico della Puglia e del Mediterraneo e che mai avremmo pensato potesse coincidere con i drammatici massacri ed incursioni belliche della Russia in Ucraina, come afferma ai microfoni della stampa lo stesso Direttore di Limes, storica rivista di geopolitica italiana, fondata dallo stesso Caracciolo nel 1993 e punto di riferimento editoriale per migliaia di appassionati e cultori della materia.
“Storicamente la Puglia rappresenta la Porta d’Oriente e ciò significa prepararsi ad accogliere numerosi profughi ucraini che fuggono dalla guerra“- ricorda Caracciolo, paventando la possibilità che il conflitto si possa allargare, nonostante la pace sia nell’interesse reciproco dell’orso russo e dell’Ucraina stessa.
La risposta alle tensioni ,per il direttore di Limes, passa attraverso la mediazione diplomatica fra Usa, Russia ed Ucraina con la Cina, che al termine del terremoto politico e diplomatico in atto, dovrà riconsiderare il proprio posizionamento rispetto al vicino alleato, “accollandosi l’economia russa”, la stessa che il mondo Occidentale sta isolando attraverso le sanzioni.
Attraverso il connubio fra le tematiche di guerra ed il focus su Mediterraneo e Balcani, Lucio Caracciolo traccia una panoramica ben precisa ed illuminante dei rapporti geopolitici in atto in uno scacchiere in costante e tumultuosa evoluzione.
Putin ha legittimato l’aggressione all’Ucraina riprendendo esattamente le stesse parole del comunicato con cui la NATO giustificò l’attacco alla Jugoslavia. Emblematico nella stretta correlazione che lega le guerre balcaniche a quella in atto in Ucraina, secondo Caracciolo.
Il Direttore di Limes racconta il presente a partire dalle prospettive di una possibile pace, una “pace instabile”, una tregua che faccia cessare i “tuoni” delle armi, con una speranza che dia un domani ed un futuro a migliaia di persone che soffrono, lasciano le proprie terre e case, oggi rifugiati, e che credevano in un intervento militare occidentale a sostegno della propria Patria (come i Georgiani e la relativa attesa degli USA in un sanguinoso conflitto sempre contro la Russia di Putin). L’Ucraina è oggi un Paese in crisi, dilaniato dalla guerra, privato degli oligarchi che avevano dato il tono al sistema politico-economico negli ultimi trent’anni. Gli States, aldilà di quella che un tempo sarebbe stata la “cortina di ferro”, vivono una crisi identitaria, sintetizzata nel documento del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, denominato “geopolitica per la classe media”.
Senza la volontà e velleità bellicose degli States, l’Europa corre al riarmo. Caracciolo ricorda la peculiarità del caso tedesco, che dopo aver dominato politicamente ma soprattutto economicamente negli ultimi decenni dopo la caduta del muro, si rialza in cerca di una centralità strategica attraverso i fondi stanziati per l’apparato bellico (oltre 102 miliardi quest’anno ed oltre il 2% del PIL) che la renderebbero la terza potenza mondiale per bilancio di riarmo dietro gli Usa e la Cina. I riarmi tedeschi, storicamente e culturalmente hanno rappresentato uno spartiacque fondamentale (e spesso drammatico) della storia europea. Un riarmo mal visto dai rivali francesi e dai vertici NATO, sorta dopo la Seconda Guerra Mondiale nel segno di un celebre motto di Lord Ismay: «Lo scopo della NATO è di tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi».
L’Europa appare quindi più unita in maniera apparente che in modo concreto. Le diverse sensibilità culturali del Vecchio Continente inevitabilmente cambiano a seconda di culture e tradizioni. I Paesi dell’ex blocco URSS auspicano che il conflitto liberi i rispettivi territori da un giogo politico ed ideologico asfissiante, mentre quelli alieni all’influenza del gigante sovietico continuano a sperare in una diplomazia costruttiva.
L’Italia dovrà adeguare classe politica e cultura di massa alle nuove sfide, tra cui quella di un possibile riarmo strategico, e probabilmente, per ritrovare centralità, non basterà l’autorevolezza del Premier Draghi (“organizzare il meeting sino-americano non significa partecipare attivamente nel ricalibrare i rapporti di forza”– ricorda Caracciolo).
La centralità del Mediterraneo e dei mari, come afferma Lucio Caracciolo, è traducibile anche nelle azioni militari russe, che prendendo Odessa e bloccando gli accessi al mare alle truppe e civili di Zelensky darebbe il colpo di grazia alle ultime speranze di resistenze di Kiev, luogo simbolo di entrambe le culture, poiché centro nevralgico, e storicamente fondamentalmente legato alla nascita della Russia moderna.
“La guerra potrebbe riportare un surriscaldamento della tensione nell’area balcanica. I Balcani hanno lunghe fasi di sedazione e poi come nei flussi carsici riemergono crisi critiche. Per noi italiani la lezione più importante sta nell’impossibilità di estraniarsi dalla storia mentre questa cammina e spara. La prima cosa da ricostruire, con calma e senza pregiudicare il futuro, è qualcosa che assomigli ad uno Stato e che funzioni meglio rispetto ad oggi, non rispondendo solo con reattività dinnanzi alle crisi salvo poi immergersi nel sonnambulismo scoprendo il pericolo che sembrava lontano… è molto vicino”– conclude lapidario il direttore di Limes, aggiungendo che per le sfide del futuro, vista la centralità e l’importanza, Bari e la Puglia stessa dovranno essere all’avanguardia.
Dinnanzi alla sala conferenze troneggia imperiosa una splendida statua di San Nicola e molti si fermano a guardarla, in religioso silenzio. Tra venti di guerra e terremoti geopolitici, quell’immagine sacra e irrazionale torna prepotentemente nell’immaginario collettivo, come un filo che lega Bari a quella Russia terra di bellezze e virtù, oggi corrotta dalle ostinazioni nostalgiche di un dispotico tiranno.
Alarico Lazzaro