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È la Waterloo dei partiti nell’era dei tecnici, burocrati e del tramonto delle ideologie.
È la rottura di tutti gli schemi per un possibile bipolarismo puro.
La politica italiana appare stanca, distante dagli interessi degli elettori, organizzata in un Parlamento che non rispecchia più il reale spessore delle forze politiche in campo e che dalla prossima tornata sarà brutalmente dimezzato a cause delle confusionarie istanze grilline di questi anni.
La settimana del “toto-Quirinale” consacra la maggioranza di governo, dilaniando le alleanze ed aprendo crepe e fratture difficilmente risanabili.
Il centro-destra, nonostante si sia dimostrato più propositivo e sicuramente l’unico schieramento capace di mettere in campo nomi di alto profilo e soprattutto donne di governo ( l’ultimo tentativo è stato fatto a favore della Ministra Cartabia tuttavia già promossa dal duo Azione, +Europa) ne esce a pezzi. Dalla conta voto per voto per un possibile exploit di Berlusconi (oggi ricoverato e deluso da una fine ingloriosa di una carriera politica di luci ed ombre, scandali e successi ma con un sicuro posto fra gli uomini che hanno scritto le pagine più significative della storia politica italiana) fino al tridente Nordio, Moratti, Pera, per poi arenarsi sul nome della Casellati, “pugnalata” dai “franchi-tiratori” centristi e perfino da alcuni membri del suo stesso partito.
Ad uscire vincitore dalle macerie di un centro-destra che virtualmente non esiste più è Giorgia Meloni. La leader di FDI banchetterà sui resti percentuali di una Forza Italia sempre più centrista e divisa in due poli: quella di governo e quella che condivide le istanze più conservatrici della fiamma tricolore.
Matteo Salvini, funambolico quanto l’altro Matteo, quello di Italia Viva (che fu determinante 7 anni fa per l’elezione di Mattarella e sarebbe potuto esserlo per un nome di centro-destra quest’anno) si ritrova spaesato nell’ambito di una negoziazione attendista.
Il centro-sinistra non ha proposto nomi, si è limitato ad Andrea Riccardi per poi arroccarsi su posizioni diplomatiche estremamente attendiste e passive. È impossibile sfigurare nella vacuità, ma Letta è riuscito in questa impresa.
Anche l’asse PD-Movimento 5S sembra avere qualche crepa di troppo. Il gruppo Parlamentare grillino accoglie Di Maio con un lungo applauso, mentre Conte resta in un controverso limbo tra chi avrebbe preferito un ritorno al vecchio corso del Movimento, e chi vede nell’ex Premier il volto migliore per rappresentarne il nuovo.
Alla fine, dopo le riconsiderazioni sul nome della diplomatica Elisabetta Belloni, donna di eccezionale pragmatismo e con una carriera di successo nel mondo della diplomazia e dei servizi segreti, i Partiti di maggioranza hanno optato per la soluzione più clamorosa ed inaspettata, apparsa come l’unica dopo il tacito assenso di quel Pier Ferdinando Casini rimasto sullo sfondo per l’intera durata del confronto.
Un Mattarella bis sarebbe stata una risposta eccezionale alla crisi solo se quest’ultimo avesse manifestato la volontà di continuare il proprio percorso come Capo dello Stato e se fosse stato eletto da un’ampissima maggioranza di grandi elettori fin dal primo scrutinio. La sensazione è che Sergio Mattarella, come uomo dotato di enorme senso di responsabilità e onore nei confronti dello Stato, abbia accettato consapevole che l’ombra di Mario Draghi ,sullo sfondo, non tarderà nel 2023 a prenderne il posto al Quirinale, con le stesse dinamiche del Napolitano Bis.
Nel 2023 si tornerà alle urne.
Le icognite sono molte e non solo interne alla penisola. La pandemia sembra in un momento di impasse, ma il numero dei morti in Italia è tornato a numeri vertiginosamente alti.
La crisi al confine ucraino apre scenari imprevedibili tra la Russia, gli USA e le forze della NATO e non è esclusa un’escalation di tensione già nelle prossime settimane.
Il bipolarismo puro sembra essere tramontato e non è escluso che i “dissidenti” di ambo le parti possano dare vita ad un nuovo corso centrista e liberale con l’iniziativa che potrebbe partire da Coraggio Italia, Italia Viva passando per Forza Italia ed un ipotetico partito di Casini.
La certezza di una vittoria nel 2023 di un centro-destra che veleggiava verso il 50+1% fino a qualche settimana prima delle amministrative finite in debacle è ormai un lontano ricordo, come sembra un lontano ricordo la politica delle vere ideologie.
Alarico Lazzaro