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Nel periodo natalizio torna al Teatro Forma di Bari (via Fanelli 206/1) la comicità irriverente ed esilarante dell’Anonima G.R., con Dante Marmone e Tiziana Schiavarelli pronti all’ennesimo debutto: il loro spettacolo nuovo di zecca si intitola «Giocattoli» e andrà in scena, alla prima, sabato 25 dicembre alle 21 e domenica 26 in un doppio set, alle 18 e alle 21. La pièce tornerà poi sul palco del Forma in replica all’inizio del 2021: l’1 gennaio (alle 21), il 2 (alle 19), e poi ancora il 6 gennaio (alle 18 e alle 21), il 7 (alle 21), l’8 (alle 21), il 9 (alle 19), il 15 (alle 21) e il 16 (alle 19). Si entra esclusivamente provvisti di Super Green Pass in corso di validità.
Biglietti in vendita al botteghino del teatro nelle serate degli spettacoli (e aperto in settimana dal martedì al venerdì negli orari 10-13 e 15-18), e on line su vivaticket.it. Infotel: 080.501.81.61.
Quella che vedremo sarà una favola contemporanea, leggera e comica, incentrata sul mondo dei giocattoli: anche con una profonda riflessione sul loro utilizzo, spesso relativo al solo mondo dell’infanzia. Lo spettacolo nasce da un’idea di Tiziana Schiavarelli, ed è stato scritto a quattro mani da lei stessa e Marmone (qui nelle vesti anche di regista), con le video animazioni di Nole Biz, le scene di Francesco Arrivo (assistente scenografo Domenico Pirozzi), i costumi di Sofia Duarte, le luci e la fonica di Daniele Domanico.
La storia vede protagonisti due giocattoli che abitano la cameretta di Pierpaolo ed Annalisa – ex bambini ed ormai grandi -, che da tempo hanno lasciato la casa dei genitori. Quegli oggetti, un tempo inseparabili compagni di giochi, sono lì da anni, abbandonati tra altri giocattoli rotti. Eppure, nonostante non abbiano più un ruolo nella vita di quei bambini, sono abituati a star lì in quella stanza, in spazi da sempre familiari.
Quando i padroni di casa dormono o sono fuori, possono animarsi, e ricordare le avventure del loro periodo migliore. Lei è Bettina, una bambola di poco valore comprata in un discount; l’altro è Pegasus, un pezzo da collezione che rappresenta uno dei supereroi della famosa serie di cartoni animati giapponesi «I cavalieri dello zodiaco». Lui ha nei confronti della bambola un atteggiamento di supremazia, che pian piano lei sgonfierà, scoprendo le sue fragilità, nascoste dall’armatura indossata.
Pegasus, nelle vesti da guerriero, è stato protagonista di lotte contro altri bambolotti (con i quali l’aveva sempre vinta). Oppure era impegnato, nelle gesta più ardite, contro lumache e millepiedi. Giochi da “maschietto” nelle innocenti mani di Pierpaolo, che lo muoveva in queste «imprese», così tanto ingenue, come lo sono di solito quelle dei bambini fino all’adolescenza.
Lei invece era vittima di numerosi shampoo e bagnetti giornalieri: ma era soprattutto spettatrice o protagonista di giochi più maliziosi tra bambole e bambolotti, organizzati da Annalisa che precocemente desiderava sentirsi donna.
Dai racconti dei due, emerge così, l’inesperienza di lui e la scaltrezza di lei, che farà scoprire a Pegasus un mondo sconosciuto. Un giorno accade che quella camera, che per anni è stata il loro cosmo, dovrà essere smantellata per far spazio ad un nuovo arredamento. I due giocattoli, terrorizzati dal dover essere gettati in una discarica e non rivedersi più, si alleano per salvarsi da quella fine disastrosa. Riusciranno a salvarsi?
«Abbiamo cercato di entrare nella psicologia di un giocattolo – spiegano Tiziana Schiavarelli e Dante Marmone -, tra l’infantile e il meccanico. Se li pensiamo come oggetti con un’anima, non possono che assimilare ciò che i bambini trasmettono, infondendo nei loro “padroni” più piccoli tantissima energia positiva. È in questo mutuo scambio, in un gioco tra dentro e fuori, che abbiamo immaginato di farli diventare umani. In tale processo giocheremo con la fantasia e tanta poesia: quei giocattoli, in fondo, sono testimoni silenziosi di un mondo – quello dell’infanzia – che prima o poi passa. Scenicamente è uno spettacolo molto duro e stimolante per noi: muoversi sul palco vestiti da giocattoli, non è per nulla facile. Però quegli oggetti sono una metafora profonda del nostro essere umani: punteremo su questo, per far ridere, ma anche per far riflettere su cosa rappresentino questi oggetti nella nostra vita».