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Nel 2020 fu tra gli ultimi eventi aperti al pubblico prima della seconda e devastante ondata pandemica autunnale. Oggi,14 ottobre 2021,il World Press Photo è il primo degli eventi che inaugura l’autunno culturale della città metropolitana di Bari (solo due settimane dopo l’eccezionale successo del Bifest).

Fondata nel 1955 con sede in Olanda, l’organizzazione indice ogni anno il più glorioso e prestigioso concorso di fotografia mondiale. Giunta all’ottava edizione in Italia, la mostra fotografica torna a Bari per il secondo anno consecutivo per una nuova rinascita culturale, nella città a cui è visceralmente legata da un rapporto intimo, con la prima edizione inaugurata proprio al Teatro Margherita, come ribadito da Vito Cramarossa ,Direttore di CIME (realtà pugliese tra i maggiori partner europei della Word Press Photo Foundation). L’edizione 2021 accoglie in mostra 159 scatti, scelti tra gli oltre 74.000 giunti da oltre 4.000 fotografi partecipanti e provenienti da tutto il mondo.

Alla presenza del Presidente della regione Michele Emiliano, del sindaco Antonio Decaro, dell’assessore alla cultura Ines Pierucci (che hanno ribadito la sinergia culturale fra regione e comuni dal forte e marcato respiro internazionale) del curatore della 64esima edizione del World Press Photo Exhibition Raphel Dias, anche l’illustre Antonio Faccilongo, fotografo romano ma pugliese d’adozione oltre che vincitore della World Press Photo Story of the Year 2021. I suoi scatti raccontano con toccante maestria dei retroscena esclusivi riguardo al conflitto arabo-israeliano ed abbiamo avuto il piacere di averlo ai nostri microfoni per una breve intervista.

 

“Buonasera, Il World Press Photo torna a Bari per il secondo anno consecutivo, l’anno scorso era agli albori di un altro periodo di difficoltà, quest’anno cosa può significare secondo lei?”

Speriamo che sia un segno di ripresa che possa riportarci non solo alla vita che avevamo prima, ma ad una vita con qualche migliore consapevolezza in più, verso un percorso che possa tornare a farci abbracciare. Le foto servono anche a questo, a veicolare dei messaggi e fare in modo che le persone si comprendano meglio e che si avvicinino anche culturalmente. Il mio lavoro si basa anche sulla costruzione di un ponte culturale fra Israele e Palestina, cercando di svelare ciò che si nasconde aldilà del muro delle apparenze. I sentimenti che animano entrambi i popoli sono comuni ed universali, penso ad una madre che mette al mondo un figlio e credo che sia l’emozione più intensa ed universale che ci sia al mondo“.

“Il conflitto arabo-israeliano ha delle radici antichissime dal punto di vista storico, culturale, politico, antropologico. Quali sono gli aspetti più importanti che ha voluto cogliere e mettere in evidenza attraverso i suoi scatti ? Anche considerato che con la ripresa delle ostilità degli ultimi mesi fra media, social network ed internet prendere le parti di una o dell’altra realtà è assimilabile al supporto superficiale che si potrebbe offrire ad una squadra di calcio, e come attraverso l’arte ha voluto veicolare un messaggio anche di imparzialità rispetto ad un evento geopolitico così importante?

“Per me uno degli aspetti più importanti, tra gli obiettivi personali che ho c’era e c’è la necessità di scardinare la visione stereotipata del mondo arabo, che vede questa cultura come ermetica, inospitale, di popoli rancorosi verso l’Occidente. La mia esperienza personale è stata esattamente l’opposto. La Palestina fa parte di quel filo conduttore che lega tutte le realtà dei paesi del Mediterraneo ed in particolare al nostro. Guardandolo dal punto di vista statico la terra palestinese è molto simile alla Puglia, con gli ulivi (pianta simbolo del popolo palestinese), le roccia, la terra. Volevo ridare dignità a queste persone che l’hanno persa per colpa di una visione stereotipata. Attraverso scene di vita quotidiana ed una ricerca di intenti ed emozioni nella normalità ho tentato di permettere allo spettatore di far rivivere questa stessa normalità”.

Tra gli ulteriori punti focali della narrazione visiva degli scatti di Antonio Faccilongo anche uno specchio sui tormenti e sulla dignità delle donne palestinesi, che educano sole i propri figli mentre i mariti affollano le carceri israeliane.

L’obiettivo del fotografo italiano, che torna nella sua Puglia per festeggiare il trionfo dal sapore romanzesco, è quello di raccontare un presente fatto da attimi, in momenti e situazioni geopolitiche estreme, senza dimenticare la cura per i dettagli ed il tema dell’amore. Come affermato nell’intervento finale dal vincitore “C’è molto di Bari in questo lavoro” (cominciato nel 2015, a fronte del primo viaggio in Palestina di Faccilongo datato 2008).

Tra gli scatti che turisti, appassionati e spettatori potranno ammirare svettano i frammenti di vita degli ultimi due anni, quelli segnati dalla solitudine, dalla morte, dalla riscoperta del proprio io a fronte dei cambiamenti drammatici del presente. Anni in cui le nostre vite sono cambiate lasciando un marchio indelebile a chi si appresta a vivere il futuro dopo quasi due anni di pandemia. Così si impongono le immagini (tra le categorie vincenti del concorso: Contemporary Issues, Nature, Environment, Spot News, Long-Term Projects, Portraits, Sports, General News) più drammatiche degli ospedali, dei morti, delle zone di guerra in Nagorno-Karabakh ed in Afghanistan e Iraq durante la resistenza eroica contro lo Stato Islamico, le migrazioni e le conseguenze dell’inquinamento globale (con l’iconico scatto di Ralph Pace, di un simpatico leone marino che guarda incuriosito una mascherina in acqua, ignaro dei danni che l’uomo perpetra nei confronti della natura) e le proteste dei Black Lives Matter e della relativa furia iconoclasta (immortalata da Evelyn Hockstein, con una militante adirata che guarda nel vuoto ignorando un uomo che tenta di difendere un antico simbolo presidenziale, durante una rimozione della Statua dell’ex Presidente Lincoln mentre libera gli schiavi di colore al termine della Guerra Civile a Washington DC).

“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento” affermava il grande Henri Cartier-Bresson e la splendida installazione del World Press Photo nella cornice del Teatro Margherita di Bari ne è l’emblematica rappresentazione.

A cura di Alarico Lazzaro

Lo scatto simbolo del World Press Photo a Bari, di Ralph Pace Primo Premio Soggetti Singoli (USA) categoria Ambiente

 

 

 

 

 

 

Alarico Lazzaro

Alarico Lazzaro, classe 2001, studente di scienze politiche presso l’Università degli studi Aldo Moro di Bari. Scrittore ed autore di narrativa e saggistica. Ha all’attivo la pubblicazione del saggio classico “Il Lato oscuro del mondo greco” e della raccolta di storie “Sangue in Cambio di piume nere”. Ha numerose esperienze nel mondo della scrittura, dei blog e del giornalismo online (tra cui la “Fenice del Flacco” di cui è stato caporedattore ai tempi della sua rappresentanza d’istituto al liceo classico quinto Orazio Flacco di Bari, il blog “Il Controverso” ed “Emergo” , progetto che unisce tutte le redazioni più lette e conosciute della stampa liceale sul territorio nazionale). Collabora con LSD Magazine in cui cura rubriche di attualità, cultura, politica internazionale e cinema. Sogna un futuro nel mondo della diplomazia e delle relazioni internazionali