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Vincere è ciò che non abbiamo mai visto di Benito Mussolini. Un racconto del fascismo attraverso gli occhi di Ida Dalser, interpretata magistralmente da Giovanna Mezzogiorno, e di suo figlio Benito Albino.
Un Benito Mussolini rappresentato in maniera dura, in un misto tra finzione scenica e racconto storico che, grazie alla bravura di Filippo Timi, mette in evidenza la sregolatezza di un personaggio estremamente controverso della storia.
Il film del 2009, che ha fatto incetta di premi ai David di Donatello 2010, rappresenta di fatto uno dei capolavori del cinema firmato da Marco Bellocchio. Il regista si è sbizzarrito nell’unire la recitazione ai cinegiornali dell’Istituto Luce, alternandole con primi piani, parole a schermo e altri effetti quasi disturbanti.
Per comprendere questo film bisogna prestare attenzione alla frase che Mussolini recita in apertura, invitando Dio a fulminarlo entro 5 minuti per provare la sua esistenza. Un elemento chiave è un busto del duce, che appare prima nel riformatorio in cui il piccolo Benito Dalser trascorre il Natale, e poi il busto in rame distrutto nel finale. La spiegazione l’ha data lo stesso regista nell’incontro pomeridiano al Teatro Margherita: Dio non ha fulminato Mussolini nei 5 minuti, ci ha messo qualche anno, ma l’ha fatto. E, per raffigurare l’ira di Dio sfidato dal duce, il regista si affida a una rappresentazione quasi allegorica.
È sbagliato definire Vincere un film storico, perché è molto di più. È un film che fa riflettere non solo sulla figura di Benito Mussolini, ma anche sulla malattia mentale e sui manicomi, per fortuna aboliti dalla legge Basaglia. Le molte scene ambientate nei centri di igiene mentale sono uno spaccato di quella realtà purtroppo esistita per troppo tempo.
Marco Bellocchio vuole far riflettere, e ci riesce pienamente con questo capolavoro cinematografico.