Tempo di lettura: 3 minuti
La serata di “Annette” comincia con la “non presenza” di Leos Carax sul palco del Teatro Petruzzelli.
Il regista francese, vincitore della miglior regia a Cannes, preferisce che a parlare sia la sua arte e rimane nell’ombra, asserragliato fra le ultime sedute della platea mentre osserva silente la proiezione del film (il primo 10 anni dopo Holy Motors).
Un film cupo, visionario, allegorico e che riporta in scena il dramma del successo e delle relative mille sfumature, la crisi dell’identità maschile nella società, nel cinema, nel mondo dello spettacolo e nel ristretto ed intimo nucleo familiare.
Carax dirige un musical assimilabile ad una fiaba noir, dove gli interpreti si incastonano nella narrazione come tasselli di un mosaico surreale quanto perfetto.
I due volti del successo Ann (una splendida Marion Cotillard) ed Henry (un fenomenale Adam Driver) sono giovani ed affermati artisti. La prima è una cantante lirica, il secondo un grande showman.
Entrambi sono noti, apprezzati, seguiti da orde di ammiratori e fanno la loro comparsa sullo schermo in maniera antitetica, rivolgendosi al pubblico in una vera e propria interazione costante metacinematografica e metateatrale.
Nelle scene di Henry, comico dissacrante e provocatore, regna sovrano il colore verde. Una cromia che nella psicologia del cinema è simbolo di morte e devastazione.
La discesa nel fatidico abisso di ogni uomo è uno dei temi ricorrenti di un comico che ricorre alla risata sempre e comunque per poter far riflettere.
Ann entra in scena su uno sfondo blu, elegante, quello che nella psicologia del cinema rappresenta la calma, la compostezza e la tranquillità. Ogni notte muore metaforicamente sul palco ma nella realtà è avida di vita e di gioia, a differenza di Henry che ricerca la risata nel pubblico ma è attanagliato da un livido risentimento.
Fra i due scocca un sentimento di amore dirompente che sfocia in un matrimonio festoso oltre che accompagnato da una schiera di paparazzi e telegiornali che monopolizzano le prime pagine ed i servizi televisivi con la notizia della nuova coppia più nota e di successo del mondo dello spettacolo.
Sembra il preludio di una vita di trionfi e soddisfazioni nel privato, ma la quiete è destinata a lasciare spazio a quella discesa negli abissi a cui spesso Henry fa riferimento, come un monito perenne, al suo pubblico ed agli spettatori fra palchi e platea.
Con la nascita della piccola Annette (un bizzarro manichino di legno su cui entrambi i genitori riversano allo stesso tempo amore ed insicurezze) Henry sembra aver perso quel cinismo che ne aveva contraddistinto i successi e ,sofferente per il consenso ormai planetario di Ann e l’incapacità di poter essere dominante nella coppia, comincia una discesa progressiva e radicale nel baratro della violenza e della perdizione.
Nel cast Carax inserisce anche Simon Helberg (l’indimenticabile interprete di Howard Wolowitz in “The Big Bang Theory”) direttore dell’orchestra che accompagna Ann durante le sue performance e personaggio chiave nella lettura della narrazione dopo la nascita della piccola Annette.
Con un cast di grande spessore, un utilizzo magistrale dei colori del cinema e dei contrasti luci ed ombre, Carax convince il pubblico con un’opera complessa in cui si specchiano anime differenti e personalità difformi. Tra Henry ed Ann divampa la passione, nonostante il primo sia abituato a “distruggere e disarmare” il prossimo mentre la seconda atttaverso musica e canto sia propensa “a salvare e rinfrancare”.
Annette è un racconto enigmatico e labirintico capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo fin dalle battute iniziali, quando l’incipit del racconto si rivolge direttamente agli spettatori in sala. Li invita a ridere, parlare, piangere prima dell’inizio, poiché durante i successivi 139 minuti “sarà vietato perfino respirare”.
Carax attinge alle labirintiche sfumature più buie dell’animo umano, traendone un capolavoro unico e straniante come tutte le opere dello stesso regista.
A cura dell’inviato Alarico Lazzaro