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Stefano Carofiglio, in arte “Sly Kidd”, è un rapper emergente barese, classe 2006. Ha pubblicato, finora, quattro singoli: “Nasty”, “Casa”, “Walk Em Down RMX” e “Chiamate Perse”.
Le sonorità di Stefano, che ricordano molto lo stile di artisti come Capo Plaza e Shiva, si orientano verso la trap: i testi molto spesso “cattivi” , talvolta malinconici, l’utilizzo di autotune, il flow talvolta rappato e, talvolta ,melodico, sono caratteristiche peculiari dei suoi brani. Il timbro della voce è sicuramente un punto di forza di Sly Kidd: nonostante la sua sia ancora la voce di un ragazzo, infatti, è già dotata di un carattere molto particolare, che conferisce ai brani un mood aggressivo. Da questo punto di vista ricorda, come già detto, Shiva.
Il marcato accento pugliese, che può piacere o meno, ma che tipizza gli artisti della nostra regione, è un altro elemento che contraddistingue Sly Kidd.
Il suo ultimo singolo, “Chiamate Perse”, si discosta molto dagli altri tre brani da lui pubblicati: il beat di questo, infatti, a differenza di quelli degli altri tre, che presentano caratteristiche peculiari della trap, offre sonorità chill hip-hop; il testo abbandona il tema ricorrente della strada e della voglia di sfondare a beneficio di un argomento sentimentale.
Cosa avrà comportato il cambio di stile di Sly Kidd? Per comprenderlo e per capire la sua idea di musica, gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Cosa significa “Sly Kidd”?
“Ho deciso di usare ‘Sly Kidd’ come nome d’arte molto recentemente, ovvero l’estate scorsa. Letteralmente significa ‘ragazzo furbo’: cercavo uno pseudonimo che rispecchiasse un aspetto del mio carattere, e sicuramente la furbizia lo è. “Kid” vuol dire ragazzino: ho scelto di usare questo termine perché ho 14 anni, sono uno dei più piccoli a fare questa roba, e penso che l’essere così giovane mi differenzi dal resto della scena.
Inoltre, penso che ‘Sly Kidd’ suoni molto bene. Quando scegli un nome d’arte devi tenere conto di tante cose: oltre ad avere un bel significato, deve suonare bene. Penso che, se un nome non funziona, la tua immagine può avere un impatto minore rispetto a quello che potrebbe avere con un nome che fa un certo effetto”.
La maggior parte dei tuoi singoli si orienta molto verso la trap. Ascolti anche altri generi?
“Sto cercando di allontanarmi un po’ dalla trap pura. Il mio obiettivo, infatti, è quello di mixare vari generi: mi piacerebbe fondere il pop commerciale con la trap. Penso che questa unione possa piacere molto, e sto già lavorando a un progetto che riesca a creare un connubio tra due sonorità.
Per quanto riguarda ciò che ascolto, apprezzo molto la trap, l’old school hip hop, il pop. Non voglio chiudermi nella trap: voglio mixare generi e formare qualcosa di veramente interessante”.
Quando scrivi un testo, lo scrivi perché sei ispirato, oppure inizi a scrivere dopo che hai ascoltato un beat che ti piace?
“Le due cose, in realtà, sono collegate.
La maggior parte delle volte in cui scrivo un testo, lo faccio perché sono ispirato, ma molto spesso capita che l’ispirazione arrivi ascoltando brani o beats.
Quando scrivo dopo aver ascoltato un beat, di solito produco testi poco impegnati e molto ignoranti.
Quando, invece, ascolto un pezzo in cui vengono dette cose che mi piacciono e in cui viene utilizzato un flow o delle sonorità che ritengo interessanti, penso che anche io voglio scrivere qualcosa del genere. Mi influenza tantissimo la scena americana: solo ascoltando artisti come Lil Tjay, Polo G e Tory Lanez, mi viene voglia di scrivere.
Cerco sempre comunque di mantenere un mio stile: voglio prendere spunto dagli altri, ma non copiare. Solo così penso di poter andare avanti con la musica”.
Punti a scrivere testi che possano trasmettere emozioni, che facciano gasare o il tuo obiettivo è produrre pezzi orecchiabili?
“Il mio obiettivo è farmi conoscere per quello che sono e per quello che voglio trasmettere con la mia musica. Quando le parole non riescono a trasmettere ciò che voglio trasmettere, lascio questo compito alla musica.
Voglio che la mia musica arrivi ad un orecchio esperto, che possa aiutarmi a crescere musicalmente e umanamente, per arrivare a fare della musica il mio lavoro”.
Parlando con Assami, ho saputo che siete molto amici e che spesso fate musica insieme. Quanto è importante Assami per la tua crescita musicale?
“Conosco Assami dalla prima media e da allora siamo sempre rimasti uniti. Oltre che essere grandi amici siamo, in un certo senso, colleghi. Essere suo amico mi aiuta molto: ci diamo consigli a vicenda e, molto spesso, ci critichiamo anche, per crescere insieme. Stiamo crescendo tanto insieme, sia umanamente che musicalmente. Ci aiutiamo e supportiamo a vicenda”.
Parlaci del tuo ultimo brano, “Chiamate Perse”.
“ ‘Chiamate Perse’ non è dedicato a una persona in particolare. L’ho scritta perché voglio che altri la dedichino a qualcuno, voglio che ognuno la possa interpretare a proprio modo: come io, molto spesso, mi immedesimo nelle canzoni di altri artisti, voglio che le persone si immedesimino nelle mie.
Per quanto concerne il genere, ‘Chiamate Perse’ ha un mood totalmente diverso da quelli degli altri brani: è molto più chill, molto più melodico.
In futuro, mi orienterò molto verso il genere di ‘Chiamate Perse’: per emergere, secondo me, bisogna utilizzare qualcosa di diverso, che possa spaccare. Non voglio fare sempre la classica ‘trappata’: mi trovo molto meglio, sia per quanto riguarda il flow sia per quanto riguarda il mio timbro vocale, su basi più chill, come quella di CP”.
Capita spesso che rapper giovanissimi come te vengano insultati e presi poco sul serio. Ti capita di ricevere critiche?
“Mi è capitato molto spesso di ricevere critiche e prese in giro.
Ho capito che l’unico modo per affrontare le offese è non dare peso alle persone che, per invidia, perché non sanno fare nulla, o perché non provano a fare nulla, provano a distruggere il prossimo.
Non bisogna pensare che ciò che dice la gente è sempre vero. Molto spesso, traduco le critiche con una sola parola: “invidia”.
Per colpa degli insulti e delle prese in giro, ho smesso di cantare per un po’ di tempo, finché un giorno mi sono detto: ‘Perché devo smettere di fare qualcosa che mi piace solo perché la gente mi critica?’. Non mi sono fermato e non mi fermerò: il rap è ciò che amo fare e che spero di poter continuare a fare per tutta la mia vita.
La musica è una parte fondamentale della mia vita, e non la abbandonerò solo per la gente a cui piace chiacchierare e basta.
Voglio dare un consiglio ai ragazzi che, come me, vogliono fare musica: fregatevene.
Se avete talento, la gente vi apprezzerà e le prese in giro di quei due al parchetto non avranno peso”.
Stefano Caroppo (Karò)