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In pochi anni l’automazione inizierà a stravolgere (di nuovo) le società del mondo. E i mutamenti porteranno un futuro imprevedibile. Come siamo arrivati fin qui?
Non servirà che intelligenza artificiale, robotica e automazione sostituiscano TUTTI i lavori umani. Sarà sufficiente che ne sostituiscano quanto basta per causare terremoti socioeconomici. Avverrà in pochi anni. E poi chissà.
Uno spettacolo scritto da una AI avrebbe debuttato a Praga questo mese, per i 100 anni dall’invenzione del robot, nato proprio lí. Il Covid lo ha fatto slittare al mese prossimo, e sarà solo online. Un evento altamente simbolico per l’automazione, non trovate? Il futuro sarà molto diverso da come ci aspettavamo.
Cento anni di robot
La commedia di Josef Capek, Rossum’s Universal Robots: RUR, fu un successo immediato nel 1921. Fu suo fratello, Karel, a inventare il nome. Gli immaginari “robot” (il significato di robot: una parola ceca che significa servi o schiavi) furono sviluppati per evitare agli umani il duro lavoro sulle catene di montaggio e la morte in guerra. Alla fine, però, si ribellarono e spazzarono via la razza umana. Altro che Skynet.
E oggi? Nel mondo reale, 100 anni dopo, i robot non sanno nemmeno ballare granché bene. La visione dei fratelli Capek non si è avverata se non nei film.
L’errore umanoide
Nei film più recenti i robot dalle sembianze umane sono figure tragiche, come il Terminator di Arnold Schwarzenegger, o Roy Batty, l’antieroe di Blade Runner, con il suo grande monologo.
Grandi emozioni, ma robot e veicoli a guida autonoma non parlano così. Tanti robot, per la verità, non parlano affatto. E ovviamente non spazzeranno via la razza umana: l’automazione fará fuori solo il suo lavoro.
La cavalcata dell’automazione
L’automazione 1.0 Ha sostituito la maggior parte dei lavoratori sulle linee di assemblaggio. Al loro posto hanno messo macchine che non commettono errori del lunedì mattina, non si iscrivono ai sindacati, non chiedono aumenti.
Le fabbriche sono per lo più ancora lì, a sfornare merci, ma i lavori ben retribuiti sono in gran parte spariti e le vecchie città industriali stanno diventando ammassi di casermoni arrugginiti.
L’automazione 2.0 È per lo più online e si concentra sulla vendita al dettaglio. I grandi magazzini erano per lo più in declino anche prima del Covid e i negozi più piccoli vengono ora inghiottiti da Amazon e dai suoi numerosi concorrenti minori.
Almeno questa volta vengono creati anche alcuni nuovi posti di lavoro: salario minimo, lavori a zero ore, per lo più in magazzini, centri di distribuzione e servizi di consegna. La proporzione della popolazione classificata come “lavoratore povero” è in crescita in tutti i paesi sviluppati. E cresce anche la radicalizzazione politica: prevedibile. Fino ad ora, però, soprattutto a destra.
L’automazione 3.0 È quasi arrivata. I nuovi obiettivi di questa automazione questa volta saranno i lavori manageriali e professionali. Non tutti, ovviamente, ma interi livelli di quadri intermedi negli affari e posizioni meno qualificate nei settori di medicina, legge, contabilità e attività connesse.
È un ritorno al futuro, se ci pensate. Il modello di automazione 3.0 è familiare a chi ha studiato la storia della rivoluzione industriale in Inghilterra.
I beni (scarpe, strumenti, indumenti ecc) sono stati prodotti da artigiani indipendenti e qualificati e con redditi ragionevoli fino al 1750. Sono stati poi prodotti nelle fabbriche da schiavi salariati poco qualificati con quasi nessun potere contrattuale fino al 1850.
Tre generazioni dopo, i sindacati e lo stato sociale hanno ricominciato a ridurre il divario tra i ricchi e il resto, e la seconda metà del XX secolo è stata il periodo migliore per la “gente comune” di tante parti del mondo.
Ora le abilità umane vengono nuovamente usurpate dalle macchine e dall’auto azione, e le distanze si stanno nuovamente allargando.
Cosa succederà dopo?
Non siamo condannati a ricapitolare semplicemente il passato.
Sapere cosa ha funzionato e cosa no l’ultima volta potrebbe aiutarci a evitare i peggiori risultati questa volta. Ecco perché questa volta si sente parlare molto di “reddito di base” e di espansioni dello stato sociale per facilitare la transizione.
La situazione attuale è ancora embrionale, mentre una “vera” intelligenza artificiale sta muovendo i primi passi. Questo tipo di automazione non ha ancora forzato i cambiamenti, anche distruttivi, che è destinata a fare.
l tipo di intelligenza ad ampio spettro che gli esseri umani hanno (o anche delfini, scimpanzé e corvi) non è ancora disponibile in nessuna macchina, né la “singolarità” sta per spazzarci via tutti nell’irrilevanza la prossima settimana.
La vera AI però arriverà in qualche forma in un futuro non troppo lontano: e qui le cose si fanno molto più nebulose. Prevedere l’automazione 4.0 e il suo impatto sociale e politico è molto più difficile.
Come sarebbe stato difficile per i fratelli Capek prevedere che dopo 100 anni i robot di Boston Dynamics ballano ancora impacciati.