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Con il 2021 si aprono le commemorazioni per i 700 anni dalla morte di Dante (avvenuta nel 1321), Sommo Poeta Fiorentino, che, per mezzo dei suoi versi restituì all’ Italia, la sua più alta forma di eredità culturale.
Molteplici, le iniziative dedicate al padre della lingua italiana e icona dell’identità nazionale, promosse dal Comune di Firenze, che sarà la capitale di tutte gli eventi: un programma ricco e articolato tra eventi istituzionali, letterari, espositivi, performativi, didattici e di ricerca.
Per ciascuno dei 365 giorni dell’anno dantesco, nel sito Internet dell’Accademia della Crusca apparirà una diversa parola o espressione di Dante arricchita da un breve commento, pensato per raggiungere il pubblico più ampio. La parola di Dante, “fresca di giornata”, nonostante i suoi 700 anni che ci separano dalla sua morte, sarà rilanciata attraverso i canali social dell’Accademia (Facebook, Twitter, Instagram). Anche in questo modo si intende sottolineare la capacità creativa, l’attualità e la straordinaria leggibilità dell’insigne poeta, scrittore e politico italiano.
Queste, alcune delle prime parole ed espressioni dantesche, tratte dalla Divina Commedia, che saranno pubblicate nel mese di Gennaio. Si tratta di locuzioni, motti, latinismi, neologismi creati da Dante, che in gran parte, permangono ancora nel nostro patrimonio linguistico. Espressioni divenute proverbiali come “lo bello stilo”, lo stile poetico di cui Dante è fiero; “color che son sospesi”, passato nell’italiano, come forma proverbiale, per indicare uno stato di attesa e di incertezza; “il ben dell’intelletto”, oggi, l’espressione è usata per indicare la pienezza della razionalità umana; “bella persona”, espressione che usa Francesca da Rimini per riferirsi al proprio corpo, oggi, invece, riferita a doti morali come la generosità e la lealtà.
Latinismi che arricchiscono la lingua volgare come “baiulo”, per indicare l’imperatore; “colubro”, sta ad indicare il serpente e “rubro”, il colore rosso. Molti sono anche i neologismi creati da Dante, quali, “trasumanar”, per indicare un’esperienza che va oltre l’umano e “imparadisare”, collocare la mente nel cielo. Ma anche parole espressive e tuttora dense di significato come “bruti”, non uomini, ma quasi animali; “botolo”, cane piccolo. Voci onomatopeiche come “cricchi”, forse la più antica voce onomatopeica attestata nell’italiano scritto, con cui Dante rende il rumore dello scricchiolio del ghiaccio che sta per rompersi; “tin tin”, per indicare il gradevole suono prodotto dalle ruote del congegno di un orologio a sveglia, a cui viene paragonata la corona delle anime beate.
La sua produzione culturale, come ebbe a definirla Boccaccio, resterà per sempre un’opera “Divina”