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«Crediamo fermamente che il cambiamento possa arrivare solo attraverso la conoscenza, il rispetto, l’empatia, per questo da tempo abbiamo concepito il rifugio come una casa, un luogo aperto a tutti ed accogliente.
Uno spazio di vita sociale dove ai cani e ai gatti viene riconosciuto il grande ruolo sociale ed educativo, spesso sottovalutato». Queste sono le parole utilizzate da Mariella Digirolamo, Presidente dell’Associazione Nazionale Protezione Animali (ANPA) di Santeramo in Colle riguardo al fenomeno del randagismo e dell’abbandono degli animali.
«L’intendo è, continua Mariella Digirolamo, portare quante più persone a conoscere una realtà il più delle volte solo raccontata. Guardare negli occhi i tanti cani che reclusi nei canili scontano una pena per reati che non hanno mai commesso».
Per fare chiarezza su tale fenomeno e quali sono gli obiettivi e il ruolo che l’ANPA svolge, LSDmagazine ha intervistato la Presidente Mariella Digirolamo.
Come e quando è nata l’associazione?
L’associazione costituita nasce nel 1991, però già a partire dal 1986 si assiste ad un gruppo di persone operative sul territorio di Santeramo in Colle. Tale associazione nasce dal bisogno di tutelare una realtà che prima non conoscevo. In passato, i canili si presentavano diversi da come gli percepiamo oggi, infatti, in Italia i canili nascono intorno agli anni ’50 e nascono come presidi socio-sanitari, cioè come luoghi per limitare l’emergenza territoriale legata alla rabbia. Tutti i cani presenti nel territorio nazionale, quindi, venivano catturati e portati all’interno di queste strutture, paragonabili a piccole gabbiette fatiscenti presenti nei mattatoi, dove, dopo un breve periodo di quarantena, venivano, se non giudicati randagi, soppressi. Il canile, quindi, aveva la funzione del controllo del randagismo per una funzione prettamente sanitaria, infatti la rabbia è una malattia, una zoonosi, che può fare il salto di specie passando dall’animale all’uomo.
Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 c’è stata una maggiore sensibilità riguardo l’abbandono degli animali, si è iniziato a pensare a quest’ultimi con un’idea di tutela e di benessere.
Io, continua Mariella Digirolamo, entro in gioco in questo periodo, ovvero nel 1986, quando, dopo aver visto un cane investito per strada, nella mia mente è scattata la voglia di sapere dove è stato portato quel cane e, una volta appreso ciò, mi si è aperto un mondo completamente nuovo, quello dei canili che mi ha indotto a riscattare Rambo, questo è il nome che ho voluto dare al cane in questione. Da quel momento in poi, ho deciso, assieme ad un gruppo di persone, di iniziare a salvare e prendermi cura degli amici a quattro zampe.
Quindi si è passati da un periodo in cui i canili ricoprivano una funzione socio-sanitaria ad un periodo in cui i cani dovevano essere tutelati adempiendo, così, ad una funzione etico-sociale. Mi sono ritrovata, specifica Mariella Digirolamo, dall’aver studiato medicina ad occuparmi di animali, questo non mi ha sminuita, anzi mi ha permesso comunque di stare a contatto con vite da salvare. Tutto questo è stato possibile grazie a mio padre, che purtroppo oggi non c’è più, perché mi ha permesso di studiare e mi ha sostenuto nonostante ho lasciato un lavoro certo per affrontare questa nuova avventura. Lui, che per me è un esempio di vita, mi ha permesso di realizzare il rifugio per cani.
Qual è la risposta del territorio di Santeramo in Colle e delle zone limitrofe nei confronti della sua associazione? C’è molta sensibilità/ responsabilità riguardo al fenomeno dell’abbandono?
La risposta che stiamo avendo, anche a seguito del progetto, che stiamo portando avanti da due anni a questa parte, di rifugio che svolge una serie di attività aperte alla collettività, avvalendoci anche dell’utilizzo della nostra pagina Facebook, è molto positiva. Quotidianamente si moltiplicano le visite presso il nostro rifugio e, in quest’ ultima settimana, abbiamo dato in adozione, a persone di Santeramo, otto cani e, proprio oggi, abbiamo dato in adozione uno degli ultimi cuccioli abbandonati.
Quindi, mi preme affermare che, grazie alla sensibilizzazione, al lavoro culturale volto ad abbattere le barriere del pregiudizio che coinvolge questo mondo e con l’apertura del rifugio alle attività socio-culturali e non più solo come un luogo contenente i cani, la gente si approccia con un ottica completamente differente rispetto al passato, interagendo con i cani. Spetta a noi operatori metabolizzare la sofferenza che questi animali hanno vissuto e comunicare gioia e opportunità. Oggi, purtroppo, i limiti riguardo ai canili ed ai rifugi riguarda una errata comunicazione, oltre al susseguirsi di tante leggi che, però, non hanno comportato un salto di qualità. Infatti, i canili sono sempre in emergenza e sempre pieni, gli abbandoni continuano ad esserci, le adozioni sono sproporzionate rispetto al numero di cani acquistati, non a caso si preferisce acquistare un cane di razza senza conoscere tutto quello che c’è dietro. L’erronea informazione contribuisce a scatenare una cattiva concezione nei confronti di questo settore, c’è, da parte dei media, una retorica voluta, infatti spesso le testate giornalistiche, le televisioni, parlano di canili lager o di a aggressioni di subite da persone. Questo non fa altro che suscitare odio.
Per quello che concerne l’abbandono è opportuno fare riferimento alle legge 281/91 che emana una serie di principi e ogni regione ha recepito le legge in questione con le proprie leggi regionali. In definitiva possiamo affermare che la Puglia si è dimostrata all’avanguardia sotto questo punto di vista (legge 26/2006 riguardo gli interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo) che consente la sterilizzazione del cane. Il limite riguarda le istituzioni che oltre all’introduzione dei canili, degli accalappiamenti e del popolare gli stessi canili, hanno fatto ben poco. A mio avviso la prima cosa utile che andava fatta era quella del censimento che permette di conoscere e gestire la questione del randagismo territoriale in modo da circoscrivere il fenomeno. Al censimento, mai fatto, doveva seguire l’iscrizione in anagrafe dei cani attraverso microchippatura come prevede, tra l’altro, la legge 281/91 e a seguito di ciò è fondamentale la sterilizzazione.
Ci sono progetti di volontariato che avete fatto e che avete in cantiere?
I progetti fatti hanno riguardato soprattutto i bambini, i quali sono stati coinvolti in laboratori artistici sempre svolti all’interno del rifugio e, non appena possibile vogliamo continuare con altri laboratori come ad esempio quello di scrittura creativa, un laboratorio di pittura, un laboratorio di musica, in modo particolare si imparerà a suonare il Pan Flute.
Ai nostri consueti progetti che consideriamo normalità come le uscite quotidiane dei cani, i percorsi di socializzazione dei cuccioli, l’accompagnamento all’adozione dei cani del rifugio con gli adottanti, le visite pomeridiane dei cittadini, da un anno abbiamo iniziato con Valeria Ferri e Susanna Pacini, medici veterinari comportamentalisti un progetto con i cani anziani presenti nel rifugio ai fini della loro adozione.
Il rifugio vissuto e sentito come una casa ed è con questo spirito che il 19 Settembre i nostri cani sono stati i protagonisti dell’evento di presentazione del libro di fiabe “Un occhio verde e uno blu” di Sabina Guidotti e Alma Di Pietro illustrato da Rita Cardelli.
Una fiaba che tocca le corde dell’anima, che ho letto ed amato subito.
Un libro che dovrebbe entrare nelle scuole, nelle case, nelle piazze, nei teatri, per la poesia e la delicatezza con cui affronta e descrive temi importanti partendo da un cane anziano con un occhio verde e uno blu, Lia ed un bambino Giulio anche lui con un occhio verde ed uno blu.
A questo va aggiunto il progetto “Cane anziano 2.0, non solo numeri”, progetto iniziato lo scorso anno e che è ancora in corso con l’intenzione di dare al cane anziano una opportunità in quanto il cane anziano spesso viene trascurato e dimenticato.
Durante il periodo del Lockdown sono stati “raccolti” e/o adottati più cani?
Durante il periodo di Lockdown, purtroppo, non c’è stata la possibilità di dare in adozione i cani perché non era consentito far venire gente al rifugio. Nonostante ciò, le statistiche nazionali riportano un incremento, sempre relativo al periodo in questione, delle adozioni. In realtà non è dato sapere se sono adozioni legate all’esigenza di avere un cane per una finalità di evasione, ovvero per il pretesto di poter uscire liberamente oppure se le adozioni sono legate ad una maggiore sensibilizzazione delle persone. A livello locale, invece, abbiamo lavorato e lavoriamo molto sul percorso di adozione utile a capire il contesto in cui il cane andrà a vivere e si è assistito ad un incremento delle adozioni da parte dei cittadini di Santeramo, questo rispecchia, quindi, il trend nazionale.
Natale: qual è la situazione? C’è qualche iniziativa in serbo?
Per il Natale avevamo intenzione di portare avanti un progetto con i bambini, i quali dovevano allestire un albero di Natale con i loro disegni. In particolare, i bambini dovevano scrivere a Babbo Natale una lettera, o fare un disegno che ha come tema: “Cosa vorrebbe un cane rinchiuso in un canile per le festività natalizie?” Purtroppo, le limitazioni del Covid, non consentono di muoversi liberamente e di ospitare tanti bambini e, quindi, si è pensato di non trascurare tale progetto, ma di portarlo avanti attraverso in modalità online. Saranno coinvolti i bambini che rientrano nella fascia di età tra i 6 e gli 11 anni e, con i loro elaborati si realizzerà un libro. Inoltre, sarà possibile votare su internet, attraverso la pagina Facebook dell’associazione, i disegni e il disegno che avrà ricevuto più preferenze diventerà un murales per il rifugio.
Giovanni Salesiano
Foto di Marcelo Di Gesù