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Questa è la storia di un uomo caparbio e assai tenace, con una mente visionaria e due mani d’oro, capaci di trasformare un anonimo pezzo di pelle in manufatti di altissimo valore. In scarpe, per l’esattezza: pezzi unici, non uguali a se stessi e perciò irripetibili. Una storia in cui non mancano gli ingredienti per definirla fiaba moderna con un pizzico di follia. Lui è Roberto Di Monte, 36 anni, di Bari, innamorato della sua terra al punto da essere considerato senza ombra di dubbio vero ambasciatore del Made in Italy pugliese.

Come è iniziato tutto quanto?

Lavoravo e vivevo a Parma, in una grossa azienda farmaceutica. Mi trovavo molto bene, la città e l’ambiente lavorativo mi piacevano tanto, ma sentivo che non ero soddisfatto, mi mancava qualcosa. Appena potevo, tornavo a casa. Così per due anni, il tempo necessario per comprendere che quella vita non era per me.

E dunque cosa ha fatto?

Ho lasciato l’Emilia Romagna e, rientrato in Basilicata, ho aperto una bottega da calzolaio riparatore.

Dall’azienda farmaceutica alle scarpe: un bel salto! Perché proprio questa attività?

Perché avevo deciso di vivere nel mio paese e quasi scientificamente ho analizzato quali attività mancassero ai suoi settemila abitanti: la scelta è ricaduta sul calzolaio, che appunto non c’era. Ho svolto questo mestiere per circa tre anni, con grande soddisfazione dei miei compaesani, finalmente contenti di poter riparare le proprie calzature in loco. Poi la svolta inaspettata.

Cioè?

Angelo Imperatrice, un anziano prozio di mio padre viene a sapere, tramite quello che potremmo definire gossip familiare, della mia bottega. Lui, originario di Guardia Perticara, da anni residente a Firenze, è un apprezzato artigiano e lavora come docente al Polimoda di Ferragamo e nella prestigiosa Accademia di Riaci, che insegna appunto i diversi mestieri dell’artigianato. Da bravo lucano, torna spesso in Basilicata e così, l’estate del 2014, viene a trovarmi nella mia bottega, che però è chiusa per ferie. Al mio rientro, trovai un biglietto sotto la porta: mi scriveva chi era, cosa faceva e mi chiedeva di contattarlo.

Sembra una storia di altri tempi. E lei lo contattò?

Certo, anche se all’inizio nessuno tra i parenti ricordava chi fosse, neppure mio padre, che proviene da una famiglia assai numerosa. Gli telefonai e dietro suo invito, andai a trovarlo a Firenze: dieci giorni immerso in una città rinascimentale mi bastarono per vederlo all’opera e innamorarmi della sua arte e dei suoi prodotti fatti con le mani. A lui devo tutto ciò che so, posso affermare che mi ha davvero insegnato un mestiere. Ancora oggi, anche se non ne ho più bisogno, mi piace andare una volta al mese a Firenze perché respirare l’aria dell’Accademia mi piace.

Come nasce il brand “be spoke” (Nda: fatto su misura)?

.Quando mi resi conto che in parecchi mi chiedevano di realizzare scarpe, capii che non era più un passatempo. Del resto, il primo paio di scarpe che avevo creato per me, lo vendetti ad un cliente che ne rimase colpito vedendolo in bottega.

Ma come nasce una scarpa?

Mi servo di un manto di pelle bianca trattato in maniera vegetale, il conciar, che mi arriva da Firenze, su cui riporto, cucendolo, il disegno già fatto sul cartoncino: è la tomaia. L’ultimo passaggio è la scelta del colore da parte del cliente: le due scarpe così ottenute non saranno mai identiche l’una all’altra, perché è impossibile replicare perfettamente il colore su entrambe. Ecco perché ogni paio è costituito da pezzi unici.

Quanto tempo occorre per ultimare il lavoro?

Quaranta ore. La mia giornata tipo si svolge mattina e pomeriggio nella bottega da cui esco non prima delle 21.

Di recente è stato insignito del prestigioso premio Heraclea, quale esempio di giovane imprenditore lucano di successo: quando ha capito di avercela fatta?

Quando grossi politici e imprenditori in vista hanno iniziato a volere le mie scarpe. Il nome girava e la qualità del mio prodotto era apprezzata.

Tra i suoi clienti anche Francis Ford Coppola.

Sì, anche se pure in questo caso si è trattato di una casualità: il regista, a Bernalda per qualche giorno, venne a sapere della mia storia e volle conoscermi. Grande fu la mia emozione quando, incuriosito, non solo mi chiese esattamente come fosse andata la faccenda della bottega e del prozio, ma soprattutto quando volle scattare una foto con me, lui che non ama questo genere di ricordi. Ovviamente mi ha commissionato delle scarpe.

Dove si possono acquistare i suoi manufatti?

Nella mia bottega, dove mi fa sempre piacere chiacchierare con il cliente e indovinarne i gusti. Ho due vetrine in Basilicata, a Potenza e a Matera. Altre due, a Roma e Cosenza, sono momentaneamente ferme per via del covid, ma dovrei riaprire a breve. In parecchi mi contattano anche tramite i social.

Che progetti ha per il futuro?

Recentemente ho firmato un contratto con una azienda americana: loro, la produzione, miei, il marchio e il disegno. La realizzazione avverrà tra Spagna, Portogallo e Italia, le scarpe saranno vendute nei più grossi Paesi orientali, tra cui Cina, Giappone, Taiwan. E poi c’è in ballo la realizzazione di un quartiere degli artieri a Matera, in cui creare un villaggio degli artigiani. Mi piacerebbe molto che si potenziasse il turismo esperienziale in Basilicata, affinché si possa visitare una vera bottega artigiana.

Realizza solo scarpe maschili?

No, in realtà ho avviato anche una linea femminile, che spero di mettere a regime.

Ma le scarpe le ripara ancora?

Sì, con la stessa serietà di sempre.

Tornando indietro, rifarebbe la stessa scelta?

Sì, assolutamente sì. Anche se la strada è ancora in salita, posso dire di essere arrivato e ne sono felice.

Questo lavoro lo faccio da 9 anni ma alle spalle ho altri 16 anni di riparazioni di scarpe.

È nata durante una recita alle scuole elementari, a dieci anni.

Un artigiano, per me, è colui che da ordine ,forma e vita a qualcosa che prima non lo aveva.

Il valore che questo mestiere ha oggi in questa società di multibrand ed omologazione è praticamente inestimabile proprio perché attraverso la sua qualità (perché si utilizzano materiali di altissima gamma) unicità (perché produce pezzi unici) e passione,crea una potente corrente che resiste a questo movimento di fredda omologazione e di falsa qualità che oggi viviamo.

Le scarpe parlano si. Le scarpe dicono tutto quello che noi spesso non diciamo o non vogliamo dire…basta impararne il “linguaggio”.

FIRENZE e l’oltrarno PORTAVANO numerosi lavori da bottega. Portavano perché in questi anni queste botteghe sono state spazzate via da fiorenti ristoranti e/o simili, perché la città fondamentalmente ha spostato i suoi “interessi” verso la realtà del food e meno su quella degli artigiani anche se un po’ di poesia attraverso gli artigiani qualcuno la vende ancora.

Le qualità di un buon calzolaio o shoemaker (come i moderni lo chiamano) devono essere molteplici, come in molti lavori ma più di tutte ci vuole un infinita pazienza ed una grande manualità. Queste per me sono le basi su cui poi poggiare tutto il resto: buon gusto, precisione, conoscenza dei materiali, conoscenza del mercato, conoscenza dei propri clienti a 360° ecc ecc

Il consiglio che darei a chi vuole intraprendere questo lavoro è quello di conservare dentro il fuoco che lo ha spinto a fare il primo passo verso questo mondo, in caso contrario smettere subito perché questo mestiere vive di passione.

Questa è la domanda più difficile…questo lavoro lo vedo sempre più distaccato dalle sue origini. Negli ultimi anni i calzolai fanno a gara a chi realizza la scarpa perfetta e se da un lato tutto ciò  ha portato a realizzare veri capolavori e ad alzare l’asticella dei vari calzolai, dall’altro lato tutto ciò sta facendo perdere l’anima ad un prodotto che viveva anche di piccoli difetti, perché quelli rendevano unica ed irripetibile quella scarpa, quel prodotto. 

La figura del maestro nella vita di una persona, come nella mia, è fondamentale ed io mi ritengo fortunato ad aver incontrato sempre maestri di altissimo livello in ogni campo delle mie attività e soprattutto in ambito lavorativo.

Se devo pensare a come mi considero io oggi…potrei definirmi un allievo con l’esperienza di un maestro ma è importante restare allievi perché di imparare non si smette mai. 

Ciao Michele,
Ecco qui le mie risposte, sicuramente andranno riviste!



L’idea di una scarpa può nascere in diversi modi.
Può nascere Guardando delle vecchie riviste di moda, può nascere mentre osservi un qualsiasi oggetto apparentemente lontano al mondo della scarpa, può nascere mentre sei in mezzo alla natura, può nascere così di getto semplicemente dalla tua mente.

Spiegare come si realizza una scarpa fatta a MANO su misura nella sua interezza è molto complesso, ci sono decine e decine di passaggi ma possiamo immaginare di riassumere il processo completo partendo dalla presa delle misure del piede, alla scelta del cliente (di ogni dettaglio) della scarpa che desidera, alla costruzione della forma (in base alle misure prese ed allo stile di forma che il cliente ha scelto), al montaggio vero e proprio della scarpa che richiede più di 90 ore di lavorazione ed infine c’è la patinatura (se richiesta) e lucidatura che io considero un mondo a parte all’interno del mondo stesso della scarpa.

Un prodotto come il mio viene ricercato un po’ da tutti ma il costo ne delimita l’accesso a persone Di tutto il mondo  più facoltose e che soprattutto hanno la cultura di questo tipo di prodotto.

Il Made in italy funziona ancora oggi perché è “l’estero” a farlo funzionare, perché  a differenza dell’italiano conosce la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra passione per la vita e per le cose che realizziamo E tutto  questo permette al prodotto di prendere un carattere unico ed un “calore” che nessuno al mondo riesce a conferire.

…da grande vorrò fare sempre il calzolaio…
da grande sarebbe bello trovare il coraggio di avere una mia bottega…

Ogni cliente porta con se una sua storia legata alla scarpa che sta per realizzare ma forse quella che mi ha lasciato a bocca aperta è stata quella di un cliente russo che si è fatto realizzare le scarpe dello stesso colore delle sue decine di macchine, quindi ogni macchina al suo interno aveva il suo singolo paio di scarpe dello stesso colore della carrozzeria…
Poi ci sarebbe la storia legata ad un paio di mie scarpe…
Ho realizzato un paio di scarpe dopo aver visto una mostra di Pollok a Dublino, dopo aver ascoltato e visto parte della sua vita è quindi dopo aver vissuto quel viaggio sono nate queste scarpe piene di “schizzi” multicolor!!!


roberto di monte
mer 19 ago, 11:27
a me

La mia storia lavorativa…sembrerà assurdo ma parte circa 25 anni fa quando avevo 10 anni. A 10 anni tutto dev essere un gioco ma evidentemente prendevo la vita sul serio sin da allora e troppo seriamente devo aver preso quella recita a scuola che mi vedeva "recitare" come un calzolaio russo che aveva bottega in un sottostrada, Martino si chiamava, riconosceva ogni cliente dall’unica  finestra che aveva e che solo mostrava il marciapiede e le scarpe dei passanti. Anche io volevo avere quel potere: volevo riconoscere la gente dalle scarpe.
Dopo la recita scolastica tornai dal calzolaio sotto casa che avevo conosciuto solo da qualche giorno, perché da qualche giorno ci eravamo trasferiti nella nuova casa, per restituirgli alcuni attrezzi e rimasugli di cuoio e pelle che a malavoglia mi aveva prestato ma trovai la saracinesca chiusa ed il suo necrologio. Andai al suo funerale accompagnato da mia madre e solo noi eravamo li presenti e fu lì che promisi a me stesso che in qualche modo quella bottega doveva continuare a vivere e dopo poche settimane l’attività riprese a vivere.fu rilevata da un amico di mio fratello ed a quel punto andai a chiedere di imparare il mestiere…
Ho iniziato usando le dita per mettere la colla. Ho iniziato raddrizzando chiodi. Ho iniziato a fare mia ogni molecola di quel posto restandoci per 7 anni. Poi c ha pensato ancora la vita a farmi cambiare bottega..storie assurde, intrecci incredibili che mi hanno portato dal maestro del mio maestro. Qui cambia tutto il mio modo di lavorare, inizio a conoscere scarpe di un  livello superiore e che andavano trattate con i guanti. Ogni scarpa doveva tornare a vivere, anche la più morente. Questo feci per 10 anni, prima da operaio, poi come socio ma sempre con la voglia di migliorarmi e di dare sempre il massimo, di mettere passione ed amore in quello che facevo e questo ha sempre fatto la differenza.
Agli inizi del 2011 ho sentito che ero pronto per poter “camminare” verso il mio sogno: realizzare scarpe a mano, ed ancora la vita ha risposto..questa volta con degli incontri particolari che mi hanno portato a ripartire da zero, ritornando a guadagnare zero per quasi due anni , che mi hanno permesso di rimettermi in discussione per imparare ancora cose nuove e che mi hanno permesso di vivere in una delle città più belle al mondo (Firenze) ed in una delle botteghe più prestigiose al mondo (roberto Ugolini) dando vita ogni settimana a piccoli capolavori d’artigianato.

Roberto Di Monte è un ragazzo che vive mettendo alla base della sua vita la Passione.
È un ragazzo che cerca nella sua vita il modo migliore per vivere per se per gli altri.

L’idea di una scarpa può nascere in diversi modi.
Può nascere Guardando delle vecchie riviste di moda, può nascere mentre osservi un qualsiasi oggetto apparentemente lontano al mondo della scarpa, può nascere mentre sei in mezzo alla natura, può nascere così di getto semplicemente dalla tua mente.

Spiegare come si realizza una scarpa fatta a MANO su misura nella sua interezza è molto complesso, ci sono decine e decine di passaggi ma possiamo immaginare di riassumere il processo completo partendo dalla presa delle misure del piede, alla scelta del cliente (di ogni dettaglio) della scarpa che desidera, alla costruzione della forma (in base alle misure prese ed allo stile di forma che il cliente ha scelto), al montaggio vero e proprio della scarpa che richiede più di 90 ore di lavorazione ed infine c’è la patinatura (se richiesta) e lucidatura che io considero un mondo a parte all’interno del mondo stesso della scarpa.

Un prodotto come il mio viene ricercato un po’ da tutti ma il costo ne delimita l’accesso a persone Di tutto il mondo  più facoltose e che soprattutto hanno la cultura di questo tipo di prodotto.

Il Made in italy funziona ancora oggi perché è “l’estero” a farlo funzionare, perché  a differenza dell’italiano conosce la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra passione per la vita e per le cose che realizziamo E tutto  questo permette al prodotto di prendere un carattere unico ed un “calore” che nessuno al mondo riesce a conferire.

…da grande vorrò fare sempre il calzolaio…
da grande sarebbe bello trovare il coraggio di avere una mia bottega…

Ogni cliente porta con se una sua storia legata alla scarpa che sta per realizzare ma forse quella che mi ha lasciato a bocca aperta è stata quella di un cliente russo che si è fatto realizzare le scarpe dello stesso colore delle sue decine di macchine, quindi ogni macchina al suo interno aveva il suo singolo paio di scarpe dello stesso colore della carrozzeria…
Poi ci sarebbe la storia legata ad un paio di mie scarpe…
Ho realizzato un paio di scarpe dopo aver visto una mostra di Pollok a Dublino, dopo aver ascoltato e visto parte della sua vita è quindi dopo aver vissuto quel viaggio sono nate queste scarpe piene di “schizzi” multicolor!!!

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.