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Al suo secondo romanzo, Roberto Addeo stupisce e ammalia. Con La luna allo zoo, edito da Il Seme Bianco, l’autore ci porta a conoscere una realtà forse nuova, diversa a cui quella a cui siamo abituati ma crudelmente vicina. Ci porta a far conoscere una galleria di tipi umani, di situazioni tragicomiche degne di un festival del grottesco, di un reale crudo e senza sconti che è proprio del mondo moderno.
Una metafora della vita del nuovo millennio: ecco cosa descrive l’autore. Un’eterna corsa, una maratona senza fine in cui i primi creano buche lungo la strada per far inciampare gli ultimi; in cui gli ultimi si azzannano alla gola per cercare di arrivare prima, di riuscire a prendere almeno le briciole.
Il protagonista sembra trascinarsi per tutto il libro, quasi sperando che, ad un certo punto, giunga quella svolta, quel qualcosa che cambia la vita. E intanto vive le piccole tragedie quotidiane, le snervanti ossessioni, le pulsioni amorose, le continue incertezze, le stralunate ma poetiche considerazioni sul mondo, le nere visioni e i drammatici fallimenti di un venticinquenne campano che, come tanti prima di lui, si trasferisce a Bologna in cerca di lavoro, in cerca di quel qualcosa che manca, mentre intorno a lui la crisi economica italiana abbatte tutte le certezze della società.
È un trascinarsi da un lavoro all’altro, da uno squallore all’altro da parte del protagonista, incapace di dominare, di dare un senso e una direzione alla sua giovane esistenza, errante e senza futuro, indugiando, maledicendo, sognando e, soprattutto, sbagliando, incolpando il destino per la sua vita mediocre. E Bologna, la città italiana democratica per eccellenza, che delude, amplifica e inganna la giovane esistenza del protagonista.
Un’esistenza fatta di giorni tutti uguali, grigi e indefiniti, senza uno scopo, passando da una relazione priva d’amore all’altra, tra amicizie che preferirebbe non aver mai avuto, da un lavoro che non augurerebbe a nessuno ad un altro. E le serate passate nei locali della città, nelle strade e nei vicoli di una Bologna che, improvvisamente, cambia, si trasforma e delude il mito tramandato dalla vecchia generazione, brutalizzata da un cinismo nazionale che colpisce chiunque, un cinismo proprio degli anni della crisi economica del nuovo millennio.
E lui che cammina, che si lascia passare addosso tutto, sogni, delusioni, certezze, vita compresa. Lascia scorrere, si lascia trasportare lungo un’esistenza priva di un punto di partenza e di cui non si riesce a scorrere un punto d’arrivo.