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Il 22 aprile, cinque ore prima che scada l’ultimatum delle Brigate rosse, il Papa, Paolo VI rivolge ai sequestratori un ultimo appello… Io scrivo a voi, uomini delle Brigate rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile Aldo Moro… vi prego in ginocchio, liberate l’on. Aldo Moro semplicemente, senza condizioni… intanto, per canali che restano sempre misteriosi Aldo Moro fa recapitare altre due lettere: una alla moglie Eleonora e l’altra a Benigno Zaccagnini.
Quest’ultima è una missiva straziante che lascia sconvolti e perplessi insieme… possibile che siate tutti d’accordo nel volere la mia morte – scrive Moro – per una presunta ragione di Stato che qualcuno lividamente vi suggerisce quasi a soluzione di tutti i problemi del Paese?… io sono condannato a morte. Che la condanna sia eseguita dipende da voi. A voi chiedo che la grazia mi sia concessa… se voi non intervenite sarebbe scritta una pagina agghiacciante nella storia d’Italia. Il mio sangue ricadrebbe su voi, sul partito, sul Paese… se la pietà prevale – conclude Moro – il Paesenon è finito.
A 24 ore dalla scadenza dell’ultimatum, mentre quasi tutti i giornali italiani titolano a caratteri cubitali ‘Salvare Moro’, qualche speranza comincia a farsi strada. Zaccagnini dichiara che… sono stati individuati gli strumenti per accertare i possibili modi per conseguire la liberazione di Moro; ma quando ci si rende conto che ‘gli strumenti’ si riferiscono alla disponibilità della ‘Caritas’ e alla lettera di Paolo VI… le parole del Papa – scrive il Popolo – hanno toccato e scosso, hanno invocato una umanità che forse non può restare senza risposta… ci si rende conto che… non ci sono strumenti nuovi.
La tensione, intanto, sale al massimo, la gente vive queste ore con il fiato sospeso. In nessun luogo, in nessuna comunità ormai si parla d’altro. L’opinione pubblica non sa quante e quali possibilità politiche e giuridiche ci sono per salvare Moro; la gente della strada sa solo che nessun essere umano, nessuna istituzione, che non contempli la pena di morte, può decidere per la vita di un uomo: l’opinione pubblica è convinta che Aldo Moro può tornare libero e vivo soltanto se ‘lor signori’ lo volessero. Ed è questa la domanda che tutti si pongono soprattutto dopo la pubblicazione delle lettere personali di Moro.
Il 24 aprile arriva il comunicato nr. 8 e se da un lato allenta la tensione, Moro è ancora vivo, dall’altro aumenta, invece, la difficoltà di una trattativa poiché nel comunicato si chiede la liberazione di ben 13 ‘prigionieri politici’ trattenuti nelle carceri dello Stato. Fra questi, oltre a Renato Curcio e altri brigatisti, ci sono anche noti assassini e criminali comuni come Sante Notarnicola e Mario Rossi convertiti alla ‘lotta armata’, per pura convenienza.
Adesso è chiaro a tutti: Moro non uscirà mai vivo dalla ‘prigione del popolo’. La richiesta dei brigatisti non è solo provocatoria, è semplicemente inaccettabile, lo sa la Magistratura, il Governo, comincia a rendersene conto anche l’opinione pubblica, lo sanno i brigatisti e lo sa anche Moro che in una nuova lettera a Zaccagnini scrive… siamo quasi all’ora zero: mancano più secondi che minuti. Siamo al momento dell’eccidio… ci vuole un atto di coraggio senza condizionamenti di alcuno. Zaccagnini, sei stato eletto dal congresso. Nessuno ti può sindacare. La tua parola è decisiva. Non essere incerto, pericolante, acquiescente. Sii coraggioso… io non accetto l’iniqua e ingrata sentenza della DC… e se dovesse prevalere la ‘ragion di Stato’… chiedo che ai miei funerali non partecipino né autorità dello Stato, né uomini di partito.
Se dunque è vero che tutti si rendono conto di non avere alternative, cosa vogliono, allora, i brigatisti? Vogliono un riconoscimento politico; vogliono che lo Stato li riconosca come ‘partito di lotta armata’. E siamo al punto di partenza: è impossibile. Comunque si giri questa tragedia nazionale, non sembra esserci via d’uscita. A meno di un miracolo, di un ultimo rigurgito di coscienza, la sorte di Aldo Moro è segnata.
Ed è per questo che gli appelli umanitari diventano una valanga. Sono e restano però, solo appelli a quel tanto di umanità che appartiene ad ogni essere umano, brigatisti compresi, nell’ambito dei quali, qualcosa sta accadendo.
Innanzitutto il tempo. Ogni minuto che passa depone a loro sfavore. Sono migliaia a cercarli, comprese molte ‘organizzazioni’ malavitose che a causa della pressione delle forze dell’ordine, da oltre 40 giorni, si sono visti assottigliare paurosamente i loro traffici. In più, rapitori e fiancheggiatori vivono sotto una tensione psicologica notevole e il rischio che prima o poi qualcuno ceda, è reale. Tant’è che, si saprà dopo, Valerio Morucci e Adriana Faranda, si dicono sono contrari ad eseguire la condanna a morte di Aldo Moro.
Non è lontano dal vero, inoltre, chi ipotizza che le tante lettere di richiesta d’aiuto inviate da Moro tra il 29 e 30 aprile ad almeno sette personalità politiche – Leone, Fanfani, Ingrao, Andreotti, Piccoli, Craxi e ancora, a Zaccagnini – in fondo non sono che richieste d’aiuto degli stessi brigatisti: cercano, attraverso Moro, una via d’uscita, una scappatoia da chiunque – potere politico, Governo o DC – consenta loro di non uccidere Moro poiché i loro atti sono talmente gravi – sono già stati uccisi 5 uomini – che solo ‘l’altra parte’ ha la possibilità di risparmiare la sesta vittima.
Il più sollecito alle suppliche di Aldo Moro è Craxi, il quale, pur senza proporre nulla di eccezionale, niente che metta a repentaglio la presunta resa dello Stato ai brigatisti, suggerisce, di dare un segno di volontà alla trattativa, iniziamola, nel corso d’opera si vedrà… ci sono casi di detenuti – dice Craxi – verso i quali, come in altre occasioni, si può manifestare la clemenza dello Stato… il terrorismo non si sconfigge lasciando uccidere Moro… la guerra dei brigatisti contro lo Stato e la comunità nazionale continua e continuerà, Moro o non Moro… i socialisti non accettano la linea della rassegnazione e dei rifiuti assoluti e pregiudiziali… nessuno può dire che il prezzo della vita di Moro significa la salvezza della Repubblica.
Queste dichiarazioni, da un lato attirano su Craxi e sul PSI una valanga di proteste, DC in testa; dall’altro offrono a Moro, cui non mancano i giornali, l’appiglio per aggrapparsi ad un filo di speranza e, in una lunga lettera alla DC, egli esprime gratitudine a Craxi… guai se la sua iniziativa dovesse fallire… e suggerisce al Partito l’ipotesi di considerare lo Stato ‘in guerra’ proponendo, per i brigatisti, l’esilio. Diversamente… muoio se così desidera il mio partito, nella pienezza della mia fede cristiana e nell’amore immenso per una famiglia esemplare… ma questo bagno di sangue non andrà bene né per Zaccagnini, né per Andreotti, né per la DC, né per il Paese. Ciascuno porterà la sua responsabilità.