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Ti dà fastidio questa musica? Ti piace l’opera?”
“Io non ho molta familiarità con l’opera, Andrew.”
“Oh, questa è la mia aria preferita. È Maria Callas. Durante la rivoluzione, i rivoltosi incendiarono la sua casa e sua madre morì salvandola. Dice: “Quel luogo che fu la mia culla sta bruciando. Così fui sola”. Riesci a sentire l’angoscia nella sua voce? Adesso entrano gli archi e cambia tutto quanto, la musica è invasa da una speranza! E ora cambia di nuovo, ascolta: “Porto sventura a chi bene mi vuole. Fu in quel dolore che a me venne l’amore. Una voce piena d’armonia e dice Vivi ancora! Io sono la vita, il cielo ha i tuoi occhi. Sono il Dio che scende dai cieli sulla terra per fare della terra un cielo. Io sono l’amore!”” (da “Philadelphia” di Jonathan Demme)
Quando la pluripremiata (due Oscar su cinque nomination) opera d’arte cinematografica di Demme affollò le sale di tutto il mondo, ci fu una corsa all’acquisto di cd della divina Maria Callas, al punto da regalarle una postuma ed inedita scalata alle classifiche discografiche, e una pubblica gara a chi conoscesse meglio le pagine dell’“Andrea Chénier”, il capolavoro composto dal nostro sommo conterraneo Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica. Ebbene, tra i tanti che si vantavano di avere familiarità con l’Opera, certamente molti mentivano, in quanto, nonostante il successo trionfale che viene tributato ad ogni sua nuova messa in scena, lo stesso che fu riconosciuto al giovane foggiano, appena ventinovenne, alla Prima rappresentazione assoluta il 28 marzo 1896 al Teatro alla Scala di Milano, raramente si trova il coraggio di affrontare l’impervia prova.
Forse la prima e più grande difficoltà è riposta proprio nel riuscire a rendere visivamente quel libretto che Illica e Giordano vollero scrivere tutto in rime, ispirandolo alla vita del poeta francese André Chénier, morto ghigliottinato poco più che trentenne, nel 1794 del Terrore, a Parigi, ma tratteggiandolo di tinte sì decadenti da renderlo più vicino al loro mondo, alla loro realtà fine ottocentesca, intriso di irrazionalità e fragilità, di languore e passione, che non cela citazioni e richiami ad opere precedenti, ma che, a sua volta, è divenuto riferimento per le opere successive. Nel primo quadro, ad esempio, viene continuamente richiamata l’ambientazione della “Manon Lescaut”, coi suoi salotti, le sue ciprie ed i suoi nei, mentre nei tre quadri seguenti è impossibile non notare quegli innumerevoli punti di contatto con Puccini, soprattutto il gioco serrato di rimandi con “Tosca”, che, però, è nata quattro anni dopo, sublimato nella scena del tentato stupro in cui già si ritrova parte della malvagia violenza di Scarpia.
Ebbene, fosse solo per aver vinto questa sfida, oggi non potremmo non salutare come un vero trionfo l’edizione che ha illuminato l’annuale stagione lirica della Fondazione Petruzzelli, una coproduzione del Festival Castell de Peralada e del Teatro Abao-Olbedi BilbaoAlfonso Romero Mora,infatti, è assolutamente convincente, a tratti sublime, con trovate sceniche di chiaro effetto che, distillate senza paura e con onestà, nel più assoluto rispetto per il libretto, la rendono compressibilissima in ogni passaggio, grazie anche all’eccelsa resa delle stupende e ciclopiche scene di Ricardo Sánchez Cuerda, dei costumi di Gabriela Salaverry, del disegno luci di Félix Guerra, ripreso da Gianni Mirenda
In tale perfetto clima registico e grazie alla puntuale direzione del maestro Michele Gamba, l’Orchestra ed il Coro – sempre sotto la sapiente mano di Fabrizio Cassi – del nostro Politeama si esaltano e ci consegnano tutte le tinte della partitura di Giordano, mentre l’opera dei cantanti ottiene il meritato risalto e dà risultati che vanno al di là di ogni più rosea previsione, soprattutto nella prova offerta da Martin Muhele e Claudio Sgura, rispettivamente un Andrea Chénier ed un Carlo Gérard memorabili, antagonisti per amore ma uniti nel successo e nelle finali ovazioni, mentre un po’ meno convincenti si rivelavano la Maddalena di Svetla Vassileva e, soprattutto, la Contessa di Coigny di Alessandra PalombaAlessandra Volpe, il Roucher di Stefano Marchisio, il Mathieu di Roberto Maietta, nonché Alberto Comes, impegnato in più ruoli.
Sono intanto iniziati ieri mercoledì 11 aprile le recite matinée per ragazzi di Andrea Chénier e domenica 15 aprile alle 11.00 lo spettacolo sarà aperto alla cittadinanza. Lo spettacolo, della durata di un’ora, rientra nella rassegna organizzata dalla Fondazione Petruzzelli in sinergia con l’Ufficio Scolastico Regionale e proporrà un’antologia delle arie più significative dell’opera in programma fino al 15 aprile al Petruzzelli. A firmare la regia dei matinée di Andrea Chénier sarà Boris Stetka, sul podio dell’Orchestra del Teatro Roberta Peroni, a preparare il Coro Fabrizio Cassi. A dar voce ai personaggi creati da Umberto Giordano: Andrea Bianchi (Andrea Chénier ), Antonio Muserra (Gérard) ed Eugeniya Vukkert (Maddalena). Il ruolo del narratore sarà affidato all’intensa interpretazione dell’attore Tony Marzolla, autore degli interventi recitati della rappresentazione.
Il costo di ingresso per ogni ordine di posto, che non sarà numerato, sarà di soli 5 euro per gli adulti e di 1 euro per i ragazzi fino ai 13 anni di età. Informazioni: 080.975.28.10.