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Il caustico e democratico regista americano, proveniente dalla televisione, esordisce con quest’opera a carattere giudiziario, pervasa da un’abilità tecnica e da un vigore descrittivo non indifferenti.
Dodici giurati, riuniti nella camera di consiglio del tribunale, devono giudicare un ragazzo accusato di parricidio che se condannato, finirà sulla sedia elettrica. Solo uno dei giurati, crede nell’innocenza del giovane e attraverso sottili e imprevedibili osservazioni, riuscirà con un lento ed efficace ragionamento a convincere gli altri undici.
È un dramma girato tutto in un interno, metafora di un claustrofobico e qualunquistico metodo di giudizio dell’America anni ‘50, il film pecca solo di un eccessivo impegno democratico con cui si affronta il problema dell’imperfezione della giustizia.
Rimane nella storia del cinema anche per l’elevato tenore recitativo: un grandissimo Henry Fonda che con il suo stile, raggiunge livelli interpretativi notevoli; egli è affiancato anche da colleghi all’altezza come ad es. Martin Balsam e Jack Warden.
Sidney Lumet dividerà ancora l’America con altri capolavori quali: “Serpico”(1975) e “Quinto potere”(1976), ma ne “La parola ai giurati”, esprime un ordine e una pulizia unici, confermandosi inoltre, abilissimo nel dirigere gli attori. È un film anche influenzato della grammatica razionale e ritmica del genio hitchcockiano.
È triste morire senza aver visto “La parola ai giurati”!