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Mentre in Parlamento infuria la ‘battaglia’ sul decreto antinflazione, con il PCI che ha presentato migliaia di emendamenti e il Governo che tira avanti a colpi di fiducia, mai, nessun Governo ne aveva chiesti tanti, i comunisti fanno una proposta: se il Governo rinuncia al continuo ricorso alla fiducia, il PCI ritirerà tutti gli emendamenti… non tollereremo – ammonisce Berlinguer – che questo Parlamento sia ridotto a macchina di voti di fiducia per il Governo in carica e che al di fuori di tale destino non ci sia altro che il suo scioglimento. Questo Parlamento può essere riportato a funzionare, questo Parlamento può legiferare democraticamente e può esprimere altri Governi.
Sembra una richiesta d’armistizio, dicono i socialisti, invece è un’aggressione, un’intimidazione, una dichiarazione di guerra che trova il suo epilogo in un dramma, un tragico avvenimento che colpisce duramente l’universo comunista italiano. La sera di giovedì 7 giugno, durante un comizio a Padova, Enrico Berlinguer viene colto da un malore. Impallidisce, si aggrappa al podio ma porta a termine il suo discorso. Poi, alle 23.15 viene ricoverato d’urgenza: è stato colto da un ictus cerebrale… sta morendo, scrivono i quotidiani, come Gramsci, Togliatti e Longo prima di lui, come il filo di una sinistra tradizione. Sembra che in questi anni, scrive il sociologo Sabino Acquaviva che risiede a Padova e che aveva assistito al comizio, la storia d’Italia passi e ripassi per questa città del Veneto: dalle trame nere all’autonomia, da Franco Freda alle Brigate rosse ed ora, in un contesto politico e con un significato radicalmente diverso, con Berlinguer.
Il primo a correre a Padova è Sandro Pertini ma non mancherà neppure Craxi… mi dicono che non c’è speranza, commenta il Presidente del Consiglio, ma io preferisco credere che finché c’è vita c’è speranza. Conosco Enrico da trent’anni, negli ultimi tempi litigavamo spesso, ma le esperienze di trent’anni sono tante… vorrei proprio che non se ne andasse così.
Per quattro giorni, Padova sarà meta di pellegrinaggio di tanta gente, comunisti e non, avversari politici e amici. Pertini rimane a Padova per tutto il tempo, lo vedrà morire, e quando la fine arriva, alle 12.45 dell’11 giugno, darà disposizioni secche, inderogabili: mettetelo sul mio aereo, lo porterò a Roma con me, come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta. Il suo esempio ci mancherà. Oggi, scrive Giuseppe Giacovazzo, l’Italia politica è più povera. Non solo per i compagni di Berlinguer e per coloro che l’hanno amato. Ma anche per quanti, a qualunque fede politica appartengono, sentono che con lui scompare una delle più alte coscienze della nostra vita democratica.
Saranno ottocentomila a portare l’ultimo saluto a Berlinguer nella camera ardente allestita a Botteghe Oscure. Ci andrà anche Craxi e sarà l’unico ad essere fischiato. I comunisti non hanno dimenticato l’accoglienza riservata al loro leader al Congresso del PSI. Più di un milione e mezzo di persone seguiranno il corteo funebre. È un fiume, è il più grande corteo che Roma abbia mai visto. Si muove verso piazza San Giovanni, ‘teatro’ storico delle manifestazioni comuniste e, in un misto di lacrime, bandiere rosse, pugni chiusi e l’inno dell’Internazionale, il popolo comunista si congeda dall’uomo e dal compagno che ha fatto del PCI il più grande partito comunista d’Europa.
Dalle cinque città di Puglia sono partiti 255 pullman; per 2 giorni tutti i treni per Roma sono stati presso d’assalto; ci sono delegazioni di quasi tutti i paesi del mondo e, nonostante sia stato proprio Berlinguer a produrre lo ‘strappo’ definitivo con l’URSS, i sovietici sono stati i più premurosi offrendo, prima assistenza specialistica ed inviando poi, a Roma, il semisconosciuto Mikhail Gorbaciov indicato come braccio destro di Kostantin Cernenko succeduto, alla guida del PCUS dopo la scomparsa del vecchio e malato Yuri Andropov. La presenza di Gorbaciov a Roma non è un segno di disistima verso Berlinguer o verso il PCI. È noto che il settantatreenne Cernenko, in salute, è conciato peggio del suo predecessore.
Due le cose che Berlinguer non vedrà: la definitiva approvazione del decreto antinflazione, ancora una volta con un voto di fiducia, e il ‘sorpasso’ del PCI sulla DC alle elezioni europee di pochi giorni dopo la scomparsa di Berlinguer. L’immenso pianto del popolo comunista, si legge nei quotidiani di destra, è diventato spettacolo in ogni casa grazie alla Tv e al sentimento traboccante di Pertini; non vi è dubbio che la moltitudine comunista andrà alle urne, più che a votare una proposta politica, a confermare un tributo alla memoria sofferta.
Non era vero. Erano settimane che lo stesso De Mita andava prospettando un possibile ‘sorpasso’ attribuendolo all’ambigua politica del PSI che a Roma predicava il pentapartito e a livello locale favoriva e sosteneva giunte di sinistra.