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Tre ore di risate. E’ così che Michele Salomone ha presentato ieri pomeriggio a Roma La mia voce in Biancorosso, in una conferenza che ha assunto i tratti di una serata tra amici. Alla maniera del libro, anche la presentazione è stata un susseguirsi di aneddoti, siparietti e riflessioni che hanno reso il momento indimenticabile. Come indimenticabile sarà per Salomone il successo che sta raccogliendo questa sua prima prova da scrittore. Gli abbiamo perciò fatto qualche domanda per scavare sulla sua vita e carriera.
Quando è nata l’idea di scrivere La mia voce in Biancorosso?
Nel 1985, dopo la morte di mio padre. Volevo dedicargli un libro sui primi nove anni di attività giornalistica. Ma nel 1986 cominciai a lavorare con Telenorba e i miei impegni si moltiplicarono, anche perché nell’89 mi fu affidata la responsabilità della redazione sportiva. Negli ultimi tempi la spinta è arrivata da mia moglie e da mio figlio che, ogniqualvolta raccontavo un aneddoto o un fatto del passato, mi ripetevano: "ma quando lo scrivi un libro?". L’accelerazione definitiva me l’hanno data gli avvenimenti dello scorso anno, dal fallimento al grande finale di campionato.
Cosa significa per te, dopo 40 anni di carriera, “raccontare Michele Salomone”?
Non racconto solo me stesso, ma tanti personaggi, aneddoti ed episodi. Certo, ho voluto anche aprirmi il più possibile e farmi conoscere senza veli da chi mi ascolta da circa 40 anni.
Com’è stato svestire i panni del giornalista per diventare scrittore?
Ho scritto parlando. Tutto qua il segreto di una prosa che sta avendo grande successo. Tantissimi lettori mi scrivono di aver letto il libro ascoltando la mia voce. Che cosa posso chiedere di più?
Nel libro ti mostri senza veli, raccontando anche quelli che sono stati i tuoi talloni di Achille. Non credi possa essere una mostra rischiosa parlare dei propri punti deboli?
No, penso al contrario che ci sia un messaggio preciso: mai arrendersi di fronte alle difficoltà. A me che ero balbuziente è riuscita la cosa quasi impossibile: fare le radiocronache, cioè parlare come un treno. Quando presento il libro nelle scuole, i docenti vogliono che io parli di quel capitolo, perché la mia esperienza sia un esempio per i giovani.
Non hai peli sulla lingua nemmeno quando parli delle persone che accompagnano il tuo percorso da cronista. Non hai paura che la tua schiettezza oggi possa farti guadagnare qualche nemico?
Veramente qualcuno mi ha già tolto il saluto. Ma io le cose o le faccio o non le faccio. Che senso avrebbe avuto scrivere bene di tutti? Avrei preso in giro me stesso e i lettori che comprando il libro fanno comunque un gesto d’amore nei miei confronti. Mi frega niente. Intanto a un mese e mezzo dalla pubblicazione del libro non ho ricevuto neanche una richiesta di precisazioni.
Del resto non sono stati pochi i momenti di tensione con esponenti del mondo del calcio. C’è qualcosa in particolare che non hai detto e che oggi diresti a chi ti ha trattato come un personaggio ‘scomodo’?
Che il grande affetto di cui mi gratifica la gente comune, i tifosi, gli ascoltatori dimostra come alla fine la coerenza e l’onestà intellettuale paghino, anche se lavorando commetti degli errori. Tensioni importanti le ho avute anche con Conte e Guido Angelozzi, giusto per fare degli esempi.
Ogni capitolo in un certo senso è il ritratto di una figura legata al calcio. A chi sei più legato? E chi hai ‘detestato’ di più?
Mi sento molto legato a personaggi come Guido Angelozzi, Giorgio Perinetti, Giampiero Ventura, Antonio Conte. Non ho mai odiato nessuno, perché non sono capace di odiare, ma per Fascetti, soprattutto Fascetti uomo, provo sentimenti di disistima in tutti i sensi.
Negli ultimi anni il calcio è stato spesso associato a partite truccate, calcioscommesse e soldi prima che passione, sudore e sfida. Che ne pensi di questa (in)evoluzione?
Del calcioscommesse nel mio libro non ne ho parlato volutamente, perché ci sono dei processi penali in corso. Quelli sportivi non hanno attendibilità, sono una farsa. Ho voluto attendere, quindi, i risultati del lavoro della magistratura ordinaria. Ho delle mie idee, ma per rispetto ai protagonisti, imputati e giudici, le tengo per me, per il momento. Penso, comunque, che la normativa sportiva dovrebbe prevedere la radiazione, senza se e senza ma, per chi commette illeciti.
In una realtà in cui tv e immagini hanno preso il sopravvento e dettano le regole del potere, tu resti follemente innamorato della radio. Cosa credi abbia questo media in più rispetto alla televisione?
Si, la radio è la vera amante della mia vita. La radio si ascolta ovunque, è immediata, tecnicamente più semplice rispetto agli altri mezzi di comunicazione, ma molto più difficile da "farsi". Io la preferisco alla tv. Di fronte ad un out out, televisione o radio, non avrei dubbi. La radio è immaginazione è magia.
Sei da sempre la voce del Bari. Qual è il segreto di una carriera che dura e si mantiene impeccabile negli anni, nonostante i nemici?
Credibilità (fondamentale per un giornalista), coerenza, passione. Senza questi tre elementi non vai da nessuna parte. Ma non solo in questa professione. Il mio motto è: un buon giornalista non è quello che fa le domande accomodanti, ma quello che fa le domande scomode. Detto questo, non devo aggiungere altro.
Se potessi tornare indietro, cos’è che cambieresti di Michele Salomone cronista? E di Michele uomo?
Nulla, la vita va vissuta così com’è. E poi sono un privilegiato. Ho la salute, una buona famiglia e un lavoro straordinario che molti pagherebbero per fare. Amo viaggiare e la radio mi dà anche questa possibilità. E poi ho l’amore della gente. Se tornado indietro cambiassi qualcosa sarei un folle!
La mia voce in biancorosso racconta quasi 40 anni di carriera. Per i prossimi 40 ci possiamo aspettare un altro libro?
Ne racconta 38 e mezzo! E poi sono realista: andrò avanti sino a quando avrò forza fisica e lucidità mentale, ma la vecchiaia arriverà inesorabile anche per me. Posso anticiparti che appena avrò terminato il giro della Puglia (e non solo) per presentare il libro, mi metterò a scriverne subito un altro sulla stessa falsariga che l’editore mi ha già richiesto. Sapessi quante cose ho raccontare! E nel frattempo spero siano state emesse le prime sentenze penali relative al calcioscommesse. E ho da raccontare ancora tanti scherzi fatti a colleghi, calciatori e protagonisti.