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Il 12 marzo 2001 Anna Esposito, commissario della Digos di 35 anni originaria di Cava dei Tirreni, viene trovata appesa alla maniglia della porta del bagno nel suo appartamento di servizio, all’interno della Caserma Zaccagnino di Potenza. All’epoca il caso venne rapidamente archiviato come suicido ma quell’ ”impiccamento atipico”, come lo definiscono i medici, lascia da subito zone d’ombra e molti dubbi. Perché una giovane donna, madre di due bimbe decide improvvisamente di togliersi la vita? Molti anni dopo la storia di Anna Esposito si intreccia inesorabilmente con un altro caso, quello della giovane Elisa Claps, la ragazza scomparsa nel 1993 e trovata morta nella chiesa della Trinità di Potenza nel 2010. I dubbi dei familiari e le molte discrepanze emerse portano nel 2013 alla riapertura del caso Anna Esposito, con una nuova indagine che parte dai tanti particolari emersi grazie all’inchiesta di Fabio Amendolara, cronista della Gazzetta del Mezzogiorno. Nel suo libro “ll segreto di Anna” (edizioni EM) Amendolara riunisce i risultati delle inchieste condotte nel corso degli anni, un’analisi che scova fra le tante falle investigative e mette in luce le coincidenze che collegano la morte del commissario all’omicidio della giovane Elisa Claps.
Hai iniziato a occuparti del caso di Anna Esposito solo un anno dopo la sua morte. Cosa ti ha spinto a farlo?
È stato una coincidenza. Sono arrivato a lavorare a Potenza il 12 marzo 2002, esattamente un anno dopo la morte di Anna Esposito. Vista la ricorrenza nei corridoi c’era chiacchiericcio attorno alla vicenda. Potenza aveva già messo una pietra sopra il caso ma sentivo che c’erano ancora molti lati oscuri, anche se nessuno approfondiva. La cosa mi ha molto incuriosito ma per anni non sono riuscito ad avviare un’inchiesta. Mi sono poi imbattuto nuovamente nella vicenda di Anna Esposito molto dopo, quando mi stavo occupando del caso Claps. In quell’occasione mi cadde l’occhio su un’informativa depositata il 31 marzo 2002, dieci giorni dopo la morte di Anna, dal vicesovrintendente della polizia di Stato Mario Leone. In quella informativa il sottoposto di Anna Esposito diceva di aver appreso che il cadavere di Elisa Claps si trovava nel sottotetto della chiesa della Trinità. All’epoca la dichiarazione non fu presa in considerazione, un po’ perché veniva dalla Digos, un po’ perché si credeva Elisa Claps fosse ancora viva. Ci fu poi un pasticcio investigativo che descrivo nell’ultimo capitolo del mio libro, per cui il cadavere fu cercato nei sotterranei della chiesa e non nel sottotetto. Quando questa notizia fu pubblicata la mamma di Anna Esposito contattò Gildo Claps, il fratello di Elisa, dicendo che Anna le aveva parlato giorni prima di morire di notizie importanti attorno al caso. A sua volta Gildo rivelò di una telefonata ricevuta da parte di Anna Esposito il giorno prima della sua morte, una telefonata in cui il commissario della Digos chiedeva un incontro. Tutti questi elementi mi hanno spinto, a distanza di anni, a riprendere in mano il fascicolo e a iniziare la mia inchiesta.
Il caso di Anna Esposito a quel punto si lega in maniera evidente con l’omicidio di Elisa Claps?
Certo, i punti di contatto fra le due vicende sono tanti. L’informativa depositata da Mario Leone sulla posizione del cadavere di Elisa Claps, la telefonata fatta da Anna Esposito a Gildo Claps il giorno prima di morire chiedendo un incontro che non avverrà mai e, ancora, la confidenza fatta da Anna a sua madre qualche tempo prima di morire sulla possibilità che qualcuno in caserma sapesse dove si trovava il corpo della ragazza scomparsa. All’epoca Franco Roberti, procuratore capo di Salerno, allora sede competente per le indagini, aveva rapidamente escluso ogni nesso fra i due casi, dicendo che non c’erano elementi che inducevano a pensarlo, senza aggiungere alcuna motivazione. Un atteggiamento alquanto superficiale, mi sarei aspettato qualche dettaglio in più.
Nel suo libro sviscera in maniera puntuale tutti i punti controversi nelle indagini. Quali sono secondo lei le falle più grandi?
Innanzitutto lo scempio effettuato sulla scena del crimine. Non furono persone qualsiasi a ritrovare il cadavere di Anna Esposito la mattina del 12 marzo 2001 ma suoi colleghi. L’ispettore Teresa Romeo arrivò in casa di Anna con altri poliziotti e per prima cosa sciolse il nodo della cintura con cui si sarebbe impiccata alla porta del bagno. Questo compromise definitivamente la possibilità di effettuare accertamenti importanti. Lo fece con l’intenzione di rianimarla ma nella stessa deposizione la Romeo, solo tre righe dopo, dice che sul corpo di Anna Esposito era già visibile il rigor mortis. L’altra cosa che non mi ha mai convinto è la modalità del suicidio: un poliziotto ha una pistola, perché suicidarsi in quel modo? Ancora grave è la questione legata ai due biglietti del treno ritrovati sul comodino. Sono due biglietti per la stessa tratta e la stessa ora, questo vuol dire che Anna quel pomeriggio prima di morire aveva viaggiato con qualcuno da Cava dei Tirreni a Potenza. Con chi? Allora non si sono svolte delle indagini e oggi a distanza di anni è impossibile risalire. Eppure nell’immediato si sarebbe potuto capire. Importante è anche la questione relativa al pezzo di carta mancante: accanto al corpo di Anna venne ritrovata una penna ma non un foglio e dalla sua agenda erano state strappate delle pagine. Il pm dell’epoca partì dal presupposto che si trattasse di un suicidio e che molto probabilmente Anna aveva lasciato un biglietto per i suoi cari, eppure non si avviarono le indagini per cercare quel foglio mancante e neanche furono prese le impronte digitali sulla penna.
C’è stato silenzio sul caso da parte dei colleghi di Anna Esposito?
È una cosa che ho riscontrato io personalmente cercando di intervistare i protagonisti della vicenda. Lo stesso magistrato dell’epoca segnala che ci sono state reticenze importanti da parte dei colleghi di Anna. Un modo per lavare i panni sporchi in casa.
L’inchiesta sulla morte di Anna Esposito è stata riaperta nel 2013 ed emergono oggi nuovi dettagli su questo giallo.
Con la riapertura del caso è stata subito disposta la nuova perizia di un tecnico, l’anatomopatologo Giampaolo Papaccio. Dalla perizia sono emersi particolari importanti, soprattutto grazie all’analisi delle macchie ipostatiche rilevate sul corpo di Anna. Il medico legale segnala che in caso di suicidio, avrebbero dovuto formarsi macchie ipostatiche su mani e piedi del cadavere, ma non ci sono. Le macchie ipostatiche sono presenti in altri punti del corpo e questo fa pensare che il corpo di Anna sia stato appeso dopo la morte. A queste conclusioni arriva la perizia. Attualmente è iscritto nel registro degli indagati l’ex compagno di Anna Esposito, cosa prevedibile perché allo stato dei fatti è l’unico che potrebbe avere un movente.
Una telefonata sarebbe arrivata al 118 prima dell’irruzione dei poliziotti nell’appartamento del loro dirigente, chi può averla fatta?
Anche questo particolare non è emerso dalle indagini ma dalla mia inchiesta. La telefonata è arrivata al pronto soccorso ma non sono riuscito ad accedere a tabulati che possano rivelare l’autore della telefonata. È possibile che gli investigatori sappiano qualcosa in più.
Nel 2012, per le sue inchieste sul caso Claps è stato sospettato di “rivelazione di segreto di Stato”. È possibile fare giornalismo d’inchiesta in Italia?
Si è possibile, sotto l’aspetto legislativo è un lavoro garantito. Fare inchiesta è difficile perché comporta molto tempo da dedicare alle indagini e spesso i direttori dei giornali preferiscono cronisti più produttivi, che facciano uscire quotidianamente notizie. Io ho la fortuna di poterlo fare.
Altre inchieste in corso?
Di recente è uscito un nuovo e-book in cui analizzo i depistaggi sul caso Ilaria Alpi. Poi sto ancora seguendo il caso Anna Esposito. A giorni verranno fuori nuove notizie.