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La figura di un mullah che amava le rovine di Persepoli e si adoperò per avviare la protezione del celebre complesso monumentale dell’Iran antico anche da parte dell’attuale repubblica islamica è stata sottolineata da una fonte locale chiamata a rievocare il controverso assalto iconoclasta islamico cui sfuggì il sito nel 1979. Persepoli, situata a circa 60 chilometri da Shiraz, nel sud del paese, era stata una delle cinque capitali del primo e più esteso impero dei Persiani, quello achemenide di Ciro, Dario e Serse. Luogo emblematico del potere dei «Re dei Re», Persepolis piaceva molto allo scià Reza Pahlavi che nell’ottobre 1971 vi fece svolgere una grandiosa celebrazione per il 2500/o anniversario della fondazione dell’impero alla presenza di decine di capi di stato o loro rappresentanti. Le cronache dell’epoca riferiscono che all’indomani della rivoluzione islamica del 1979 alcuni fanatici armati di picconi e martelli puntarono su Persepoli per distruggerne i resti. Quella che già due anni dopo era considerata solo una leggenda, voleva che il leader della rivoluzione, l’Ayatollah Khomeini, dovette impartire l’ordine di fermare addirittura la mobilitazione di una schiera di bulldozer. Nel 1981 comunque veniva dato per certo che poliziotti e guardie armate due anni prima avessero disperso alcuni iconoclasti islamici. «Qui la gente vive e lavora in questo posto, e lo ama», ha ricordato uno dei più profondi e diretti conoscitori di Persepoli. «Non il mullah Khalkhali, che non amava questo luogo, perchè non lo conosceva», ha aggiunto l’uomo che, vista la delicatezza del tema, preferisce non comparire. Nel 1979, ricorda ancora la fonte che ha fama di essere attivo al sito Persepoli con vari ruoli da decenni, questo religioso islamico «se la prese con le lussuose tende che lo scià aveva fatto allestire per gli illustri ospiti delle celebrazioni proprio lì», aggiunge indicando strutture metalliche ancora in piedi tra pini. «Non ha avuto tempo di far danni al sito archeologico e comunque, se ci avesse provato, la gente si sarebbe opposta», dice in parziale contrasto con le cronache, le quali definisce frutto di «immaginazione ed esagerazione» nella parte in cui parlano di difesa armata del sito da parte di nomadi del posto. «Ma soprattutto – ricorda ancora con la faccia cotta dal sole e i capelli brizzolati che avvalorano i suoi ricordi di oltre 30 anni fa – c’era un altro mullah: Mosavinejad, uno dei più vicini a Khomeini e suo amico.Amava Persepolis e si mise di fronte a tutti per proteggerlo. Nelle riunioni che si facevano per decidere come tutelare il sito tutti i più potenti lo ascoltavano». Un’altra fonte, più giovane ma professionalmente informata sulla storia di Persepoli, ha ammesso che dopo la rivoluzione «ad alcuni non piaceva. Era un simbolo dello scià e dei suoi lussi nascosti nelle tende zappe di mobili lussuosi e tv modernissime e, dicevano, «se piace a lui non piace a noi». Mostrando bassorilievi di guerrieri persiani cui è stato cancellato il volto dagli islamici in epoca Safavide (XVI-XVIII secolo), ricorda che «l’islam più estremo» rifiuta la scultura delle membra umane. «Ma questa è storia antica», ha aggiunto riferendosi implicitamente alla cura che la Repubblica islamica dedica alla conservazione di queste rovine patrimonio dell’Umanità per l’Unesco proprio dal 1979, l’anno della rivoluzione a Teheran.