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“Su quella nave c’eravamo tutti”, ha ripetuto più volte il regista Daniele Vicari che ieri mattina ha presentato il suo nuovo film, La nave dolce, il vecchio mercantile albanese, Vlora, che l’8 agosto 1991, carico di ventimila persone, giunse nel porto di Bari.
Quella data segna l’inizio del nostro presente; da allora, infatti, gli arrivi degli stranieri in Italia sono stati trattati come emergenza continua, fino ad arrivare alla condanna dell’Italia, da parte del Tribunale Europeo, per la politica repressiva dei respingimenti del 2009.
Il materiale del film proviene in larga misura da archivi cinematografici e televisivi albanesi e baresi, e, partendo dalle riprese di operatori che documentarono con nitidezza e continuità quei giorni, gli sceneggiatori, Antonella Gaeta, Benni Atria e Daniele Vicari, hanno individuato alcuni preziosissimi testimoni diretti che hanno accettato di ripercorre la loro storia individuale e collettiva, rivivendola in prima persona. L’intreccio di immagini di repertorio e vita vissuta scorre su un set a sfondo bianco – pensato insieme al direttore della fotografia, Gherardo Gossi – che diviene lavagna luminosa delle emozioni dei testimoni affiorate nella loro totale e spontanea limpidezza.
All’indomani dall’approdo, dopo lunghissime operazioni di sgombero, gli albanesi furono rinchiusi nello stadio della Vittoria, allora completamente vuoto ed abbandonato, in attesa del rimpatrio. Quella decisione ha finito per identificare negli anni successivi lo Stadio della Vittoria come lo Stadio della Sconfitta – espressione utilizzata dal professor Franco Cassano – poiché in quelle giornate di agosto, esso si trasformò nel primo CIE (Centro di identificazione ed espulsione) e da allora si è iniziato ad adoperare parole come “extracomunitari”, “profughi”, “immigrati”, meri termini tecnici che fanno velo all’umanità di uomini, donne e bambini.
La storia de La nave dolce non appartiene quindi al passato ma continua, accade quotidianamente sulle coste di Otranto, Brindisi, Lampedusa, approdi dimenticati, di cui nessuno più scrive, ma che rappresentano vite, famiglie, affetti.
Quello che fu il primo respingimento di massa avvenuto in Italia è diventato il modus operandi della classe politica italiana che, come ricordava Vicari, “per non perdere l’elettorato ha perso la ragione perseguendo campagne xenofobe”.
Attraverso il materiale d’archivio e il lavoro coi testimoni il regista è riuscito, come già aveva fatto con Diaz, a tirar fuori il senso più profondo della storia della nave Vlora, ecco perché, in qualche modo, siamo tutti a bordo.
Il film che ha vinto il prestigioso “Premio Pasinetti” come “Miglior Film Documentario”, coprodotto da Apulia Film Commission, Indigo Film, Ska-Ndal e Rai Cinema e distribuito da Microcinema in ventotto copie a partire da oggi giovedì 8 novembre è in programma nelle sale italiane e del circuito D’Autore.