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Il grande artista non si smentisce mai! Eccolo, Paolo Panaro, in corpetto e papillon, ora più che mai nei panni dei personaggi russi: anche quest’anno infatti Bari vecchia si pregia di ospitare il ciclo delle “Direzioni del racconto” di Paolo Panaro, un appuntamento ormai divenuto tradizionale in cui l’estroso attore affascina il pubblico pugliese con le sue interpretazioni teatrali (da solo contro i colossi della letteratura), divertenti ma anche di stimolo alla riflessione, tratte dai grandi classici di ieri e di oggi, d’Italia e d’oltralpe. Ma ogni anno l’attore pugliese ci abitua a una sorpresa, aggiungendo nuovi pezzi al suo già notevole repertorio: così come l’anno scorso dava il lasciapassare (vedi lsdmagazine 17 Nov 2011), sempre tra le mura della Chiesa della Vallisa, al “Naso” di Gogol’, con divertentissime trovate per descrivere il più buffo dei personaggi anatomici della letteratura, in questi giorni Panaro ci vuole portare ancor più in profondo tra le vie di San Pietroburgo. Lo fa con grande successo, proponendo due altri testi molto intensi della letteratura russa, o meglio, più in dettaglio, tratti da quel grande coacervo di opere russe ambientate nella ex capitale che i critici chiamano il “testo pietroburghese”.
La sfida è colossale, attraverso la sagace interpretazione del nostro attore, prendono vita sul palco altri due protagonisti della letteratura russa: il funzionario pietroburghese Goljadkin, che nel “Sosia” di Dostoevskij deve vedersi duplicato e continuamente gabbato da un suo doppio che gli ruba il lavoro, la donna amata, la reputazione e infine l’equilibrio mentale; ma soprattutto il personaggio di Oblomov, tratto dal celebre romanzo di Gončarov. A mio avviso, qui Panaro raggiunge l’apice della sua maestria, riproduce con grande bravura i gesti più consueti, ma anche meno ordinari, dell’uomo inutile più celebrato della letteratura russa, il sognatore pantofolaio che vive a Pietroburgo e passa dal divano al letto, mentre il suo dispettoso ma fedele servitore Zachar’ lo spinge a “uscire” e il fraterno amico Stolz, che è il suo contrario, lo inizia inutilmente a una vita più attiva e laboriosa. Nemmeno l’amore per Ol’ga farà rinsavire Oblomov, che torna, come per effetto di un ciclo storico, al suo divano e alle sue fantasticherie. Sposa una donna buona e con poche pretese, che poi lascia sola dopo incontrando la morte per un colpo apoplettico. Intenso il finale della messinscena di Panaro, in cui la vedova di Oblomov insiste sulla necessità di “restare fino alla morte nel luogo dove si è nati” (proprio come sempre sognava di fare il protagonista del romanzo, fantasticando sulla sua Oblomovka), mentre Stolz e Ol’ga convolano. Ma più di tutto diverte Panaro interpretando Oblomov nelle sue più spassose reazioni e caratteristiche: l’infantile innocenza davanti al sospetto di essere imbrogliato, la commuovente timidezza davanti ai moti dell’amore, l’affetto fraterno per l’amico Stolz, l’assoluta infingardaggine con cui si gira da un lato a l’altro dell’elemento dell’arredo della sua casa polverosa che più lo caratterizza, cioè il suo divano.
Oltre al Naso, al Sosia e ad Oblomov, Panaro propone le sue interpretazioni nella cornice di altri testi di grande impatto: il Pentamerone di Basile, ma anche la grande letteratura francese, con «Madame Bovary» e la «Recherche» di Proust. Per le scuole anche Manzoni e Tasso. Le repliche si terranno fino al 16 dicembre, per informazioni e prenotazioni (queste ultime vivamente consigliate visto il successo di pubblico) si può telefonare al 333 1260425.