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Clamoroso successo per l’apertura della ventottesima edizione di "Aperitivo in Concerto". Il pubblico del Teatro Manzoni, accorso numerosissimo, quasi impediva di andare via ad uno degli ultimi baluardi della mitica scena jazz americana degli anni 50/60, ovvero Archie Shepp. Il tema di questa edizione è l’Afrocentrismo, e la scelta di aprire con il grande sassofonista americano non poteva essere più azzeccata, essendo lui, già dai primi anni 60, portavoce, tramite la sua musica, della rivendicazione e della denuncia della la difficile situazione degli afro-americani, che all’epoca era la più numerosa minoranza etnica presente negli Stati Uniti.
Shepp si presenta con il suo formidabile quartetto, che vede al piano Tom McClung, al contrabbasso Wayne Dockery e Hamid Drake alla batteria. Il concerto presenta un incipit energico, con il primo brano Hope #2, per poi evolvere nell’esplorazione delle profonde radici del suo spiritualismo, con la bellissima Revolution (Mama Rose), che egli dedica alla nonna (che ha conosciuto la situazione di schiavitù) e in questo pezzo Shepp si lascia andare ad una intima poesia cantata. All’interno delle trame e delle improvvisazioni di Shepp i Dar Gnawa si inseriscono dolcemente per poi incalzare con i loro ritmi ossessivi (marocchini di Tangeri) e ciò che ne scaturisce è fusion allo stato puro. Shepp improvvisa in perfetto stile Free (ricordiamo che Shepp con Coleman e’stato uno dei massimi esponenti del Free jazz).
E’ formidabile come Shepp a tratti ricordi Jhon Coltrane con cui, come noto, Archie Shepp ha collaborato anche in occasione di una delle più grandi opere della musica jazz, "A love Supreme" (anche se le incisioni di Shepp non furono incluse nel mastering finale). Il ritmo tribale, sincopato, incessante e martellante dei Der Gnawa si fonde con le ritmiche della grande tradizione jazz americana espresse dal contrabbasso di Wayne Dockery e dalla batteria di Hamid Drake, che a sua volta a tratti si estende verso sonorità ben diverse dal Jazz. Il risultato e’ una miscela esplosiva, dove i generi (afro, jazz, ma non solo, c’erano sprazzi di rock, nu jazz e jazz electro) si amalgamo, e il ritmo diventa visivo, attraverso i balli dei Der Gnawa. I confini della musica si sciolgono e si espandono, pur lasciando emergere precise e definite le origini dalle quali prende forma. L’anima nera di Shepp, abile orchestratore di questo progetto, si insinua nell’ottone del suo sassofono e gli da fiato, facendo vibrare un concetto di libertà, che solo la musica sa dare. Album di Shepp consigliato: Fire Music 1964, brano consigliato: Attica Blues.
Prossimo appuntamento di Aperitivo in concerto: 11 novembre – Idris Hackamore and The Pyramids.
Foto di Peter Necessany