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La distanza che passa tra Piombino, con le sue acciaierie, e l’Elba, non è solo il breve tratto di mare che separa la terra ferma dall’isola. Da una parte, come si vede in Acciaio di Stefano Mordini, passato alla Mostra di Venezia e dal 15 novembre in sala -distribuito da Bolero in 50 copie-, c’è infatti una classe operaia che arranca e giovani senza futuro. E, dall’altra, la gente che va in vacanza.
Il film, tratto dal romanzo d’esordio di Silvia Avallone (Premio Campiello opera prima e finalista al Premio Strega 2010) racconta la storia di due ragazzine, Anna e Francesca (Matilde Giannini e Anna Bellezza), alle prese con i primi turbamenti e con un futuro che si avvicina sempre più senza offrire però alcuna speranza. C’è poi nel film Alessio (Michele Riondino), fratello di Anna, operaio che arrotonda come può e tira spesso di coca, ma che fondamentalmente ha un solo vero obiettivo, restare ancorato al lavoro fisso all’acciaieria. Un lavoro che, tra l’altro, ama molto. Per lui un sola vera passione, quella per Elena (Vittoria Puccini), l’agiata figlia del dottore della cittadina che, dopo alcune esperienze di lavoro, si ritrova a tornare sui suoi passi come impiegata nella stessa acciaieria.
«Quando è uscito il romanzo – spiega oggi la Avallone in conferenza stampa – c’era un’Italia in cui non si parlava mai di lavoro, sembrava che non ci fosse il problema. Oggi, a differenza di allora, le aspettative non ci sono più: il film ricalca questa attesa senza speranza. Nel 2010 c’erano insomma energie, oggi ci sono invece solo incertezze epocali e gli operai hanno di nuovo fatto irruzione mediatica».
Mentre il regista, che ha appunto attualizzato all’oggi la sua storia, spiega: «Come raccontare l’operaio odierno rispetto a quello del 2010? Ora è tutto diverso. C’è, ad esempio, la consapevolezza da parte degli operai, che il lavoro non è più sicuro come una volta e che, quando lo si ha, va tenuto stretto». E ancora Mordini sul rapporto classe operaia-industria: «si può dire che oggi è come se mancassero i referenti. Le classi esistono ancora, ma il rapporto tra operai e capitale è totalmente cambiato. Una volta c’era un tacito accordo tra queste due parti, quello di garantire il futuro delle famiglie, oggi il neoliberismo ha deresponsabilizzato la proprietà e non c’è più dialogo».
Riondino, che ha frequentato per un certo tempo l’acciaieria di Piombino (la Lucchini, ndr.) sottolinea: «era molto importante entrare nella fabbrica e conoscere i ritmi. Bisogna capire cosa si sta facendo, stare con gli operai nella stessa mensa, vivere le squadre e capire soprattutto i silenzi e le attese che ci sono in questo lavoro».
Infine, la Avallone sottolinea che la distanza tra Piombino e l’Elba «è sia una metafora, sia la mia personale esperienza a Piombino dove non ci è venuto mai in mente di andare al mare all’Elba. Resta insomma una metafora tra i desideri e la vita».