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E arriva in sala, da ieri, l’atteso Viva l’Italia, opera seconda di Max Bruno da regista, dopo il grande successo di Nessuno mi può giudicare. E che anche questo sarà ben accettato dal pubblico, lo dimostra il fatto che il film uscirà con «500 copie, cifra tendente al rialzo». Il cast è approdato al cinema di Galleria questa mattina per una conferenza stampa per la stampa pugliese. Presenti all’incontro c’erano gli attori Raoul Bova, Camilla Filippi e Rocco Papaleo introdotti dal critico cinematografico Carlo Gentile.
Il film è un ritratto di famiglia di un politico potente, del partito, appunto, «Viva l’Italia». È la fotografia italiana questo nucleo familiare: Bova è il figlio ribelle, Ambra Angiolini la figlia attrice cagna, Gassman il dirigente stupido. Tutti aiutati dal padre, nessuno escluso. Che un giorno, a causa di un coccolone, viene costretto da una forma di demenza molto particolare a dire sempre la verità. Tutta la verità, a tutti. «L’idea di infilare dentro questa storia la lettura di alcuni articoli della costituzione è venuta a sceneggiatura già in corso. Con Falcone (cosceneggiatore e qui anche attore, nella parte dello stalker di Ambra), ci dice Bruno, avendo fatto entrambi giurisprudenza, abbiamo pensato che dalla costituzione potevamo tirare fuori un pò di idiosincrasie col paese. Mi sono messo come narratore, come puntello della storia, per mostrarne i grotteschi tradimenti a quella carta che abbiamo fatto.
Viviamo in un paese in cui è molto complicato gestirsi lavorativamente, – continuna – è difficile avere un posto se non sei raccomandato, se sei bravo ti tocca partire. Non saremo al livello della Spagna, ma la meritocrazia in questo paese l’abbiamo superata da tempo. E certo si può ridere sugli aspetti più grotteschi del nostro paese, ma pur sempre con una risata amara». Alcuni lo accusano di aver fatto un film grillino. «Grillo? A volte ha ragione, ma dice le cose con troppa violenza. E comunque questo non va bene, per me, per il mio animo democratico.
La commedia in quanto tale credo debba essere l’espressione artistica ma anche politica del cinema. La commediola degli ultimi 20 anni ce lo ha fatto dimenticare, ha portato via il cotè sociale che la nostra grande commedia ha sempre avuto. Volevamo raccontare la volgarità di questo paese, la comicità involontaria degli eventi, la pochezza e l’arroganza della sua classe dirigente. Ma ci hanno detto dal 1994 che pensare fa male. La grande guerra, Il Sorpasso, Il Dramma della Gelosia ci hanno fatto ridere fino alla fine, in cui piangi. Quello che mi interessa dire è che in Italia non è tutto marcio, si può trasformare cambiando la nostra testa e quella degli altri. E alla vigilia delle elezioni più importanti degli ultimi vent’anni tutti dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, per un voto informato, per far riflettere». Bruno è molto deciso, e Rocco Papaleo, qui agente d’attrici che si finge gay precisa. «Siamo artisti e non politici possiamo dire quello che vogliamo!».
Foto di Annamaria Natalicchio
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