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Come descritto nella precedente chiacchierata col direttore artistico Gianni Gualberto, quest’anno la prestigiosa rassegna Aperitivo in Concerto, per la sua ventottesima edizione al Teatro Manzoni di Milano, apre la sua “finestra sul mondo” mostrandoci le mille sfumature della musica Africana, non solo nella sua espressione pura, ma anche, e soprattutto, nel suo modo incredibile di influenzare la musica di tutto il mondo.
Credo che moltissima gente non si renda conto di come quasi tutta la musica che oggi ascoltiamo, dal rock, al pop, al funky, al jazz, al blues, sia nata da delle radici africane. La condizione di schiavismo, o di povertà che ha portato gli africani a ritrovarsi in Europa o nel Nuovo Mondo, ha visto una sorta di riscatto proprio nella musica. La musica era una specie di cordone ombelicale con la propria terra di origine e al tempo stesso un forte elemento aggregativo, tanto da determinare il formarsi di vere e proprie comunità tribali. Le sonorità, le tradizioni e il ritmo africani divenivano spunto di creatività per l’evolversi di nuovi generi. Il Jazz, nel ventesimo secolo, si può dire abbia fatto da araldo e da battistrada per la riscoperta ed il riconoscimento della cultura africana.
Aperitivo in Concerto, nel suo percorso orientato sull’afrocentrismo, prende il suo avvio con due concerti particolarmente significativi, perché affianca delle leggende del Jazz a delle formazioni africane profondamente legate alle tradizioni tribali.
Il 28 Ottobre, uno fra gli indiscussi protagonisti della musica improvvisata del Novecento, il sassofonista Archie Shepp, si affianca al gruppo Dar Gnawa, storica e affascinante formazione di Tangeri che per antica tradizione rievoca la cultura degli schiavi neri dell’Africa sub-sahariana portati dagli arabi in Marocco: la loro musica fonde i ritmi africani con l’estasi delle ascensionali melodie arabe, creando un’incredibile base musicale per i virtuosi improvvisati del sassofono di Shepp. Questo incontro è già avvenuto una volta, più di 40 anni fa, nel 1969, quando Shepp, alla riscoperta delle radici africane del jazz, si esibiva ad Algeri per una leggendaria edizione del Festival Panafricano. Un incontro storico e affascinante, quello con i Dar Gnawa, arricchito inoltre dalla presenza di un eccezionale batterista e percussionista come Hamid Drake.
Il secondo appuntamento è previsto 11 novembre, e vede protagonista il sassofonista Idris Ackamoor, con il proprio gruppo, The Pyramids. Ackamoor è stato uno dei leader, negli anni Settanta, di quell’afrocentrismo che rappresentò la riscoperta dello storico legame spirituale esistente fra il jazz e il mondo africano realizzando con The Pyramids, una serie di straordinarie registrazioni musicali. Non avremo solo un concerto, ma una vera e propria performance, nella quale si mischiano jazz, libera improvvisazione, ritualità, ritmi africani e trascinanti scansioni funk, condensandosi in un acceso spettacolo teatrale, arricchito, negli anni, dalla permanenza di Ackamoor e dei suoi musicisti in nazioni africane come Uganda, Etiopia, Ghana, Kenya e Marocco.
Il 18 Novembre il protagonista sarà il celebre bassista Michael Henderson, che fu, dal 1970 al 1977, una delle colonne portanti dei gruppi di Miles Davis nel periodo della cosiddetta “svolta elettrica”.
Henderson è stato difatti protagonista di capolavori discografici come Live-Evil, Pangæa, A Tribute to Jack Johnson, On The Corner, Get Up With It, Big Fun, Dark Magus, nei quali l’estetica improvvisativa, nasceva appunto dal fondersi del jazz con i ritmi incalzanti della nuova musica popolare afroamericana. A oltre trent’anni da quell’indelebile esperienza, Henderson, a capo di un gruppo che comprende anche Badal Roy, artista fondamentale nei gruppi elettrici di Davis, ne ripercorre alcuni passi fondamentali e ne ripropone, senza alcun intento nostalgico, l’incancellabile e mai superata attualità, a capo di uno straordinario gruppo di strumentisti.
Il 25 Novembre si presenta al pubblico italiano uno fra i più grandi e acclamati artisti africani, il trombettista sudafricano Hugh Masekela, musicista straordinario, poeta inarrivabile, protagonista della lotta contro l’apartheid. Masekela, con Abdullah Ibrahim e Miriam Makeba, dagli anni 60, ha contribuito a divulgare il patrimonio musicale sudafricano in tutto il mondo unendolo alla pratica del jazz.
Il suo universo musicale si distingue per l’originalità con la quale fonde le più antiche radici della cultura africana alla modernità dei più attuali orizzonti musicali. Un evento imperdibile.
Il 2 dicembre è la volta di una formazione di “funambolici virtuosi”, un’orchestra di altissimo livello, la Millenial Territory Orchestra, in cui militano musicisti come Ben Allison, Ben Perowsky, Charles Burnham, Peter Apfelbaum, capitanata dal celebre trombettista Steven Bernstein, e supportata dalla collaborazione di un solista del calibro di Bernie Worrell alle tastiere, mitica leggenda del jazz, del soul e del funk. Prendendo spunto da una frase del critico Joel Selvin, che dice: “ci sono due tipi di musica nera: la musica nera prima degli Sly Stone, e la musica nera dopo gli Sly Stone”, il progetto si concentra verso una rilettura delle musiche di Sly & The Family Stone, il gruppo rock d’estrazione afroamericana che negli anni Settanta diede un contributo fondamentale allo sviluppo della musica soul, funk e psichedelica.
Il 16 dicembre è dedicato ad una donna che regalerà al pubblico un’entusiasmante spettacolo non solo con la rilettura delle radici africane, rievocandone i riti arcani con sofisticate elaborazioni timbriche, ma anche attraverso danza, fisicità, poesia corporale. Parliamo della flautista Nicole Mitchell, considerata una fra le più grandi virtuose di flauto sulla scena mondiale. A Milano si presenta con una formazione inedita e di particolare fascino, il Black Earth Ensemble, in cui spicca la presenza di un altro appassionante virtuoso, Ballaké Sissoko alla kora.
Il 20 gennaio vede inaugurarsi il 2013, con una prima mondiale, alquanto particolare. Il ritmo africano esplode nella figura del famoso percussionista Hamid Drake, confrontandosi con le austere sonorità di una cultura nord europea. Difatti il Punkt Festival si trasferisce al Teatro Manzoni, portandosi dietro il mondo inquieto delle brume e dei fiordi di Nielsen e Sibelius, i norvegesi Eivind Aarset (eccellente ed originale chitarrista, a lungo collaboratore di Ketil Bjornstad, Dhafer Youssef e Nils Petter Molvaer), Jan Bang ed Erik Honoré (maestri dell’elettronica, ideatori del Punkt Festival), Arve Henriksen (affascinante trombettista dalle magiche sonorità), Grieg e Halvorsen. La curiosità per un simile esperimento è decisamente alta! Quali saranno i punti di incontro sonoro fra il nord e il sud del mondo?
Il 27 gennaio è in arrivo un vero e proprio musicista del mondo. Arun Ghosh è un clarinettista bengalese, trapiantato nel melting pot londinese. Arun ha intrapreso un lungo viaggio musicale, dall’India all’Africa, assorbendo un’incredibile quantità di ricchezze espressive, e di linguaggi musicali, trasportandoli nel jazz.
Difatti, nelle sue creative improvvisazioni, Arun affianca all’eredità afroamericana del jazz, i ritmi della musica rock più urbana, la disinibizione del punk, la caleidoscopica tradizione bengalese, ma anche accenti di cultura musicale zingara e yiddish, come quello del klezmer.
Il 3 febbraio è previsto il ritorno al Teatro Manzoni, di un bassista, produttore e compositore che si è spesso dedicato, nella sua carriera, all’Africa e alla rilettura delle sue molteplici sfaccettature musicali, Bill Laswell. Questa volta arriva accompagnato da un tastierista dalla genialità fuori del comune come Bernie Worrell (figura storica della più sofisticata musica popolare afroamericana), per spingere la ricerca verso le origini del punk e del soul, e dal DJ Krush, per arrivare fino all’hip hop e al trip hop orientali (Dj Krush, infatti, è considerato il padre dell’hip hop giapponese).
I successivi due appuntamenti sono ancora una volta dei tributi e delle riletture del percorso musicale di due miti della musica, fortemente influenzati dall’afrocentrismo musicale, ossia James Brown e Prince.
Il 10 febbraio è la volta di Dee Alexander, una fra le più affermate vocalist sulla scena internazionale, che ci presenta James Brown in una sua personalissima interpretazione.
Il 17 febbraio invece è il trombettista Taylor Ho Bynum, che si lancia nella renterpretazione di una figura unica e carismatica come quella di Prince.
Il 3 marzo si conclude l’edizione 2012-2013 della rassegna, in un quasi un sontuoso riassunto, in prima europea, il nuovo quintetto di Dave Douglas, che vede la partecipazione dell’eccezionale cantante Aoife O’Donovan e di un fenomenale, quanto giovane, contraltista come Jon Irabagon. Un excursus complesso ma spettacolare che tocca più punti della storia della musica improvvisata, dalle ballate tradizionali alla nuova improvvisazione, dall’ironica rievocazione degli anni trenta al post-bop al song, creando una specie di sintesi del senso stesso di questo cartellone di “Aperitivo in Concerto”.
Tutti gli spettacoli si svolgeranno alle ore 11:00 al Teatro Manzoni di Milano
Foto di Dave Douglas di Mariagrazia Giove