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"Ballet for life – Le Presbytère n’a rien perdu de son charme, ni le jardin de son éclat" è il titolo di una delle più note creazioni degli anni Novanta del coreografo Maurice Bejart che è di scena da ieri al 21 giugno al Teatro Petruzzelli.
Gli splendidi corpi dei ballerini e l’uso prorompente della musica e della luce esaltano gli splendidi costumi disegnati da Gianni Versace definendo alla perfezione il rapporto tra gravità e leggerezza che era la caratteristica peculiare del grande coreografo scomparso nel 2007.
Basta pronunciare il nome del grande Maurice Bejart per fare un amarcord degli anni più prolifici del politeama barese, che grazie all’allora gestore del Ferdinando Pinto vide esibirsi a Bari alcuni dei più importanti artisti del secondo Novecento. "Balllet for file" è un’opera della maturità artistica di Bejart, che affronta il tema della morte per viam negationis. Morte e vita si affrontano. L’una è immanente nell’altra ma tutto resta dinamico, vitale, conforme al minimalismo bejartiano, all’eclettismo, all’uso sapiente dirompente e folgorante di tutti i fattori e gli elementi della scena. In questo eterno rapporto fra vita e morte, pieno e vuoto, luce e buio, rumorosissima solitudine e moltitudine in divenire, silenzio agghiacciante e musica assordante, il pubblico barese percepisce, sbigottisce, gode dei singoli gesti. Grand jeté terrestri e pirouette celesti precludono il passo alla stanchezza della tensione atletica, spogliano di orpelli inutili il balletto e, per contro, esaltano lo spettacolo riempiendolo di voci urlate e luci abbaglianti, di cambi improvvisi di scenografia e fotografia. "Le Presbytère n’a rien perdu de son charme, ni le jardin de son éclat". "Il Presbitero non ha perso nulla del suo fascino, né il giardino, la sua luminosità". Questa è una citazione criptica da Gaston Leroux che può essere letto più volte nel suo romanzo "Il mistero della camera gialla". Molto è stato scritto su questo libro, che è stato spesso presentato come un classico del romanzo poliziesco: con un mistero basato su un reato commesso in una stanza dove non c’è via d’uscita o in cui non si può entrare. E’ proprio qui, nella particolarità del romanzo di Leroux, divenuto un Classico nonostante la propria natura sui generis, che meglio si può comprendere – per confronto – "Ballet of Life". Tutti i protagonisti di quest’opera Freddie Mercury, eroe della musica del secondo Novecento, Jorge Donn, evocato quale ispiratore e protagonista della più corposa produzione di Bejart, Gianni Versace, stilista – autore degli splendidi costumi, e lo stesso Bejart, hanno fatto scuola con la loro opera provocatoria, di rottura e restano un unicum irripetibile e difficilmente imitabile, proprio come "Il mistero della camera gialla" dove le sorprese che attendono il lettore creano una vera sfida alla logica. Il difficile compito di continuare "la ricerca dell’assassino" – segnalato come suggerisce il testo di Gaston Leroux nei luoghi più strani dei cinque continenti – spetta ora a Gil Roman direttore artistico della Béjart Ballet Lausanne che continua a portare la tradizione del maestro in giro per il mondo.