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Gli Avvolte vengono da Torino, città a vocazione industriale e importante snodo musicale italiano. Memore delle proprie radici, il gruppo cerca di incastrare il rock tra le stridenti lamiere di una acciaieria attraverso la diffusione di Nessuna Rete, brano di punta dell’ultimo full-length L’essenziale è invisibile agli occhi. “Martire e schiavo/ anni di frusta/ la fine ingiusta che tuona”: con accento solenne, eppure rassegnato, Christian Torelli (cantante e chitarrista del gruppo) formula un’equazione frequente e spietata. L’incidente avvenuto alla ThyssenKrupp il 6 dicembre 2007 è motivo ispiratore del pezzo. A causa di misure di prevenzione carenti, alcuni operai della “linea 5” restano vittime di una strage evitabile. Un incendio divampa e sprigiona fiamme che si attaccano come una seconda pelle al corpo di sette operai. Le loro esistenze cancellate, quelle delle loro famiglie gravate da un fardello inamovibile. Un fatto per nulla raro nelle fabbriche e nei cantieri italiani. Una materia delicata che in Nessuna Rete trova la giusta ambientazione in un luogo indistinto, più idoneo ad assumere contorni universali. Lo stile è sensibile e intenso grazie anche al coinvolgimento di Lydia Lunch, voce narrante di una introduttiva poesia autografa. Dal brano è nato anche un video/cortometraggio girato in collaborazione con il regista Marco Danieli, fruibile per tutto questo mese grazie ad un esclusivo DVD distribuito gratuitamente con il mensile XL di Repubblica.
L’essenziale è invisibile agli occhi rileva la pochezza umana nel rapportarsi a colossali eventi del nostro piccolo mondo e ne scruta il riflesso attraverso atteggiamenti incerti, sentimenti precari. Spunti di riflessione si levano, tra questi la suggestiva citazione presa a prestito da Il piccolo principe di Antoine De Saint-Exupéry, premurosamente riadattata per trovare spazio tra gli spigoli di Per essere viva ("Non sarà dei miei sensi la vista a indicarmi qual è il giusto verso"). Istantanee carpite al quotidiano coabitano con il gravare di inquietudini sbucate dallo scrigno dell’inconscio. Un aspetto preponderante quest’ultimo in cui, insieme a Torelli, Eugenio Ieracitano (chitarra), Davide Cortese (basso) e Mario Arisci (batteria) aumentano o digradano la tensione sonora per evocare spettri materializzati con parole calibrate e resi ancora più inquieti dai disegni (contenuti nel booklet) di Greta Lizard, in cui il bianco si fa sfumatura di un nero trionfatore in conformità al mood “dark” delle composizioni.
La musica dei torinesi fluttua energica – Cosa rimane, Resaca e Apnea – ma lascia in sospeso il colpo incisivo, l’affondo da knock out che vedrebbe questo disco ammesso in una categoria superiore. Un dettaglio quasi trascurabile per una produzione che contempla nobili intenti.
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