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È incredibile come quattro persone che quasi non si conoscono, riescano ad entrare subito in sintonia e a creare un’atmosfera così coinvolgente. Il segreto è che parlano la stessa lingua, quella del Blues. Con queste parole Eugenio Finardi svela il segreto del successo di questo secondo appuntamento di Music Club, Round Midnight, la rassegna ideata da Enzo Gentile al Teatro Dal verme.
Ho avuto la fortuna di essere in teatro già dal sound check e di pregustare lo spessore di ognuno di questi quattro personaggi e di cogliere il gioco e lo scambio che avrebbero portato sul palco, e già sapevo che l’idea di Gianluigi Bresciani (Geomusic) di portare questo spettacolo in Italia, e quella di Enzo Gentile di portarlo in questo teatro, avrebbe sorpreso il pubblico con una festa dal nero gusto d’america. Ma il pubblico non se l’aspettava, non così, ed è stato molto divertente ascoltare i pareri della gente che usciva entusiasta e si affrettava a comprare cd.
Guy Davis, Eugenio Finardi, Fabrizio Poggi e Francesco Piu, questi i nomi delle quattro anime blues che hanno ringhiato e ululato in questa calda notte milanese(prima che il vento e la pioggia turbassero il nostro cielo).
Guy Davis: non è solo un chitarrista e cantante blues di prima classe, ma anche un prolifico attore, un grande songwriter e uomo di teatro. Figlio di Ruby Dee (attrice, poetessa, sceneggiatrice, nonché giornalista e attivista politica statunitense) e di Ossie Davis (famoso attore, regista e attivista per i diritti civili), per i quali, la vita di tutti i giorni, l’arte e l’impegno sociale erano una cosa sola, e hanno fatto si che Guy crescesse e sviluppasse i suoi talenti rimanendo profondamente legato alla storia culturale delle origini afroamericane. Basti pensare ad alcuni nomi che frequentavano la famiglia Davis (Martin Luther King Jr, Malcolm X, Jesse Jackson. Lo stesso Ossie ha tenuto il discorso ai funerali di Malcolm.) Ossie Davis diceva: “Una mente è una cosa terribile da sprecare”. E quando una mente come quella di Guy si esprime col blues…lascio immaginare, a chi non c’era stasera, cosa ne può venir fuori. In questa serata si è festeggiato il sessantesimo compleanno di Guy, ma nessuno gli avrebbe attribuito questa età, perché il suo aspetto e la sua energia sono quelli di un ragazzo. E la profondità dei suoi occhi sa di vita, di forza e di musica, e non si può non rimanerne affascinati.
Eugenio Finardi: anche lui è cresciuto in una famiglia musicale (la madre cantante lirica americana, il padre tecnico del suono), ed ha una storia artistica decisamente lunga e articolata. Da quando incide il suo primo disco all’età di 9 anni, abbiamo visto la sua anima di poeta e musicista esplorare diverse sonorità e percorsi musicali.
Nasce con un rock italiano più tranquillo, per arrivare ad un rock forte e ringhioso, combattivo e impegnato nel quale la componente musicale ha lo stesso peso del testo. Poi si ritrova in un momento della sua vita personale dove non può che cambiare genere e produrre un disco più intimo e dolce, che pone le basi per una ricerca di sogni trasportata in musica. Dopo un lungo periodo di successi personali, ma anche ricche collaborazioni, nel nuovo millennio Eugenio comincia a sentirsi sempre più stretto nel ruolo di cantautore, e si appassiona sempre di più all’interpretazione pura, in un progetto artistico che mette al centro la Musica. La purezza del suono si sposa con il rigore degli arrangiamenti e l’improvvisazione. E la voce di Eugenio sembra crescere costantemente per estensione, tecnica e sensibilità interpretativa. Ma arriviamo al 2004 che è il periodo che più ci interessa oggi. Ritrovando vecchi compagni di viaggio (Pippo Guarnera e Vince Vallicelli), Finardi ritrova la voglia di suonare la chitarra elettrica e la sua vena Blues, che è sempre stato il segreto rifugio della sua metà americana. Ed è questo il Finardi che c’era ieri sul palco. Una voce squisitamente blues, calda e profonda, che si sposa perfettamente con le modulazioni della chitarra e che ad ascoltarla fa dimenticare (almeno così è successo a me) tutto il suo passato musicale. Una voce che sembra cresciuta fra le strade di Chicago e arrivata qui a Milano.
Fabrizio Poggi: “C’è un luogo nel nostro cuore dove anima e passione vivono insieme. Lì ci possiamo incontrare”. Questa è la frase che ci “accoglie” all’ingresso del sito personale di Fabrizio Poggi, e che introduce bene l’uomo che ritroviamo sul palco al fianco dei grandi artisti sopra citati. Ho avuto il grande piacere di conoscere Fabrizio e Angelina, la sua compagna nel lavoro e nella vita, quando Fabrizio ha suonato con Bob Margolin, e sono rimasta sin da subito colpita dalla loro semplicità e dolcezza e dal modo estremamente spontaneo e naturale con il quale condividono, fra di loro e con chi gli si trova di fronte, il loro grande amore per la musica, e per il blues. Il sorriso di Fabrizio sorprende e coinvolge quasi come quando prende in mano la sua armonica e tira fuori la sua anima, soffiandola e facendola tremare dentro i fori di questo piccolo strumento. Quello che ha espresso in questa serata sul palco non ha bisogno di commenti da parte mia, ma è stato dimostrato dal pubblico che ha accolto il suo assolo con una calorosa ovazione. Ma il talento di Poggi non si limita all’armonica. Ascoltando i suoi ultimi cd (Spirit & Freedom e Live in Texas), ho scoperto una voce, la cui profondità e melodia riportano la mente ad un viaggio fra l’americano rock blues di Bob Dylan, la musica nera della Louisiana, e i cantautori roots texani.
Francesco Piu: Prodigioso one man band che viene definito dalla rivista Guitar Club"una vera e propria forza della natura!", è il più giovane sul palco, ma la sua grinta non lo fa esser da meno degli altri. Ha un modo tutto suo di battere le dita sulle corde della chitarra e dargli energia. Non so se la sua originalità nasca dal suo studio autodidatta, fatto sta che la sua forza espressiva lo ha portato sui palchi dei più famosi festival blues, italiani e internazionali, persino a Memphis, nel Tennessee, che è una delle principali tappe della Blues Highway (la rout 61, ossia la via del blues che va da Chicago a New Orleans) rappresentando il blues italiano all’International Blues Challenge. E le sue chitarre hanno avuto un ruolo importante anche durante questo concerto, dove ha duettato magistralmente con Guy.
Ebbene, questi quattro personaggi, per una sera hanno mischiato la loro anima blues per creare un cocktail dal sapore forte e avvolgente, ubriacando il pubblico del Music Club.
Geomusic li riporterà in tour questa estate, invito chi non c’era a non lasciarseli sfuggire ancora.
Dopo i primi due riusciti appuntamenti di Round Midnight, Enzo Gentile porterà al Dal verme Memorie di Adriano, ossia quello che è stato il Clan di Celentano, in divertenti arrangiamenti interpretati da Beppe Servillo, Rita Marcotulli, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, Furio Di Castri e Mattia Barbieri, lunedì 14, questa volta alle 21.
Foto di Mariagrazia Giove, riproduzione non consentita.