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A Milano c’è una ex fabbrica di catene d’oro, trasformata da Massimo Genchi Pilolli in uno dei tempi della musica dal vivo della città. Il nome, alquanto singolare, è La Salumeria della Musica, e già fa intendere che la musica qui dentro si può veramente “gustare”. Sono innumerevoli i grandi nomi che hanno calcato il palco di questa struttura post-industriale, e anche i generi che si possono ascoltare, dal jazz, al soul, il funky, il blues, il rock, o in cantautorato. Ma il bello di questo luogo è che non è mai diventato un club d’elite, dove la musica viene “venduta” profumatamente ad un pubblico appassionato. Qui la musica è amata e vissuta, prima di tutto da Massimo, il titolare,da Marzia, la barista, e da tutti gli habitué di questa specie di circolo degli artisti , dove ogni artista si sente un po’ a casa. E uno di questi habituè è Folco Orselli, cantatore e compositore milanese, che ieri sera ha “confortato” il pubblico della Salumeria, presentando l’ultima sua opera: Generi di conforto.
Folco non è un artista che sale ai vertici delle hit, non è un prodotto musicale, non viene rilanciato a palla nelle radio. Perché lui è un cantautore vero, quasi demodé al giorno d’oggi, un musicista alla Tenco, o alla DeAndrè, alla Gaber, un artista da salotto, che con la musica sa toccarti, e che nei suo occhi ti fa guardare le storie che racconta. Un outsider, come lui stesso si definisce, che non è nella fascia dei grandi e vecchi artisti della musica italiana, e non è nemmeno fra i tormentoni che muovono le folle di giovani, ma cmq è un compositore che ha qualcosa da dire. ”Out side is my side!” Ironizzando, racconta sul palco che con questo album, a chi gli chiede che genere suoni, può finalmente rispondere “un genere di conforto!”. Come lui ci racconta: “Le tracce del disco hanno a mio parere le stesse caratteristiche del cioccolato, delle sigarette, di un cordiale sorseggiato quando fa freddo, di una coperta sotto cui addormentarsi, di un fuoco e di un abbraccio.”
Un genere confortevole quindi, che mette a suo agio ogni ascoltatore, soprattutto perché Orselli, sia con le note che con le parole, sfiora i alcuni sentimenti di amore, gioia, malinconia, o rabbia (sentita ma non urlata) verso una società finta,sentimenti di cui la gente ha bisogno, soprattutto nel contesto storico nel quale stiamo vivendo.
Il suo essere eclettico, lo porta a navigare fra blues, funky e jazz, a seconda del messaggio che vuole trasmettere. Nei suoi primi album (“La stirpe di Caino”, “La spina”) il blues fa da padrone e le storie sono quelle di donne di passaggio, di locali fumosi, di notti di alcool e note, ma ci sono anche perle di romanticismo cantautorale, come “L’amore ci sorprende”, grazie al quale Folco è Vincitore del Premio della Critica, Vincitore del Miglior Testo e vincitore Assoluto votato dal pubblico nell’Edizione 2008 di Musicultura (già Premio Recanati).
Poi ha avuto un cambiamento di percorso e la scelta sonora e compositiva del suo album Milano Babilonia diviene tutto tranne che un linguaggio cantautorale. È un disco più rabbioso, più veloce, dove il blues è di contorno col funk e col soul. Di seguito si sposta verso un rock psichedelico con gli Arm on Stage e il loro album Sun glasses under All Stars.
Invece, con questo ultimo album, lo stile ritorna un po’ ai suoi esordi, ma non allo stesso modo, rielaborato. È come quando indossi una giacca, che è la tua, quella che ti identifica, e un giorno pensi che un capo nuovo possa essere più alla moda, più alternativo, e ti piace indossarlo. Dopo tempo decidi di riprendere la tua giacca, perché ti manca, gli aggiungi dei bottoni nuovi, una toppa per coprire un buco, ed esci di casa e la gente sorride, perché ti riconosce di nuovo in quello che tu sei veramente. Questo almeno è l’impatto che ho avuto ieri sera, ho risentito le emozioni che percepii dieci anni fa, quando l’ho sentito per la prima volta in concerto. Ho ritrovato quella che è la sua capacità di entrare nelle storie degli altri, viverle dentro di se e poi ritirarle fuori con una canzone, parlando ora di un barbone, ora delle cinque terre violentate da un mare di fango, ora del mondo che gira attorno ad una piazza di confine, come piazzale Maciachini di Milano. E per regalare enfasi ai suoi racconti sperimenta un nuovo gioco di strumenti, prendendo spunto dalle musiche da film. Ma nel cinema le colonne sonore danno valore e potenza alle immagini, in questo caso la musica stessa crea le immagini. Per fare ciò Orselli introduce un quartetto d’archi (le Art quartet: Doriana Bellani violino, Anita della Corte violino, Silvana Shqarthi viola, Alessia Vercesi violoncello) e si accompagna ad una nuova formazione, eliminando la voce dei fiati, ed introducendo le vibrazioni dell’hammond (Vincenzo Messina pianoforte ed hammond, Stefano Brandoni chitarra elettrica, Fulvio Arnoldi tastiere, Leif Sercy batteria, Piero Orsini contrabbasso).
Durante questo concerto Folco aveva la febbre, ma non si è lasciato sopraffare dai brividi e dal calore che sale quando sei sotto effetto di antipiretici. È salito sul palco in compagnia di un asciugamano verde, e ha ammaliato il pubblico come sempre. Anche il grande Vincenzo Costantino Cinaski è salito accanto a lui a leggere una poesia musicata, per preannunciare una loro collaborazione, ma non sveliamo ora i particolari.
“Generi di conforto” – prodotto dalla Muso Records, la sua(di Folco) nuova etichetta (sempre perché lui è outside!)
Foto di Mariagrazia Giove, riproduzione non consentita.
salumeria della musica
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