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Il teatro lirico è teatro totale e nella valutazione della ricezione estetica di uno spettacolo dal vivo rientrano elementi assai cospicui e differenti tra loro. Certo i cultori del gusto, i melomani professionisti, avranno da dire su vari aspetti, addebitando le carenze che essi sono pronti a vedere comunque e dovunque, ai problemi finanziari, politici, istituzionali.
Diremo subito che questo Spettacolo ci è piaciuto anche se non ha suscitato emozioni particolari. Il senso dell’opera buffa viene mantenuto e rilanciato a pieno grazie ad una regia sapiente che riesce ad ottimizzare i mezzi, le strutture a disposizione ed il materiale umano davvero versatile. Qui i cantanti – se lirica è recitar cantando – si superano di continuo, si inseguono, dimostrando una presenza scenica da far invidia ai più consumati attori del teatro contemporaneo. E’ la regia il punto forte di questo Barbiere. Denis Krief fa pienamente riscoprire l’attualità di un intreccio tipicamente italiano, se non italiota, svela come quella del Barbiere sia la solita solfa che, da Plauto a Monicelli, e fino ai Vanzina, varia se stessa e si ripete all’infinito, con impercettibili quanto infinite trovate brillanti. Gli elementi ritornano in un perfetto melange, così nella serenata tra Rosina e Lindoro sembrano ritrovarsi non solo "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli, ma anche il celebre "provare provare provare" di Non ci resta che piangere in cui, al di là dell’hortus conclusus, Troisi a cavalcioni di Benigni "canta" la sua dichiarazione d’amore a Stefania Sandrelli con il pretesto della palla. I rimandi sono evidentissimi anche ad altri momenti della storia cinematografica italiana. Berta, cameriera di Bartolo (interpretata dalla bravissima Nora Graham-Smith) prepara il pasto su di una cucina bianca in un ambiente ristretto e con gesti flemmatici che rinviano direttamente a tutta la commedia all’italiana di Risi, Monicelli e De Sica, intrecciandosi con il più vivace Ettore Scola durante la battaglia con le molliche di pane inscenata da Don Basilio (Evan Hughes) e Don Bartolo (Filippo Polinelli). Allo stesso modo Rosina (Ekaterina Metlova) si muove con atteggiamenti che vorrebbero ricordare le movenze di Sofia Loren che interpreta una sottovalutatissima Filomena Marturano nello splendido "Matrimonio all’italiana" di Vittorio De Sica.
La regia, quindi, scavalca le didascalie del libretto, le spaùra, le forgia a sua immagine e somiglianza, le piega alle necessità, le innova grazie ad una costruzione parasintattica notevolissima in cui il significato e il significante del linguaggio teatrale presuppongo una ricerca formale indipendente rispetto alle tipicità dello stile tipico del teatro Lirico. E’ forse questa la principale ragione del mio personale gradimento.
L’esecuzione offerta dall’Orchestra e dal Coro del Teatro Petruzzelli è stata molto attenta. Un particolare plauso va all’indirizzo del maestro Giuseppe La Malfa che con il suo clavicembalo ha saputo sottolineare i principali recitativi facendo da collante tra tradizione e innovazione. La sua esecuzione con uno lo strumento tipico del "recitar cantando" risente certamente delle propria sensibilità di direttore d’Orchestra apprezzatissimo recentemente nella difficile direzione della Medea con Eleonora Abbagnato. Il controllo dell’Orchestra da parte del maestro Maazel è totale. I tempi sono giusti, efficaci nei cambi di ritmo soprattutto nella Ouverture, nella ben nota aria di sortita o cavatina di Figaro "Largo al factotum" e nel finale del primo e secondo atto.
Proprio sui due finali è necessario spendere qualche ultima parola poiché nei momenti corali questo Barbiere mostra la sua forza. Scenografia, e luci danno il meglio di sé, l’orchestra incalza, i figuranti quasi perfetti si profondono in interpretazioni di statue, di passanti, di barbieri di Siviglia e non.
Il concerto è totale, i piani di narrazione-esecuzione, come sulle righe del pentagramma, si fondono senza confondersi, si presentano nel tempo e nello spazio in maniera più efficace esaltando la personale visione della società italiana di Denis Krief che non sembra poi tanto distante dalla gozzaniana "Signorina Felicita", in cui il poeta dichiara candidamente: Ed io non voglio più essere io! / Non più l’esteta gelido, il sofista / ma vivere nel tuo borgo natio / ma vivere alla piccola conquista / mercanteggiando placido, in oblio /come tuo padre, come il farmacista….
Foto di Carlo Cofano