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Sono partita da Milano in macchina per raggiungere il festival a Ronciglione con un giovane ragazzo che col Jazz non aveva molta dimestichezza. Abbiamo parlato di musica e ascoltato Rock, ma ad un certo punto ho cambiato CD e ho infilato nel lettore un album di Fresu e gli ho detto “vedrai che imparerai ad amare il Jazz”.
E così è stato, perché il Tuscia in Jazz è davvero una scuola, per imparare a suonare, fotografare e amare il Jazz!
Quasi tutti i grandi nomi che sono saliti sul palco, la mattina dopo erano in aula ad insegnare ai ragazzi delle masterclass, ma prima ancora, di notte, erano accanto a loro sul palco della jam.
Le espressioni, gli scambi, gli assoli, sono stati tutti catturati dagli scatti degli allievi del workshop di fotografia musicale tenuto dal fotografo di Jazz Davide Susa.
Quindi, prima di tutto il Festival è stato una bellissima esperienza per chi lo ha vissuto a tutte le ore del giorno e della notte.
Ma non solo, il programma delle serate è stato sempre vario, mai ripetitivo. Siamo passati da Ellinton a Davis, Coltrane, Hamilton, insomma dai classici, ai nostri giorni con brani scritti dagli stessi artisti presenti al festival. Il Jazz classico, lo swing , la fusion, lo scat alternavano i ritmi di queste notti. Inoltre ogni sera, sul palco, gli strumenti protagonisti variavano, la prima sera abbiamo ascoltato le due trombe di Aldo Bassi e Flavio Boltro, la seconda sera la voce vibrante di Gegè Telesforo, la terza il sax tenore di un incredibile Rick Margitza, la quarta un doppio concerto, prima con il sax soprano di Paolo Recchia e con una coppia di eccezione che ha fatto la storia dello swing italiano, Gegè Munari e Giorgio Rosciglione, e poi con un altro duo strepitoso: il caldo registro espressivo della chitarra di Peter Bernstein e le variazioni armoniche dell’hammond di un nuovo talento del mondo del Jazz italiano, Leonardo Corradi. Si chiude il festival Lunedì con Rosario Giuliani, Flavio Boltro e Alberto Marsico.
Ma oltre agli strumenti che hanno calcato questo palco da protagonisti, non posso non citare chi magistralmente aveva fra le mani uno di quelli strumenti che spesso passa in secondo piano, o che viene visto dal pubblico come uno strumento accompagnatore, ma che in realtà ha un ruolo fondamentale e che può cambiare le sorti di un concerto.
Comincio col citare i due pianisti Domenico Sanna e Antonio Ciacca, poi il contrabbasso di Daniele Sorrentino e del sopra citato Giorgio Rosciglione, ma soprattutto il basso di uno dei migliori artisti a livello internazionale, Dario Deidda. E per concludere, credo di non aver mai assistito a tanti concerti tutti insieme dove i piatti, il charleston e i tamburi della batteria hanno veramente dettato l’energia di ogni serata, battuti da Gegè Munari, Francisco Mela, Nicola Angelucci e Marco Valeri.
Ultimi nomi, ma questa volta sconosciuti, quelli di alcuni alunni che ho avuto il piacere di ascoltare, ai quali auguro un grande in bocca al lupo: Arnaldo Santoro, Daniele Raimondi, Greta Panettieri e Dario Panza.
Il Tuscia in jazz non finisce a Ronciglione, aspettiamo le prossime date!
Nelle immagini: Gegè Telesforo, Peter Bernstein e Rick Margitza.
Foto di Mariagrazia Giove, riproduzione non consentita.