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«Semplici eroi», li chiama Antonia Arslan i protagonisti del suo bel racconto, tra mito e realtà, dell’epopea e del salvataggio del libro di Mush, il libro sacro degli Armeni. Sono eroi inconsapevoli, eppure vittime sacrificali di un destino che li strappa alle loro semplici abitazioni in una notte di sangue, li unisce in un vincolo stretto ad altri sconosciuti e attraverso mille traversie li usa per salvare un grande messaggio di pace e d’amore.
Ma è un libro di guerra in realtà questo della Arslan, scrittrice e saggista di origine armena, che torna indietro fino ad una tiepida notte di fine giugno del 1915, quando furono trucidati selvaggiamente circa 100 mila armeni. Sullo sfondo e al centro di tutto c’è il monastero del sacro luogo di Surp Arakelots Vank, dei Santi Apostoli che in quella fatidica notte in cui tutto ha inizio brucia in una nuvola di fiamme che getta l’angoscia in tutta la valle. Ai suoi piedi c’era un piccolo villaggio di armeni, che in quella notte odora dell’odore «molle, dolciastro e vischioso» del sangue. Un odore che accompagna lo sparuto gruppo che piano piano si forma sbucando in ordine sparso da quelle macerie. Si ritrovano insieme, infatti, i pochi sopravvissuti a quelle che subito appare chiaramente con il voluto eccidio della popolazione da parte dell’esercito turco. Un esercito sanguinario, la rabbiosa terza armata che si ritira dalla sconfitta del Caucaso, incattivita e furiosa. Non risparmia nessun essere vivente, brucia e distrugge persino gli animali e i poveri oggetti delle abitazioni.
Si ritrovano così insieme Makarios il greco e la sua Eleni, ma anche Anoush «delicata e snella» e la «possente» Kohar. Con loro il piccolo Hovsep, che trovano nascosto in una cantina sotto una carriola rovesciata. Sono gli unici a salvarsi, e come guidati da una speranza salgono al monastero alla ricerca di cibo e di segnali, che non trovano. Troveranno però una cosa inaspettata, il sacro libro di Mush, manoscritto del 1202 scampato miracolosamente al disastro. Lo spezzeranno in più parti, tanto è pesante e ingombrante, per cercare di salvarlo e lo trascineranno attraverso le montagne, tra mille peripezie, mille pericoli e notti insonni. Attraverso le intemperie e l’odio, la guerra e la paura in un viaggio senza luce. Non avranno un destino felice, nessuno di loro, nonostante la missione portata a termine da Anoush che alla fine raggiunge la piana di Ararat e arriva a Etchmiadzin per deporre il suo pesante fardello e consegnarlo ad un monaco.
Un piccolo libro per una grande e drammatica epopea, l’orgoglio di un popolo e la forte personalità di questo sparuto e disomogeneo gruppo di umili persone che salvano il grande manoscritto del 1202, un tesoro dell’umanità.
Antonia Arslan, Il libro di Mush (Skira, pp. 130, euro 15,00).