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Nel nome del padre. Avrebbe potuto essere questo il titolo del romanzo di Georges Simenon "Il destino dei Malou", recentissimo parto di Adelphi, la casa editrice italiana che sta presentando tutta l’opera del grande scrittore belga: i gialli con Maigret e i «romanzi duri» – come li denominava l’autore stesso – che si rivelano squarci fulminei e luminosi di una inesausta «commedia umana».
Simenon era un maestro nel ricreare personaggi psicologicamente sfaccettati, che vivono eroicamente delle loro ambiguità (acuite anche da adeguate ambientazioni). È un maestro nello scrutare i piccoli gesti che svelano grandi rovelli. Ed evidentemente in Il destino dei Malou lo scrittore intendeva affrontare una sfida impegnativa: presentarci, attraverso la maturazione di un ragazzo, il disvelamento di una personalità complessa: suo padre. Una simpatica canaglia che – appunto perché tale – non poteva essere compreso dalla società, e neanche dai propri famigliari. L’una e gli altri non hanno fatto altro che sfruttarlo e disprezzarlo.
Come al solito, per i romanzi di Simenon, l’incipit è trascinante; sì da indurre il lettore a non staccare lo sguardo dalle pagine. Il signor Eugène Malou in un plumbeo pomeriggio di novembre si aggira in una città della provincia francese. Sono appena le tre pomeridiane, «l’ora più deprimente». Imbrunisce già, e Malou bussa alla casa dei conti d’Estier, una delle famiglie più altolocate e conosciute della cittadina. Il lettore – dal di fuori – osserva il pomo della porta roteare nervosamente: segno di una lotta che si sta svolgendo nell’interno; e – apertosi lo spiraglio della porta – osserva Malou cadere. L’uomo si è sparato un colpo alla testa.
Tutto precipita, mentre si protrae l’agonia del suicida, sulla cui figura si affastellano dicerie e notizie, che contribuiscono a chiarire, solo in parte, le ragioni di un gesto così insano. Simenon mette il lettore nelle vesti dello spettatore ignaro, cui vanno spiegati – attraverso le frasi e le reazioni della gente che si accalca intorno all’agonizzante – la campagna di fango portata avanti dal giornale locale e il generale disprezzo che ha circondato l’imprenditore. Come «una banda di ragazzini scalmanati che prendono a sassate un gatto rognoso. E quando sono riusciti ad abbatterlo, a ferirlo senza ucciderlo, preferiscono tenersi a distanza, si vergognano di ciò che hanno fatto, impressionati dal sangue che cola, dagli spasmi della povera bestia agonizzante a cui nessuno di loro ha il coraggio di dare il colpo di grazia». Della sua famiglia, solo il figlio più giovane, Alain – appena uscito da scuola – ha l’occasione di accoglierne l’ultimo respiro. Ed è con gli occhi di un ragazzo inconsapevole della vita e remissivo, che la storia va delineandosi: la madre cinica, egoista e spendacciona; la sorella Corine impudica e volgare; l’altro fratellastro Edgar un vero travet… Qualcuno ha mai voluto bene a quest’uomo? Una famiglia sgangherata, vissuta nel lusso e sempre al di sopra dei propri mezzi grazie a quest’omuncolo, ma sempre pronta a sputargli addosso.
Dietro la tragedia, c’è dunque un fallimento? Eugène Malou sapeva fiutare il futuro e aveva sognato il progetto edilizio di un’intera città-quartiere che si sarebbe chiamata Malouville. Ma quante bustarelle a onorevoli e segretari comunali, per oleare gli ingranaggi… (il romanzo fu scritto nel 1947, quando Simenon era già in America)! Che non gli hanno evitato i sigilli rossi apposti dagli ufficiali giudiziari sulle porte della casa, riempita con mobili d’antiquariato comprati alle aste, per dare alla propria abitazione quell’aria blasonata sempre rincorsa e sempre svanita.
Per Alain è venuta l’ora di crescere. Ma soprattutto è venuta l’ora di comprendere questo suo padre venuto dalla miseria e spinto all’irresistibile ascesa del parvenu. Per tanti anni Alain era vissuto accanto a quel padre, ma non aveva la minima idea di che uomo fosse stato. Ad aiutarlo nella riscoperta sarà un ex-forzato, un galeotto liberato dalla Caienna grazie alla generosità dell’uomo. Infine il ragazzo saprà: suo padre è stato – come sottolinea l’ex-forzato – «un uomo. E credimi, un uomo è molto più raro di un uomo onesto». Ed anche lui – dopo un assillo forse fin troppo insistito che un po’ sfibra il finale del romanzo – deciderà di essere un «uomo». Una nuova vita, e altrove, lo aspetta. Perché lui per suo padre «era il seguito della sua storia».
«Il destino dei Malou» di Georges Simenon (trad. di F. Di Lella e M. L. Vanorio, Adelphi ed., pp. 200, euro 18).