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Kiribati affonda nel Pacifico e il suo presidente sta negoziando l’acquisto di terreni nelle isole Fiji per consentire la migrazione di massa degli abitanti del piccolo stato minacciato dall’innalzamento delle acque dell’oceano. Si parla di 113 mila persone, in quello che potrebbe essere il primo esodo di un’intera popolazione provocato dall’effetto serra.
L’Oceano sale e Kiribati, come altri piccolissimi stati del Pacifico, potrebbero essere inghiottiti e cancellati dalla carta geografica entro 50 anni, qualcuno dice addirittura 30. Alcune delle 32 isole coralline che affiorano di pochi metri dal livello del mare stanno già scomparendo e il tempo stringe: molti, tra i loro abitanti, pensano che arriverà presto il momento di abbandonare la loro piccola patria per rifondarla altrove.
Kiribati ha una superficie complessiva di 800 chilometri quadrati: Anote Tong, il suo presidente, sta valutando con la giunta militare fijiana la possibilità di risistemarne la popolazione su duemila ettari disabitati a Vanua Levu, la seconda isola per grandezza delle Fiji.
«E’ la nostra ultima speranza. La nostra gente dovrà spostarsi perchè le maree hanno già raggiunto case e interi villaggi», ha detto Tong alla televisione di stato delle Fiji.
Il piano prevede una migrazione per stadi: prima un piccolo nucleo di lavoratori specializzati in grado di mescolarsi facilmente con gli 860 mila abitanti delle Fiji e dare un contributo positivo all’economia del paese di adozione. «Non vogliamo certo che 100 mila persone di Kiribati arrivino alle Fiji in un colpo solo», ha detto Tong.
L’idea è di far migrare gli abitanti di Kiribati non come profughi ma come emigranti esperti, con qualifiche da offrire al paese ospite: «Non vogliamo essere considerati cittadini di seconda classe ma abbiamo bisogno di un piano della comunità internazionale che abbracci questa ambizione e affronti i problemi di piccole nazioni come la nostra».
La proposta è l’ultima in una serie di disperati tentativi da parte di Tong di trovare una soluzione all’ineluttabile. L’anno scorso il presidente di Kiribati suggerì di costruire isole artificiali sui cui gli abitanti potrebbero trasferirsi per vivere come su piattaforme petrolifere. C’è, da parte sua, una totale rassegnazione al fatto che l’esodo da effetto serra sia il prossimo capitolo nella storia del suo piccolo paese: il suo governo ha lanciato un programma di «educazione alla migrazione» teso a migliorare le capacità della popolazione di assimilarsi in altri mondi.