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Incipit: “Una mano sul cuore. I battiti risuonano forte nel petto. Gli occhi, accesi di luce, gridano vita. Il chiarore del mattino filtra dalla finestra di un bagno d’ospedale. Mattonelle lucide, sbrecciate in alcuni angoli, rotoli di carta accumulati dietro la porta, vaschette e un cesto per i rifiuti, odore di disinfettante e di umori che richiamano la vita, il grembo materno, l’origine di tutto.
Ho vent’anni e un cancro.
Sono vivo.”
Da un grido di vita inizia il viaggio di Fabio Salvatore dall’abisso della malattia verso la luce. “A braccia aperte fra le nuvole”, il quarto romanzo dello scrittore pugliese, senza dubbio il più autobiografico, prende il largo dal riemergere della forza vitale, nel gelo di un ospedale, al principio di una battaglia, lunga quattordici anni, contro il cancro e il dolore dell’anima.
E’ solo un punto di partenza l’incontro di Fabio con il male, un fulmine che brucia e devasta, sconvolgendo la quotidianità di un giovane scanzonato che la vita, fino a quel momento, l’ha vissuta solo in superficie, senza penetrarla nel profondo. Pagina dopo pagina, scorrono come un nastro di seta color carminio ricordi lucidi e intensi, parole vibranti che non cercano scorciatoie, e accompagnano con mano salda il lettore nel percorso coraggioso che, dal girone infernale della sofferenza e della paura, conduce il giovane autore fino alla rinascita nella fede.
Ha vent’anni Fabio quando un piccolo nodulo nella gola rivela un verdetto che agghiaccia: carcinoma tiroideo. “Recitavo in teatro” –racconta lo scrittore- “avevo conosciuto da qualche mese il grande amore, ero pazzo di felicità, il futuro si profilava carico di promesse, avevo tutto, amici, successo. Un piccolo gonfiore alla gola, sembrava un eccesso di sforzo delle corde vocali. Invece no. La mia vita era destinata a cambiare per sempre.” La diagnosi è implacabile. Fabio nasconde tutto alla famiglia, per mesi rifiuta la malattia, va avanti negandola. Finché il corpo non cede e la verità non può più essere taciuta. Con l’appoggio instancabile degli affetti più cari, inizia per l’autore un calvario fatto di paura, rabbia, dolore fisico e cure estenuanti, come la radioterapia, affrontata nell’isolamento di un bunker ospedaliero, solo e radioattivo per sé e per gli altri. In quel tunnel oscuro, esposto alle armi multiformi e subdole con cui il cancro, “lo scarafaggio”, ingaggia una dura battaglia per togliergli la vita e corrompergli l’anima, Fabio resiste abbandonandosi alla grazia della fede. Nel buio del male più profondo, in un atto di affidamento totale, l’autore ha il coraggio di non chiedere la guarigione ma la forza per abbracciare la croce. Ed è così che la luce finalmente irrompe.
Alle pagine fitte di “A braccia aperte fra le nuvole”, edizioni Piemme, sono affidati i ricordi dolenti, e l’incontro con la speranza di Fabio Salvatore, le sofferenze e la rinascita di un uomo che ha conosciuto il dolore, l’ha guardato negli occhi e ne è stato trasformato scoprendo la bellezza della vita, e il linguaggio misterioso dell’amore divino. Una testimonianza coraggiosa che sconcerta e denuda le fragilità della condizione umana, perché la coriacea resistenza alla sofferenza e il messaggio di amore e fede dello scrittore assumono una veste eroica non sempre facilmente comprensibile. “Spesso sono oggetto di accuse da parte di chi vede nella mia testimonianza una forma di strumentalizzazione del dolore” –conferma Salvatore- “talvolta, mi viene persino chiesto perché Dio mi abbia lasciato in vita a fronte dei tanti malati che non ce l’hanno fatta… Ciò che, in coscienza, sento di poter affermare è che ho conosciuto profondamente il dolore e da quel male sono stato rigenerato. La sofferenza e lo scarafaggio mi hanno insegnato la vita e la luce della fede mi ha spinto ad abbracciare la croce divenendone testimone. Perché il dolore è di chi se lo merita”. Parole forti con cui lo scrittore, in “A braccia aperte fra le nuvole”, riesce a frantumare il tabù del cancro, raccontando la guarigione del corpo e dell’anima, giungendo fino ad integrare l’esperienza della malattia con il dolore per la morte del padre Franco, ucciso sulla strada, una mattina d’inverno, da due giovani di ritorno da una folle notte in discoteca. Dopo dieci anni Fabio affronta una rabbiosa recidiva del cancro senza le spalle forti e amorose di suo padre a sorreggerlo, nella sofferenza lacerante di una famiglia spezzata. Eppure, nonostante la durezza di prove tanto amare, resta in piedi, alza le braccia al cielo ricevendone la forza per perdonare i carnefici e la sua malattia. L’incontro con la comunità Nuovi Orizzonti, e la presenza luminosa della fondatrice Chiara Amirante, diventano la mano tesa e salda in cui Fabio trova l’appiglio e la guida per affrontare il presente e il futuro. Fino alla scelta d’amore di abbracciare una vita di consacrazione a Dio e al prossimo, con le promesse di povertà, castità, obbedienza e gioia: “Oggi, sento di rendere grazie a Dio per avermi donato una nuova vita” –conclude Fabio Salvatore- “e voglio gridare al mondo la mia felicità di uomo risorto che ha imparato l’amore”.