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“Dirò che tutti i libri non servono a niente
e che mille secoli di storia
non valgono un secondo vissuto veramente
con chi ha combattuto per restare vivo
con chi mi ha aiutato mentre mi arrangiavo
con chi mi ha insegnato qualche cosa che
risplende dentro di me” (Quando sarò vecchio)
Eccola la filosofia della vita matura di un 46enne per sempre giovane, eternamente rivestito dell’energia e dei panni di un ragazzo. L’ “Ora” di Lorenzo Jovanotti diventa “sempre” perché non esiste il giorno perfetto da vivere e la filosofia dell’attimo presente è il nucleo vibrante della storia musicale dell’ex rapper, divenuto cantautore. La “bella vita” va assaporata “con la passione che rende amica la sofferenza”, immergendosi senza avarizia nel flusso elettrico e accecante della storia. E’partito con la potenza di sintetizzatori iperuranici e di sonorità spaziali il viaggio nel Big Bang di Jovanotti, con la voce rassicurante di Piero Angela ad accendere il motore della macchina del tempo, che porterà Taranto a compiere, sotto la guida di Capitan Lorenzo, la missione più audace: quella di vivere. Una momumentale scenografia, a forma di chitarra nera rovesciata, taglia a metà il parquet del PalaMazzola e l’artista l’attraversa correndo e dimenandosi al ritmo di un canto che diventa liberazione. Calzoni alla caviglia e scarpe di pailletes argento, sono l’omaggio al “molleggiato” Adriano Celentano, a cui Jovanotti ha sempre dichiarato di ispirarsi, e che gli somiglia fisicamente per l’altezza dinoccolata. Il cantante toscano ha recuperato ieri, a Taranto, la data del 30 dicembre, annullata a seguito del crollo del palco al PalaTrieste, costato la vita allo studente ventenne Francesco Pinna. Ed è commosso il ricordo di quell’esistenza spezzata, nelle parole di un artista che l’essenza della vita cerca di penetrarla senza risparmiarsi: <<Il 12 dicembre scorso, a Triste, pioveva come oggi a Taranto. E voglio credere che non sia un caso. Siamo nuvole, pioggia, destinati a fertilizzare la terra. E mi auguro, credo, lotto, combatto, per convincermi che esiste un senso in questa vita. Anche per il dolore>>. E la vita non ha risparmiato ferite a questo old boy sorridente e scalmanato: nel 2007 in un incidente di volo ha perso il fratello Umberto e, nel 2010, l’amata mamma, dopo una caduta.
E proprio alla madre è dedicato uno dei brani più toccanti dell’ultimo album, “Le Tasche piene di sassi”, un pezzo che unisce rimpianto e tenerezza e ricorda come il tempo innocente dell’infanzia sopravviva agli anni nell’amore dei genitori: “Sono solo stasera senza di te, mi hai lasciato da solo davanti a scuola, mi vien da piangere, arriva subito, mi riconosci ho le scarpe piene di passi, la faccia piena di schiaffi, il cuore pieno di battiti e gli occhi pieni di te.”
All’invito al viaggio, nella musica della vita, Taranto risponde con l’entusiasmo bambino di chi vuole credere al valore dell’esistenza, e non perderne neppure una nota, per quanto aspra, perché "è bello vivere anche se si sta male". Il concerto corre veloce, come Lorenzo Jovanotti lungo il palco, fra i brani dell’album “Ora”, il più elettronico e, allo stesso tempo, intimista della sua carriera, e i suoi greatest hits, ormai parte della storia della musica leggere italiana, quali “L’ombelico del mondo”, “Ragazzo fortunato”, “Penso positivo”, “Bella”. Nelle due ore e mezzo di musica, sparsa a piene mani senza risparmiarsi, con un rispetto per il pubblico non comune, il cantante trova anche il tempo per omaggiare <<colui che ha rivoluzionato il rock in Italia>>, augurando buon compleanno al neo-sessantenne Vasco Rossi con la sua “Ogni volta”. Che si senta davvero un “ragazzo fortunato” Jovanotti non ne fa mistero, ma vivere “la vita che sognavo da bambino” non ha velato di egoismo o distacco l’anima dell’uomo Lorenzo, che resta coerente e grato per la bontà della sorte, restituendo ciò che gratuitamente ha ricevuto con passione e generosità. Attraverso Twitter abbraccia con entusiasmo la città: “Taranto! Mi avete fatto vivere una notte importante e vi ringrazio forte”. Il suo pubblico sente quello spirito sincero. E con emozione applaude e saluta, con un altrettanto sincero “grazie”.
Foto di Alessandro Salvatore