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Sospesi fra utopia e repressione, ci sono luoghi al mondo dove si proiettano i sogni e le battaglie dei popoli, e dove il volto brutale del potere perde la sua maschera. Sono le piazze della storia: Piazza Tahrir al Cairo, Tienanmen a Pechino, Venceslao a Praga, luoghi simbolo dell’umanità. Egiziani, cinesi, cechi, e milioni di altri esseri umani in tutto il mondo sono scesi in piazza per dare vita alla loro rivoluzione. Proteste spesso stroncate nel sangue. Immagini rubate da fotografi coraggiosi che colgono l’attimo fuggevole in uno sguardo o un gesto immortalando quei momenti storici.
Piazza Tahrir, teatro delle proteste del 2011 è diventata il simbolo della primavera araba. Da 50.000 a gennaio i dimostranti sono arrivati giorno dopo giorno a un milione. Poi, a febbraio, la protesta è degenerata nel sangue e sempre lì,l’11 febbraio, la folla ha celebrato le dimissioni di Hosni Mubarak, il presidente tiranno. In primavera la Piazza della Rivoluzione egiziana era già scolpita nell’immaginario collettivo planetario: nascevano app Tahrir Square su iPhone e Blackberry. In questi giorni la piazza è tornata teatro della protesta, e di incidenti sanguinosi con parecchi morti, e l’immagine che più ha saputo dire l’orrore del momento è quella della giovane manifestante tra le donne, picchiata, umiliata e trascinata seminuda dagli sgherri della giunta militare: un reggiseno azzurro sul suo corpo denudato è diventato il simbolo mondiale della rivolta egiziana, e forse del suo fallimento.
Molti anni prima, a Pechino, scoppiava la rivoluzione di Piazza Tienanmen: una brezza primaverile che annunciava in quel 1989 il desiderio di riforme e libertà degli studenti. Come andò a finire si sa: repressione sanguinosa, centinaia di morti (mai rivelate le cifre esatte), migliaia di arresti, purghe massicce, legge marziale il 20 maggio, decine di leader messi a tacere. Neanche le faraoniche Olimpiadi messe in scena da Pechino nell’estate 2008 riuscirono a far dimenticare le repressioni e il sangue di 19 anni prima.
Nello stesso anno, l’autunno del 1989, un’altra piazza storica, questa volta in Europa, fu teatro di eventi che cambiarono la storia e il volto del continente: Piazza Venceslao a Praga. La Rivoluzione di velluto, fu pacifica, non vi furono morti ma il suo effetto per il regime comunista al potere – uno dei più duri del vecchio blocco sovietico – fu devastante. Il regime capitolò, un’intera classe dirigente fu spazzata via e al suo posto si insediò un drappello di ex dissidenti, idealisti e poeti guidati da Vaclav Havel, deceduto proprio questi giorni a 22 anni da quel miracolo. Nell’agosto 1968, la stessa piazza era stata il simbolo della brutale invasione dei carri armati sovietici per reprimere l’esperimento del ‘socialismo dal volto umanò inaugurato da Alexandr Dubcek nella primavera di quell’anno. I praghesi si ribellarono contro l’occupante sovietico, scesero in piazza e le foto dei tank russi in Piazza Venceslao circondati dai giovani cechi fanno parte dell’album di famiglia dell’umanità. Quando sulla stessa piazza, alla grande manifestazione del 17 novembre 1989 che diede il via alla Rivoluzione di velluto, Havel e Dubcek, fianco al fianco, si affacciarono da un balcone sulla piazza, fu il segnale che il cerchio si chiudeva e una nuova era cominciava. Pochi giorni prima, il 9 novembre, in un’altra piazza, cadeva il Muro di Berlino: Pariserplatz davanti alla Porta di Brandeburgo, altro luogo simbolo. Ma ancora l’elenco delle piazze dove si è data appuntamento la storia è lungo: si va da Plaza de Mayo a Buenos Aires, dove si riunirono per la prima volta le madri dei ‘desaparecidos’, i figli scomparsi durante la dittatura militare del 1976-1983, passando per la Piazza Rossa a Mosca, teatro delle imponenti parate militari al tempo dell’Urss, alla Piazza davanti al Parlamento a Budapest, fulcro della rivolta del 1956, per finire, oggi, a Zuccotti Park a New York, cuore della protesta degli indignati americani del movimento anti-Wall Street.