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Un’ora e mezza per descrivere l’ascesa e lo schianto di uno dei gruppi più influenti e discussi di tutti i tempi. When You’re Strange è l’adattamento cinematografico, del regista Tom Di Cillo, sulla fugace ma densa avventura dei Doors. Presentato al Sundance Film Festival già nel 2009, la tardiva uscita in Italia coincide con il quarantesimo anniversario della scomparsa di Jim Morrison, avvenuta a Parigi il 3 luglio del ’71.
Gli anni ’60 sono periodo florido di innovazioni scientifiche, di avvenimenti storici e di metamorfosi culturali. Travolto da questi eventi e fomentato da una crescente voglia di dare sbocco alla creatività, il duo costituito da Ray Manzarek e Jim Morrison tralascia ogni velleità legata alla cinematografia, passione coltivata all’università, e si lascia cadere nella spirale creativa della musica, vera protagonista di quegli anni. I Doors nascono nel ’65 quando i californiani Robby Krieger (chitarra) e John Densmore (batteria) vengono arruolati con l’intento di creare il contesto sonoro adatto a far risaltare le visioni poetiche di un Jim Morrison ispirato e fuori dagli schemi. Proprio al ruolo fondamentale della poesia, When You’re Strange dedica più di un accenno. Suggeritrice dell’opera dei Doors, l’arte poetica compenetra i testi, condiziona la vita del suo autore (estimatore, tra gli altri, di Arthur Rimbaud) e ne decreta un nome semplice e carico di significato. Jim individua il fine della band negli auspici allusivi e utopici del poeta inglese William Blake: “Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo così com’è: infinita”. E’ in questa impresa – compiuta per gli ammiratori, disattesa per i detrattori – che si individua la ragion d’essere di un gruppo ostaggio dello smisurato ego del suo leader, capace di geniali trovate e umilianti iniziative. I Doors percorrono un sentiero obbligato, cinto com’è dalle ambizioni smodate e dai contrasti interiori di Morrison, che interpreta gli eccessi della rockstar in diversi aspetti: nell’abuso di droghe e alcol, nell’instabilità affettiva con la sua compagna, nella rinnegazione della famiglia, nell’aridità emotiva verso i compagni di band e nel suo rapporto ambiguo con un pubblico prima lusingato e poi irritato. Non è un caso se, durante i concerti, sul palco ci sono più poliziotti che musicisti. Proprio le numerose esibizioni tramutate in bolge rendono i Doors il bersaglio di un’aspra campagna politica incentrata sulla decenza: nel 1969, il gruppo diventa il nemico pubblico numero uno dell’establishment americano.
Caratterizzato da un montaggio lineare e cronologico, When You’re Strange sfrutta immagini di repertorio, per gran parte note, e porta in dote performance live e immagini di backstage, session in sala prove e riprese in super 8, foto tratte dalle riviste di settore e scatti di famiglia, il tutto legato dalla voce narrante di Johnny Deep (in Italia da “Morgan”, Marco Castoldi).
Il biopic liquida in pochi minuti la parte legata alle influenze dei singoli musicisti, al loro background tra rock e jazz, tra blues e psichedelica, alla peculiare formazione senza bassista e al lascito di album che ancora oggi vendono 1 milione di copie l’anno. Di Cillo occupa gran parte della pellicola per raccontare la genesi, i primi show, il successo con il singolo Light My Fire, i concerti sold-out e, su tutto, i conflitti del giovane Morrison. Poco lo spazio dedicato agli altri componenti della band che pure hanno saputo sfruttare una perfetta alchimia per delineare un sound distintivo.
Di fatto i Doors hanno segnato, nel bene e nel male, la storia del rock con un susseguirsi di accadimenti fulminei. Negli anni di convivenza i quattro “musicisti e scrittori” hanno riscosso il consenso della critica e la profonda adorazione del pubblico, ma sono stati prigionieri del carisma decadente di Jim. E’ bastato un lustro alla band per prendersi tutto e poi gettarlo via, proprio come ben espone When You’re Strange con la metafora della vampata di un fiammifero, tanto intensa quanto fuggevole.