Tempo di lettura: 3 minuti
Aureliano in Palmira di Gioachino Rossini inaugura la 37^ edizione del Festival della Valle d’Itria, stasera 15 luglio, ore 21.00, nell’atrio del Palazzo Ducale di Martina Franca.
La prima scaligera di Aureliano in Palmira – affidata a un cast stellare ma non in forma la sera del debutto – fu un mezzo fiasco, e viene ricordata dalla storia dell’opera per il presunto litigio tra Velluti (il celebre castrato interprete del personaggio di Arsace) e Rossini che, irritato dall’eccesso di fioriture belcantistiche improvvisate dal divo, avrebbe da allora deciso di stenderle di proprio pugno.
È più probabile che Rossini, che da sempre aveva scritto per esteso i suoi abbellimenti, desiderasse un canto morbido ed espressivo, evitando acrobatismi che ne snaturassero, tradendone lo spirito, la linea melodica. Al di là di un episodio di colore, più che di sostanza storica, Aureliano rappresenta un felice momento di maturazione di molti stilemi del Rossini comico e serio, giunto con L’italiana in Algeri e Tancredi ad un primo livello di perfezione formale, ed allinea pagine di grande ispirazione con punte, come notava Rodolfo Celletti, di sublime eleganza.
Rossini doveva essere consapevole del valore dell’ispirazione di questa partitura, una delle poche rossiniane di cui non si possiede autografo: non a caso, ad esempio, la sinfonia introduttiva, passata dapprima all’Elisabetta Regina d’Inghilterra, divenne in seguito quella celeberrima del Barbiere di Siviglia, mentre la cabaletta di Arsace, "Non lasciarmi in tal momento", fornì più di uno spunto per la cavatina di Rosina, "Una voce poco fa".
L’opera, un lungo e commovente inno al valore della fedeltà ai propri sentimenti, valori e ideali che si oppongono all’invasione del potere di Roma, non restò in repertorio a lungo, nonostante l’impegno e la passione di Velluti, che la propose più volte sui palcoscenici d’oltralpe. La prima rappresentazione in tempi moderni ha avuto luogo nel settembre 1980 a Genova, la seconda, una decina d’anni dopo, a Lucca.
La direzione sarà affidata alla bacchetta del ventinovenne Giacomo Sagripanti, reduce da un anno di prestigiose affermazioni in Italia e all’estero, uno dei nomi emergenti nel panorama dei nuovi direttori italiani. Il prossimo autunno porterà il Gianni di Parigi, fortunata produzione con cui si era brillantemente presentato al pubblico di Martina Franca lo scorso anno, al Festival di Wexford in Irlanda: si tratta di una significativa conferma dei valori espressi dalle produzioni artistiche del Festival della Valle d’Itria che, per la prima volta, vedrà continuare a vivere – su un palcoscenico lontano – una propria creatura. Un segno che invita all’ottimismo.
La regia è del trentaduenne americano Timothy Nelson, definito dalla stampa statunitense “il futuro dell’opera lirica”, al suo debutto italiano. Nelson, in grado di esprimere un raffinato equilibrio tra classicismo estetico e approfondimento drammaturgico di forte impronta contemporanea, si avvarrà della presenza di un’artista di eccezione, la ballerina Louise Frank della Rotterdam Dance Academy, già veterana della compagnia di Pina Bausch e della collaborazione del talentoso coreografo greco Nikos Lagousakos.
La compagnia di canto di grande livello, a partire dall’attesissimo ritorno a Martina del controtenore argentino Franco Fagioli, trionfatore della scorsa edizione del Festival con un indimenticabile Bertarido nella Rodelinda di Handel, che gli è valso il Premio Abbiati quale miglior cantante dell’anno. A Fagioli il compito di restituire al ruolo di Arsace il virtuosismo belcantista che Rossini aveva pensato per il castrato Giovanni Battista Velluti: un modo per ricordare il primo interprete del ruolo, a centocinquanta anni dalla morte.
Il giovane tenore romeno Bogdan Mihai, dalla sorprendente estensione e agilità, già messosi in luce in ruoli rossiniani che gli hanno valso trionfi in tutta Europa, interpreterà il ruolo di Aureliano, l’imperatore diviso tra responsabilità politica e passione privata. Al suo fianco un nuovo volto del belcanto rossiniano, al suo debutto assoluto in Italia: l’americana Maria Aleida ha tutti i numeri per rivelarsi una delle più belle sorprese del Festival.
Le scene saranno di Tiziano Santi, tra i più raffinati, poetici e visionari scenografi di oggi, e i costumi di Michelle Cantwell.
Gioachino Rossini
AURELIANO IN PALMIRA
Dramma serio per musica in due atti di Felice Romani
Edizioni Peters London
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1813
AURELIANO Bogdan Mihai
ARSACE Franco Fagioli
ZENOBIA Maria Aleida
PUBLIA Asude Karayavuz
ORASPE Mert Süngu
LICINIO Masashi Mori
GRAN SACERDOTE D’ISIDE Luca Tittoto
Con la partecipazione straordinaria di Louise Frank (Vecchia Zenobia)
Direttore Giacomo Sagripanti
Regia Timothy Nelson
Scene Tiziano Santi
Costumi Michelle Cantwell
Movimenti coreografici Nikos Lagousakos
Orchestra Internazionale d’Italia
Coro Slovacco di Bratislava
Maestro del coro Pavol Prochàzka