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Ritratti, autoritratti, scarne figurine a matita come quella che si trova in copertina. Ma anche paesaggi desolati, pietre e balaustre, sassi sospesi sul nulla, manichini di metallo in forma umana. Sono le immagini che fanno da sfondo ai Racconti con figure di Antonio Tabucchi, e sono quadri, foto, cartoline, segni grafici che lo scrittore ha incontrato negli anni e se ne è innamorato al punto da pensare una storia partendo da quelle splendide, ma scarne, linee. «Spesso la pittura ha mosso la mia penna. Se in un lontano pomeriggio del 1970 non fossi entrato al Prado e non fossi rimasto prigioniero davanti a Las Meninas di Velazquez, incapace di uscire dalla sala fino alla chiusura del museo, non avrei mai scritto Il gioco del rovesciò». Insomma per Tabucchi «dall’immagine alla voce la via può essere breve, se i sensi rispondono». In più questi racconti sono il frutto di una promessa, fatta ad Elvira Sellerio e consegnata troppo tardi, alla sua memoria, perchè «scrivendo non ci si accorge che la scrittura e il tempo sono inversamente proporzionali: le pagine aumentano e il tempo si assottiglia. Questo libro esce solo ora. Ma le promesse non hanno data di scadenza». E allora dalle Fiamme di Davide Benati nascono i riflessi arancio della luna sanguigna che illumina il cammino del protagonista dell’omonimo racconto. O ancora, Lontano di Piero Pizzi Cannella è la grata di ferro, la prigione dietro la quale si sviluppa il racconto-lettera del pittore alla sua amata. Ed è ancora un pittore a nascere dalla visione di Senza titolo di Giancarlo Savino, «solo, completamente solo, nella sua vecchia casa». Soli come i personaggi di tutti questi racconti dai tratti desolati, dove il bianco e il nero si illuminano a tratti di uno scarno giallo solare. Sono rari i paesaggi come quello di Presto o tardi di Alessandro Tofanelli, e nato abbattendo una parete aprendo appunto «una finestra sull’ignoto». Meglio forse la sicurezza familiare della balaustra della casa di Pessoa in un paesaggio che per Tabucchi è familiare e non delude mai. Coincidenze ed incontri tra arte e scrittura sublimati nel racconto finale di questo libro intenso. In Per un catalogo che non c’è, racconta infatti dell’amore per l’opera di Bartolomeu e dell’amicizia con l’artista, poi la straordinaria coincidenza di quando un editore inglese scelse casualmente, senza sapere nulla, proprio un’opera di Bartolomeu, Paisagem, per l’edizione di Requiem: «ampi archi di un corridoio in prospettiva che ti portava dove voleva la tua immaginazione; ma anche castelli vagamente gotici, con una sfera che rotolava giù da un’altra geometria e che ti faceva pensare alla sfera di Pascal». Lì, con il centro in nessun luogo, come questi Racconti con figure.