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In un’Argentina dove il tango va a gonfie vele, sia nel paese sia a livello internazionale, Buenos Aires ricorda in questi giorni la nascita, 90 anni fa, di Astor Piazzolla, che negli anni ’60 ha rifondato quella che rappresenta la musica contemporanea della grande capitale del Rio de la Plata.
Giornali e tv stanno da tempo ricordando Piazzolla e la sua musica in mille modi, mentre i pezzi di Astor, quali per esempio l’indimenticabile Adios Nonino, si ascoltano di continuo nelle radio e per le strade di Buenos Aires.
Nato l’11 marzo del 1921 nella città di Mar del Plata, figlio di Vicente e Assunta Manetti, Piazzolla aveva forti radici italiane, visto che la famiglia della madre era originaria della Toscana, mentre quella del padre proveniva da Trani, in Puglia.
Piazzolla morì a Buenos Aires nel 1992 dopo essere riuscito a compiere «il sogno di visitare la cattedrale di Trani», la terra da dove venivano i genitori della madre, ha commentato la figlia, la scrittrice Diana Piazzolla, in un’intervista rilasciata all’Associazione culturale Toscana di Buenos Aires.
«Mio padre rappresenta una sorta di identità nazionale argentina, insieme per esempio a Jorge Luis Borges o Julio Cortazar, ed è stato un artista che non ha mai tradito i propri principi», ha sottolineato Diana, ricordando tra l’altro «l’incomprensione» con la quale negli anni ’60 il mondo tradizionale del tango accolse la musica del padre.
Nonostante queste resistenze, Piazzolla andò avanti per la sua strada, fatto che lo portò tra l’altro a cercare uno spazio più aperto alle sue innovazioni. Fu per questo che si trasferì negli Stati Uniti, paese dove aveva vissuto tra i 3 e i 15 anni d’età, a New York, insieme ai genitori.
Ma negli Usa le cose, aggiunge Diana, non andarono come il padre pensava. In quel periodo, per poter mantenere la famiglia il musicista argentino «suonava in un cabaret vestito da guappo di Buenos Aires», precisa la figlia di Astor.
Maestro del bandoneon, per Piazzolla il rapporto con quello che è lo strumento principe del tango non fu però immediato. «Suo padre gliene regalò uno quando compì 11 anni, e lo obbligò a studiare lo strumento, che fin da quel momento entrò però subito nella sua vita», ha ricordato Camilo Ferrero, giovane e noto bandoneonista argentino, per il quale «Piazzolla è riuscito a incorporare al tango altre musiche. Siamo in molti noi musicisti argentini per i quali Astor è stato un maestro», aggiunge Ferrero, che di recente in Italia è stato tra i protagonisti dell’ultimo Festival del tango a Roma.