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La quotidianità di un pane dal profumo contraddittorio, che alla fragranza mediterranea vede sostituita un’arroganza altrettanto mediterranea. Alla bontà la prevaricazione, al sapore del sale il lievito amaro dell’indifferenza alle ragioni dell’altro. Una deriva egoistica che, nel relativizzare la suggestione essenziale della sua condivisione, ne sfarina la metafora di ponte tra diverse civiltà e di legame tradizionale col vicino più affine.
Una quotidianità amara, che indurisce sentimenti e impotenze come un pane sempre più uguale e sempre più “vuoto”. Incapace di assorbire o di attraversare l’umile e perdurante passaggio di “pane raffermo”, in grado di regalare ricchezza e struttura a pietanze e sapori anche più poveri.
Un linguaggio di strada che ha perso il companatico dello sberleffo, il collante più antico per tenere insieme una comunità autentica nel segno del rispetto reciproco e dell’etica cittadina.
E’ quanto traspare dal cortometraggio "Pane Amaro" del regista Francesco Brollo, su soggetto dello stesso Brollo e di Antonella Gaeta, interamente girato nella Città Vecchia di Bari. Realizzato dalla KUS Production di Enrico Fusco e Francesco Schino, interamente autoprodotto, con la collaborazione tecnica dell’Assessorato alla Mobilità, Infrastrutture e Trasporti e della Circoscrizione Murat-San Nicola del Comune di Bari.
Il microcosmo del dedalo barese che si fa villaggio globale attraverso gli interpreti (Annika Strohm, Saba Salvemini, Odegitria Virginia Brollo, Lorenzo D’Armento), nella contaminazione delle musiche (Las Malas Amistades, This Immortal Coil, nanna africana) e soprattutto nella luce unica del cielo di Puglia.
Forse l’invito a ritrovare nella scintilla del sorriso il calore necessario a una lievitazione lenta e lunga di una legalità in parte smarrita, per dare nuova e consistente leggerezza al più comune e primario dei diritti: la dignità del pane quotidiano.