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La penultima serata del Bari Film Festival ha regalato alcune preziose emozioni di spettacolo al Teatro Petruzzelli. La serata ha avuto inizio con una suggestiva premiazione, quella dei Fratelli Taviani che hanno ricevuto dalle mani di Ettore Scola un premio alla carriera. Curiosa e piacevole anche la circostanza per cui l’assegnazione del premio non aveva motivazione, in quanto, secondo lo stesso Scola, “non c’è necessità di esporre una motivazione per premiare due artisti come Paolo e Vittorio Taviani, che hanno dato così tanto all’Italia e al suo cinema”. La standing ovation per i due registi è stata il naturale assenso del pubblico a queste parole di Scola.
Anche il film in anteprima della serata è stata una gradita sorpresa: l’ultimo lavoro di Margarethe von Trotta riprende la tematica importante del rapporto tra sorelle in età avanzata, che la regista berlinese, classe 1942, aveva già trattato in un suo precedente lungometraggio del ‘79 dal titolo “Schwestern oder die Balance des Glücks” (Sorelle, l’equilibrio della felicità). In quest’ultimo film, “Die Schwester” (Le sorelle), la regista sembra tuttavia convergere verso una visione più ottimistica e ironica della vita.
Si racconta infatti la quotidianità di Margot e Wilma Brunner, due sorelle che vivono insieme da cinquant’anni e il cui fortissimo legame resiste agli scossoni e alle difficoltà della condivisione degli spazi e delle vite di ognuna. Margot, ottantenne, ma sana e gentile, è infatti soggiogata dalla sorella minore Wilma, che è invalida e acida, ma più scaltra e comunque profondamente affezionata a Margot. Il suo affetto però si manifesta nei capricciosi dispetti e gratuite offese nei confronti della sorella, fino a trasformarsi in un egoistico desiderio di possesso, che esplode quando nella vita di Margot emerge finalmente il forte desiderio di emanciparsi e fa il suo ingresso un uomo. Gli attori sono tutti molto bravi e ascoltando i dialoghi (perfetti) in un tedesco così curiosamente “soffice”, viene da chiedersi perché mai (no dico: perché mai?) in Italia non si possa, come ad esempio in Francia, abituare il pubblico a vedere i film in lingua originale con i sottotitoli. Questo film di M. von Trotta, come molti altri ovviamente, non sarebbe lo stesso film se non potessimo sentire dalla bocca degli attori la loro lingua originale.
E questo è forse anche il fascino delle anteprime del BIF&EST, che, ci permette ancora questo privilegio: per un paio d’ore, seduti come pascià al Petruzzelli, ci liberiamo dal doppiaggio e cominciamo a viaggiare anche noi, a uscire dal nostro piccolo appartamento italiano, come vuole fare dopo ottant’anni Wilma Brunner.