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I diplomatici del Regno Unito erano convinti che Ronald Reagan non fosse all’altezza del posto da presidente quando nel 1980 fu eletto alla Casa Bianca, ma Margaret Thatcher accordò fiducia all’ex attore che poi divenne per anni il suo più solido alleato. Lo rivelano documenti dei National Archives britannici a Kew, nei pressi di Londra, desecretati allo scadere del 30esimo anno.
Reagan all’epoca aveva 69 anni e l’ambasciatore britannico Sir Nicholas Henderson nutriva forti dubbi sulle sue capacità presidenziali. «Reagan crede che ci siano risposte semplici (da non confondere con facili) a problemi complessi: la preoccupazione maggiore non è solo l’età ma che possieda la vitalità mentale e la visione politica necessaria per guidare gli Stati Uniti», aveva scritto il diplomatico.
La Thatcher era invece rimasta colpita da Reagan: «Ritiene che sarà un grande uomo di pace e un presidente forte», si legge nelle testimonianze dell’epoca. E tutto questo a dispetto del fatto che il Foreign Office non fosse rimasto ben impressionato da alcuni «madornali errori» commessi dal’ex divo di Hollywood durante la vittoriosa campagna elettorale del 1980: ad esempio la proposta che gli Stati Uniti avrebbero dovuto reagire all’invasione sovietica dell’Afghanistan imponendo un nuovo blocco sull’isola di Cuba.
E a proposito dell’Afghanistan, dai documenti emerge che a poche settimane dall’arrivo dei carri armati di Mosca alla vigilia di Natale del 1979, spie britanniche e americane stavano già discutendo piani segreti per armare i mujaheddin: un’azione dalle conseguenze fatali visto che dalla resistenza afghana alle forze del Cremlino è nato il radicalismo islamico che ha a sua volta dato vita a al Qaida.
I dossier permettono di aggiungere anche tasselli di storia a uno degli eventi più clamorosi del 1980, la liberazione degli ostaggi americani a Teheran. La Thatcher negoziò segretamente con l’Iran il rilascio dei sequestrati dopo il salvataggio da parte dell’esercito britannico di iraniani presi in ostaggio nella loro ambasciata a Londra.
La Lady di Ferro voleva approfittare del successo dell’operazione che aveva portato alla liberazione il 5 maggio 1980 di 25 su 26 iraniani sequestrati a Londra per chiedere in cambio il rilascio degli americani: «Devo chiedere all’imam Khomeini che liberi gli ostaggi americani in un gesto di buona volontà verso gli uomini coraggiosi che hanno rischiato la vita per salvare gli iraniani», scriveva la Thatcher.
Gli americani erano stati presi ostaggio nella loro ambasciata a Teheran dopo l’annuncio che gli Stati Uniti avrebbero accolto lo Scià, in esilio dopo la rivoluzione islamica del gennaio 1979. Il personale statunitense era detenuto orami da cinque mesi quando sei terroristi sequestrarono 26 iraniani nella loro ambasciata di Londra. All’epoca dell’assalto delle forze speciali britanniche nella sede diplomatica iraniana cinque dei sei terroristi furono uccisi assieme a due sequestrati.
Il pressing della Thatcher non andò comunque a buon fine: gli ostaggi americani non furono liberati che nel gennaio 1981, all’indomani dell’insediamento di Reagan alla Casa Bianca.