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Mentre il paese si occupa del 150° anniversario dell´unità d´Italia, si moltiplicano, parallelamente, le presentazioni di libri che da quegli eventi traggono spunti e riflessioni per raccontare i perché, i come ed i "quando" degli altri protagonisti mai raccontati di quel periodo storico.
"Centocinquanta anni di bugie" è l´ultimo libro di Carmine De Marco, imprenditore informatico napoletano, appassionato di studi critici e revisionisti sull´ Italia dal 1861 ad oggi. La presentazione del libro tenutasi sabato scorso a Napoli nella Sala della Loggia del Maschio Angioino inizia con la lettura da parte della figlia dell´autore di una lettera che lo stesso scrisse alla piccola di soli 8 anni. La lettera narra dei motivi che inducevano il papà, appunto Carmine De Marco, a non far frequentare l´ora di storia alla figlioletta, per sottrarla alle bugie scritte nei libri di testo e passate come uniche verità di un evento molto doloroso per il Sud Italia. Questa decisione, superata poi dalla moderazione della mamma, mirava a stimolare in una bambina la ricerca della verità, la curiosità di ascoltare sempre tutte le campane prima di giudicare i fatti per farsene una libera opinione. Se la storia è fatta da vinti e vincitori, ma viene, poi, scritta solo dai vincitori, è ora che si dia voce anche a chi la storia l´ha vissuta, l´ha subita, senza poterla raccontare.
Il dibattito parte proprio da un´affermazione sulla verità pronunciata da Marco De Marco, Direttore del Corriere del Mezzogiorno, relatore dell´evento: "Non ho alcuna certezza, neanche dell´incertezza".
Letta a priori questa affermazione ci invita a fare dunque un percorso all´inverso sull´argomento partendo da un´altro concetto e cioè il pregiudizio antimerdionale. E´ vero che quando si parla di meridione la testa di chi avanzi qualsiasi giudizio sull´argomento è pieno di "pregiudizi", per lo più negativi, anche laddove si esprima, infine, un notevole apprezzamento di alcune qualità dei Meridionali. Chi ha occasione di lavorare in realtà diverse dal Sud spesso si sente dire " quasi quasi non sembri un napoletano". Una frase del genere è da considerarsi un complimento o un´offesa? Si sta in quel momento lodando una qualità inaspettata e sorprendente in una persona proveniente dal meridione o si sta allo stesso tempo offendendo tutti i Meridionali non presenti? Ebbene il pregiudizio accompagna il popolo meridionale sin dai primi anni del 1000, le parole spregevoli, per quanto in latino, del condottiero normanno Roberto di Altavilla, detto il Guiscardo, definiva il popolo meridionale gente meno che ignobile. Nei secoli a venire non è andata meglio; esponenti di quell´intellighenzia napoletana, dalla quale ci si poteva aspettare un pensiero a favore, rincarano la dose, sottilmente, creando quella liasion che nel tempo ha poi leggittimato i tanti pregiudizi su questi popoli. Dagli studi e le ricerche di Benedetto Croce che partendo dall´ affermazione di J.W.Goethe "Napoli è un paradiso abitato da diavoli" tende a dimostrare che solo recuperando la memoria storica di questi luoghi, di queste genti si può riscattare il meridionale da una insofferenza verso un progresso civile ed ingentilire così il suo spirito, presupponendo dunque, che tali genti avessero, tutte, un animo rozzo. Addirittura Leopardi, di animo così sensibile, dice dei meridionali che "…chiacchierano e donneggiano assaissimo", e introduce così un´idea nuova secondo la quale il condizionamento climatico determinerebbe il carattere particolare del meridionale, se vogliamo un´asserzione rivoluzionaria rispetto al pensiero fondatosi, fino a quel momento,sulla volontà divina che tutto governa e tutto determina.
Si potrebbero citare gli esempi di Montesqieu che associa ai meridionali la pigrizia, l´acquiescenza e la lentezza e, per arrivare ai nostri giorni, i discutibili studi del Sig. Lynn sulle proporzioni tra QI e origine nativa geografica in Italia in misura via via crescente dal Sud al Nord. Il pregiudizio sui meridionali si è via via sedimentato ed è stato nelle varie epoche alimentato proprio da quella parte colta della società meridionale, dando dunque legittimità a quello stesso pregiudizio enunciato da un Nord reazionario, conservatore ed antimeridionalista. E´ d´obbligo porsi dei seri dubbi e molteplici interrogativi in merito alla situazione di tale pensiero se poi le informazioni e le ricerche ci narrano di primati e ricchezze possedute dal Regno delle Due Sicilie che avrebbero potuto fare di questi territori il volano di un paese unificatosi, appunto, nel 1861. Innumerevoli sono gli esempi di primati raggiunti nei secoli e non è questo l´intento dell´autore, non è questo il libro in cui trovarne l´elenco; piuttosto la pubblicazione stimola a vari e tanti interrogativi : come mai la Campania pur avendo gli stessi problemi del veneto (pellagra, malaria, povertà) e gli stessi sbocchi commerciali (entrambe le regioni si affacciano sul mare) non abbia tenuto il passo per un´ industrializzazione come è poi avvenuto con il miracolo del Nord-Est? Perchè il sistema agricolo meridionale, concepito ed organizzato secono logiche industriali già prima del 1861, non ha saputo contrastare il sorpasso imposto dalla necessità nazionale del processo di industrializzazione a tutti i costi ?
Ebbene una gran parte di tutto questo processo è dominato da un sistema economico commerciale sul quale intervengono poi istituti bancari e manovre finanziarie. Il disegno prevede dapprima l´impoverimento del Meridione rendendo non più esportabili quelle risorse agricole fino a quel momento fonte di proficui scambi commerciali. Le produzioni agricole provenienti dal sud all´improvviso non riescono più a varcare la frontiera , vino, olio e grano in gran quantità e di ottima qualità, prodotte dai fertili terreni del sud, a poco a poco non vengono più esportate a causa di un´ innalzamento dei dazi doganali imposti dal governo italiano. I processi, si sa, hanno bisogno di tempo per compiersi a pieno e non si può datare l´inizio del lento decadimento del sud proprio dal quel 1861, possiamo dire, piuttosto, che dopo il 1861 e per altri 30 anni il meridione gode ancora di ottima salute. Ma nel frattempo le casse si stanno svuotando, il sistema bancario favorisce la nascita di società e organizzazioni nelle quali far confluire i capitali che serviranno per finanziare la nascente industria del Nord Italia. Il Nord dunque si organizza, con nuove reti ferroviare e stradali per consentire la circolazione di merci e forza lavoro, crea una nuova classe dirigente e una classe finanziaria con un ben preciso il disegno socio-economico della nuova nazione.
Il Sud per quanto riesca a produrre realtà dinamiche come, in Campania, per esempio sarà il periodo laurino, non riesce ancora a darsi un´organizzazione sociale. Le classi dirigenti che si susseguono non propongono un´alternanza procrastinando gli erori del passato. Alla luce di tanta immobilità di processi intellettuali, sociali e politici unitamente ad un´ assenza di autocritica la società del meridione si trova disorganizzata a fronteggiare un nord politicamente e socialmente organizzato, che viaggia già ad un´altra velocità.
I rischi, nell´odierno contesto sociale e politico, da scongiurare sono due : nè bisogna lasciarsi andare a nostalgici romanticismi dei fasti del passato, tantomeno è utile dare sfogo ad un sentimento di rivalsa e riscatto da una classe che colse l´occasione per fare un salto in avanti e agganciarsi al resto dell´Europa. Questi atteggiamenti non produrrebbero quell´amalgama necessario oggi soprattutto ad un´ Italia in cerca dopo 150 anni di una propria identità unitaria.
"150 anni di bugie" di Carmine di Marco ci invita, infine, a numerosi interrogativi di fronte ai quali, affinchè il lettore possa iniziare a darsi delle risposte, è necessario fare un esercizio quasi catartico e di profonda assunzione di responsabilità da parte di tutti. Quest´esercizio prevede tre punti : autocritica, alternanza delle classi dirigenti e organizzazione della società, con attenzione agli sviluppi socio-economici dell´intero territorio inserito in un contesto europeo e mondiale.