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Al mitico CBGB’s, in una sera qualsiasi a metà dei ’70, i Tv Buddhas non sarebbero risultati fuori luogo. Carichi di una spigliatezza che molti hanno perso in favore di pedanterie elettroniche, il trio israeliano manda in stampa un disco asciutto e figlio della magica epoca che ha visto esordire Ramones, Television e altri indiavolati New York punker.
Solo due chitarre e qualche tamburo. Null’altro serve per raccontare lo stato di smarrimento degli outsider, quelli sempre fuori posto. “Puoi vedermi in pista/ non so ballare, sono un dinosauro/ sto morendo alla festa”. Nella title track, Dying at the party, l’inadeguatezza è tangibile. E tangibile risulta pure il sound vintage solo a tratti rinnovato. Le nove tracce sono preda di schietto e istintivo sound maltrattato dalla ritmica di Michey Triest, una riccioluta Maureen Tucker dei nostri giorni. A recintare il drumming, un fitto reticolato di corde di chitarra vigorosamente saldato da Juval Haring (che è anche voce del gruppo) e da Uri Triest. Let me sleep e Tv tonight sono fast and furious. Agli antipodi, ovvero frenate ad uso ballate, sono I want you e No edge at all. I don’t belong in this world, invece, nasce dallo scontro di queste due correnti: ad una prima metà docile, si contrappone un finale ribelle. Fulminea la conclusiva It doesn’t feel good, appena 96 secondi per dichiarare una sensibilità fuori dal coro (i’m different than the rest).
Nonostante le numerose esibizioni (la band ha suonato 200 concerti ruzzolando attorno al mondo), il terzetto ha trovato il tempo, nel giugno scorso, di fermarsi sulle colline di Gerusalemme per registrare l’album. Il missaggio, invece, è stato eseguito negli Stati Uniti da Tim Green, già al lavoro con le Sleater-Kinney e i Melvins.
Dying at the party è il disco di una band seguace del punk a prescindere da tempi e mode. I Tv Buddhas non sfigurerebbero sul palcoscenico del CBGB’S. Il problema è che il locale di Manhattan è chiuso da un pezzo, esattamente come quella fantastica epoca.