Tempo di lettura: 3 minuti
L’Italia rischia di finire in serie B: ne è convinto Giovanni Floris che nel suo ultimo libro analizza la complessa situazione del nostro Paese, arrivando alla conclusione che per evitare una spiacevole retrocessione, bisogna cominciare a lavorare sodo.
In ‘Zona retrocessione, il conduttore di Ballarò mostra le contraddizioni italiane. «Qualcuno pensa che a un Paese di pagliacci, qualcuno che sia un Paese di geni», scrive il conduttore di Ballarò, che denuncia l’incapacità di «assumerci la responsabilità di essere competitivi con gli altri» e indica come unica soluzione quella di «tornare ad essere unici».
Il quadro delineato non è molto roseo: in Italia, sostiene, ci sono «poche entrate e troppe spese, pensioni alte (e molti falsi invalidi), corruzione, evasione fiscale e lavoro nero». Più in generale, siamo «una nazione amministrata male da una classe politica di basso livello, che non riesce a frenare la spesa pubblica e che vive, indebitandosi, al di sopra delle proprie possibilità». Siamo «un paese corrotto dall’evasione fiscale e dalla rendita di alcune categorie privilegiate».
Con un linguaggio semplice e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, Floris osserva, analizza e offre una riflessione sulle grandi questioni economiche che l’Italia deve affrontare: come la pressione fiscale ("una delle poche classifiche in cui siamo sempre tra i big"), che nel 2009 è salita al 43,2 per cento, oltre tre punti di distacco con la media Ue. E riporta un dato inquietante, ma tristemente reale: secondo la Cgia (Associazione artigiani piccole imprese di Mestre), gli italiani fiscalmente ‘fedelì pagano un surplus di circa 100 miliardi di euro l’anno. Come dire, «in Italia si tassa l’onestà». Per non parlare del debito pubblico (1.821 miliardi di euro che nel 2009 ci sono costati oltre 71 miliardi di euro di interessi), principale causa della paralisi economica. Floris chiama in causa la politica, in quanto «ogni ostacolo ha un suo sostenitore, qualcuno che guadagna dalla sua persistenza: ogni laccio che imprigiona la nostra economia è la rendita di qualcuno».
La politica, scrive, «dovrebbe mettersi alla guida del Paese, non starsene al traino godendo di aver mandato gli avversari di turno all’opposizione». Tant’è che, sottolinea, indipendentemente da chi è stato al governo negli ultimi anni, «dalla zona retrocessione sembriamo proprio non volerci scollare».
Gli italiani, sostiene, sono brava gente, sì, ma sono anche inaffidabili e spendaccioni. E, di fronte al mondo che cambia e crea continui competitori, «rischiamo di sembrare una comitiva di ragazzini che si azzuffa per il controllo del muretto, mentre la città vota per decidere il sindaco». Cita alcuni esempi: un americano per avviare un’impresa paga 170 dollari e impiega 4 giorni. Un italiano ne paga oltre 5.000 euro e passa 62 giorni tra slalom nella burocrazia. Insomma, «lo Stato italiano è veloce a chiedere, lento a concedere». E la burocrazia soffoca le imprese: «più piccolo sei, più paghi», osserva.
Analizzando i dati d’ascolto del suo osservatorio privilegiato, Ballarò, Floris afferma che «nulla attrae il pubblico quanto i problemi economici, come tasse, salari, lavoro». Punta i riflettori su quelli che a suo avviso sono temi fondamentali: la scuola ("se una macchina consuma troppa benzina, non è dandogliene di meno che si risolve il problema: dopo un pò, semplicemente, si ferma»); il turismo ("non riusciamo a gestire il ben di Dio che abbiamo»); le opere pubbliche ("siamo i peggiori, il lavori in Italia sono 10 volte più lenti e tre volte più cari rispetto alla media europea»). Non va meglio nel campo delle nuove tecnologie ("il passo è brevissimo dal sognare la Champions al rischiare la serie B").
Come uscire da questo impasse? Dovremmo «puntare a essere, anzi a tornare, unici. Le basi le abbiamo, ma dobbiamo metterci a lavorare sodo. Perchè – conclude – in Italia nulla si improvvisa, ma tutto si può inventare».
Giovanni Floris "Zona retrocessione, perché l’Italia rischia di finire in serie B" (Rizzoli pp. 252, 19 euro)