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Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale napoletano, non poteva non avere un ruolo importante nella realizzazione di “Passione”, ultimo film sulla canzone partenopea. LSDmagazine lo ha intervistato nella veste di co-sceneggiatore, al fianco del regista-attore americano John Turturro.
Lavorare al film Passione è stata la Sua prima esperienza nel cinema?
Se parliamo di cinema con la C in maiuscolo, sì è stata la mia prima esperienza, sebbene in passato abbia realizzato alcuni documentari sulla musica.
Quali sensazioni ha provato a lavorare in una produzione così importante con un regista come John Turturro?
In un primo momento mi sono sentito un po’ stranito perché era la prima volta che lavoravo con un equipe di più di 50 persone, e ciò mi ha reso l’idea chiara di cosa significhi lavorare realmente in una grande squadra. Conoscere e vedere Turturro all’opera è stato un grande onore per me; oltre ad essere un attore ed un regista dalle qualità eccellenti, John è una persona leale e rispettosa dei diritti delle persone che con lui lavorano. Sentivo, comunque, che giocavo in casa perché con lui abbiamo realizzato il cast di attori e cantanti che io conosco già da tempo, Peppe Barra, gli Avion Travel e Lina Sastri, Raiz e Massimo Ranieri, Fausto Cigliano e M’Barka Ben Taleb, Pietra Montecorvino e Angela Luce, gli unici personaggi non propriamente napoletani sono stati Fiorello e Misia. Per un anno e mezzo di lavoro, un mese e mezzo per il set e successivamente per il montaggio del film, ho avuto la sensazione di arricchire la mia esperienza professionale con i numerosi stimoli che questo immenso “workshop” mi trasmetteva.
Il FUS sta subendo tagli continui alle produzioni artistiche in Italia. Lei però ha dichiarato che per un film come “Passione” il budget stanziato è pari a quello di una sola giornata di altre produzioni statunitensi. Se la questione non è strettamente legata ai grandi finanziamenti, perché in Italia si aspetta che un regista americano realizzi un film sulla canzone napoletana?
Intanto quando si parla di budget esigui per un film, si parla sempre di un bel pò di soldi. Passione è una produzione italo-tedesca che ha ricevuto finanziamenti anche grazie al grande richiamo del nome di Turturro. Questo vulcano partenopeo ricco di musica napoletana aveva bisogno di un occhio distaccato di un non-napoletano per esprimersi in tutta la sua grandezza, per mostrare, appunto la sua “passione”. E’ come se i Napoletani che amano realmente la propria canzone, restino poi immobilizzati di fronte a tanta bellezza, senza saper trasmettere al mondo questo enorme patrimonio. Nella scelta delle canzoni, John ed io abbiamo studiato circa 3000 brani : nel discorrere di Giuletta Sacco e di Silenzio Cantatore, mi sentivo quasi in colpa per l’esclusione di quel cantante e di quella canzone. La professionalità di John mi ha fatto capire che il cinema vero è anche nel coraggio di dover necessariamente tagliare ciò che ti sembra, invece, indispensabile. Lui stesso, mi raccontava, è stato tagliato tante volte in produzioni cinematografiche e non per questo è minore il suo prestigio internazionale come attore. Io non so se sia questione di buona o cattiva volontà del cinema italiano ad affrontare temi della cultura di casa nostra, ma sicuramente John ha saputo usare la macchina da presa per cogliere la giusta inquadratura sulla canzone napoletana. Questo film non dà per scontata un’autocelebrazione della musica napoletana, non passa per quel facile “simm è Napule, Paisà” ma racconta la storia della canzone napoletana consegnandola al mondo. Grazie alla partecipazione di interpreti napoletani e di stranieri residenti a Napoli, come la tunisina M’Barka Ben Taleb, il film vuole dire al mondo che queste canzoni sono del mondo e devono viaggiare per il mondo.
All’inizio di questo decennio un quotidiano nazionale scriveva che i cineasti napoletani lanciavano messaggi di una Napoli colta, ma dura e polemica. A distanza di 10 anni quali pensa siano gli strumenti adatti a scongiurare il rischio di un decadimento della cultura non solo in questa città ma nell’intero paese?
La manovra del nostro governo al FUS è veramente catastrofica, ma c’è da interrogarsi anche sul concetto di cultura in Italia. Se la cultura in Italia trova un unico riferimento nelle lobby e nelle cricche di artisti superati nella loro arte, allora questi tagli penalizzano chi fino ad ora ha prodotto cultura solo perché assistito. Io difendo a spada tratta l’apertura dei teatri, dei cinema e delle biblioteche dove il pubblico rischia di vedere anche qualcosa di nuovo. Io vorrei che la cultura napoletana ed italiana reagissero imponendo la propria qualità. Avrei voluto innovare da tempo e riproporre una versione moderna di “Tu vuò fa l’Americano”. I Djs locali non mi davano ascolto. Lo hanno fatto due Djs australiani e quel remix ha venduto 9 milioni di copie. Allora, la cultura napoletana si distrae da sé stessa? I vorrei che i finanziamenti servissero a promuovere un’opera prima, forse anche il secondo lavoro di un nuovo artista. Se poi questo artista vale troverà da solo la strada per continuare. I fondi dovrebbero servire per promuovere il nuovo non per tenere le accademie agonizzanti ancora in vita. La musica contemporanea merita l’attenzione di nuove platee, Mozart non sarebbe ciò che è se non fosse stato ascoltato ed apprezzato come un musicista contemporaneo. Esageriamo in commemorazioni ed anniversari per ricordare il passato, ma dobbiamo presentare anche le novità per portare più giovani ai teatri, agli auditorium.
Come ideatore e direttore artistico del Premio Carosone quali artisti nuovi sono emersi da questa manifestazione?
Abbiamo premiato artisti come Sergio Cammariere, Giovanni Allevi prima che scalasse le classifiche, Stefano Bollani e Simone Cristicchi prima che vincesse a Sanremo, Checco Zalone e Roy Paci, prima che divenissero famosi, intuendo le loro qualità.
Come definirebbe i neomelodici?
I neomelodici sono la voce di una parte della città senza rappresentanza. Una città civile guarda ciò che cantano gli altri, senza falsi pregiudizi, con un orecchio scevro da clichè e suoni già ascoltati. Tra i neomelodici, dopo Nino D’Angelo, è emerso Gigi D’Alessio, che, dopo le critiche iniziali, ha avuto onori e meriti da un pubblico più ampio. La più brutta delle canzoni è infinitamente più innocua di qualsiasi altra bruttura sociale o discriminazione culturale. I neomelodici sono semplicemente ragazzi che hanno voglia di cantare, forse un po’ sguaiatamente, ma spesso con delle voci molto più belle di chi, invece, arriva ai festival nazionali. Nel film Passione Marco Marfè ha una breve parte, così come Valentina cantante e trans napoletano, per dire al pubblico che nella canzone napoletana, oggi, c’è anche questo.
Questo film è un appello ai Napoletani per sollecitarli a recuperare il patrimonio della canzone napoletana?
Passione non è un appello per commemorare il passato, è un primo passo verso la canzone napoletana dove il classico non si oppone al moderno, un tentativo di riunire la musica di ieri alla musica contemporanea, mette insieme Fausto Cigliano e Raiz, la Tammurriata di Peppe Barra con gli Avion Travel e gli Almamegretta. Il “passatismo” è superato, in questo film, da un desiderio di godere della bellezza delle canzoni, oggi, senza rimpianti. E’ un invito a godere nel 2010 delle canzoni di Di Giacomo e di Libero Bovio.
L’Archivio Storico della Canzone Napoletana del quale Lei è consulente, possiede un patrimonio di raccolte, documenti e riproduzioni che spazia da Enrico Caruso a Elvis Presley, Paul Mc Cartney, Frank Sinatra e Frank Zappa. Che cosa c’entrano questi cantanti con la canzone napoletana?
Napoli è una città aperta al mondo, invasa e violentata più volte da diverse dominazioni. La sua canzone è quanto mai disponibile a chi liberamente voglia interpretarla. Una delle mie ultime scoperte è un’ interpretazione di “Funicolì Funicolà” di Winston Marsalis del 1987. Tutti i grandi della canzone mondiale si sono misurati con la canzone napoletana, da Springsteen a Brian Ferry. E’ questo il merito che bisogna riconoscere a Turturro, quello, cioè, di conferire alla canzone napoletana il suo carattere internazionale. Le canzoni devono essere lasciate libere di girare il mondo e di essere cantate in tutte le lingue: ci sono canzoni napoletane tradotte in lingua vietnamita e Noah sta per pubblicare il suo album di musica napoletana in lingua ebraica. Come nella definizione di Walter Benjamin di Napoli città tufacea e quindi porosa, anche la canzone napoletana, come il tufo, tutto trattiene, ma è capace di dare emozioni a tutto il mondo e il mondo la fa propria e la fa viaggiare. La canzone napoletana regge il confronto con il jazz, il samba e il rock’n’roll, è la canzone di una città contaminata da tante dominazioni. Tammurriata Nera, punto focale del film, è il simbolo di Napoli, città aperta, capace di ospitare emozionando, rubando benevolmente ai suoi visitatori ritmi, suoni ed atmosfere. Carosone arricchiva la sua musica con ritmi africani e americani, ha apprezzato i Platters ed intuiva, anche, che, dopo il suo ritiro sarebbero arrivati i Beatles.
Lei ha scritto libri sui Clash, Carosone, e saggi su John Cage, Battisti, Battiato e sull’ etica della canzone d’autore. Esiste ancora tra i cantautori un’etica?
Esistono molti cantautori etici che magari non conoscono i maestri sui quali si sono costruiti i grandi cantautori italiani; uno dei caposcuola del cantautorato moderno è sicuramente Vinicio Capossela, ma penso anche a Le Luci della Centrale Elettrica ed ai Baustelle. Probabilmente io sono più sensibile alla formula etica che ha reso grandi De Andrè, Pino Daniele e De Gregori, ma credo che le nuove generazioni avranno bisogno di un cantautorato vario, magari anche quello dei rapper. Sicuramente la canzone d’autore si sta liberando di connotazioni politiche e della sua sacralità. A me piaceva Ivan Graziani, per esempio, ma mi sentivo quasi obbligato a chiedermi se Graziani fosse di destra o di sinistra. Oggi fortunatamente non è necessario porsi domande sull’appartenenz politica dei cantautori moderni.
Alcuni artisti, Roberto Murolo per esempio, e alcune canzoni sono state escluse da Passione. E’ ipotizzabile un Passione 2?
L’esclusione di alcune belle canzoni è stata decisa dal regista e condivisa. Il film è come un primo incontro passionale, non bisogna chiedersi se ci sarà un seguito, ma lasciare quest’ esperienza all’indefinito come citano i versi “l’ammore è facile, nun è difficile si addà succedere, succeddarrà”.
Quali sono i Suoi presentatori ideali per il Festival di Sanremo?
La vera protagonista a Sanremo dovrebbe essere la bella musica. Il festival che più mi è piaciuto è stato quello di Fazio, Dulbecco e Pavarotti, un’edizione innovativa, tra gli ospiti c’erano i cantautori, hanno cantato i Subsonica, Carmen Consoli e Daniele Silvestri e hanno vinto gli Avion Travel. Sembrò così strano e meraviglioso che avesse vinto la canzone più bella che l’anno dopo cambiarono il regolamento e addio ai sogni. Per ora teniamoci il ricordo che qualche volta in Italia il giusto premio sia dato alla canzone più meritevole.