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Per quanto possa essere percepita come “vulcanica”, l’attività di Peppe Zullo, il Messicano, è piuttosto paragonabile al lento, pervicace e progressivo movimento di una chiocciola. Cosa che ha portato Orsara di Puglia e il suo territorio ad essere inevitabilmente uno dei presidi internazionali Slow Food più attivi e più apprezzati.
Il profeta del chilometro zero, nonché “Oste custode” di un’antica tradizione eno-gastronomica, che fa perno sull’alchimia autentica dei profumi naturali, sulla genuinità dei prodotti tipici e sulla ricchezza dei sapori poveri, non si stanca di prenderci letteralmente per la gola e di sorprenderci con la sua incessante proposta di iniziative immancabilmente originali ed innovative.
“Villa Jamele” e “Piano Paradiso” sono i due templi che fanno di un angolo nascosto di Puglia, nel cuore del Subappennino Dauno e del Distretto Culturale Daunia Vetus, il santuario laico di un’accattivante religione: quella basata sulla salvaguardia del patrimonio intrinseco di una forte identità locale. La roccaforte di un cantore “con i piedi per terra”, la sua terra, che rende unico il gusto dei suoi piatti col sapore tradizionale della genuinità, con spolverate contaminanti di jazz contemporaneo e con i tocchi post-moderni ispirati a Leon Marino, l’artista conterraneo e amico verace d’infanzia.
Un’oasi di bio-identità in cui il bosco dei sapori perduti e la cantina-paese, scavata sotto i vigneti e diventata “Cattedrale del vino” con l’utilizzo delle pietre di scarto di aziende lapidee locali, rappresentano la più tangibile e suggestiva testimonianza di quei cosiddetti “Granai della memoria”, che Carlin Petrini vorrebbe trama caleidoscopica accessibile di una rete mondiale di saperi e di tesori immateriali.
Un’oasi senza miraggi, che meriterebbe il riscontro ancora inespresso di un processo di emulazione diffuso, per l’utilizzo di prodotti provenienti dal territorio circostante. La speranza coltivata di un “mercato accanto alle tavole”, per favorire ed affermare, attraverso autentiche vetrine della tipicità, il concetto di cucina stagionale. Ovvero quella legata a quanto la terra produce nei vari mesi dell’anno.
L’auspicio è che l’entusiasmo contagioso e concreto di Peppe Zullo possa impollinare la sensibilità comune e rendere fertile un contesto territoriale ancora poco motivato alla “cultura del recupero”, e vistosamente minacciato dai bagliori ammalianti del guadagno senza sudore. Sentieri impervi lungo i quali si fa strada, ad esempio, il malvezzo di “scoperchiare” i casolari di campagna per non dover pagare l’Ici. O, peggio ancora, ci si industria per rubare il sole alla terra. Privandola della sua ancestrale e vitale funzione materna, per prostituirla a una produttività energetica per conto terzi, che al danno di una perdita di produzione primaria aggiunge la beffa della sua utilità altrove.
La chiocciola di Orsara pur tuttavia è instancabile. E questo è un buon segno. Al ritmo rigoroso dei cicli stagionali naturali continua a girare attorno ai suoi due omphalos, accogliendo estimatori, discepoli e visitatori in cerca di una nuova sorta di catechesi del benessere. Sugli architravi di Piana Paradiso e Villa Jamele non è riportato l’incitamento di Delfi (Conosci te stesso), ma il loro oracolo non si stanca di ripetere: “Ricambiare l’amore che la natura ha per noi tutti è doveroso e conveniente”. E soprattutto fa bene. Amarla e rispettarla come se stessi, aiuterà ciascuno a stare decisamente meglio.